In Calabria essere mamme è un atto di resistenza
- Postato il 12 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
In Calabria essere mamme è un atto di resistenza
La maternità in Calabria, secondo il rapporto dell’Anmil, tra lavoro precario, servizi carenti e infortuni
In Calabria, essere madre non è solo un atto d’amore: è un gesto di resistenza. Nel giorno dedicato alla Festa della Mamma, l’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) riporta l’attenzione su una realtà che spesso resta ai margini del dibattito pubblico, ma che pesa profondamente sul presente e sul futuro delle donne italiane. Il focus “Non è un Paese per mamme”, curato dal Gruppo Donne ANMIL con il supporto scientifico del professor Franco D’Amico e in collaborazione con la Tgr Rai, accende i riflettori su una crisi silenziosa e sistemica, che in Calabria assume contorni drammatici.
CALABRIA ULTIMA REGIONE PER QUALITÀ VITA DELLE MADRI
Secondo il più recente rapporto di Save the Children, ripreso da ANMIL, la Calabria si conferma tra le ultime regioni italiane per qualità della vita delle madri, penalizzata da un sistema fragile e da un’assistenza pressoché inesistente. A fronte di un tasso di fecondità ancora superiore alla media nazionale (1,25 figli per donna contro 1,20), la regione non offre alcuna reale infrastruttura di supporto alla maternità.
SERVIZI PER L’INFANZIA
Solo il 6% dei bambini calabresi tra 0 e 2 anni ha accesso a servizi per l’infanzia, contro una media italiana del 14%, e a distanze siderali da regioni virtuose come l’Emilia-Romagna, dove si arriva al 35%.
La spesa pubblica per questi servizi è ferma a 200 euro annui per bambino: meno di un quinto della media nazionale (1.100 euro), e quasi dodici volte in meno rispetto all’Emilia-Romagna (2.400 euro). Numeri che raccontano più di mille parole.
TASSO DI OCCUPAZIONE IN CALABRIA
Non va meglio sul fronte del lavoro. Il tasso di occupazione femminile in Calabria è tra i più bassi d’Europa: appena il 33,8% delle donne lavora, rispetto a una media nazionale già preoccupante del 51,1% e alla media europea del 69,3%. In molte aree della regione, le madri sono completamente escluse dal mondo del lavoro, spesso costrette ad abbandonarlo alla nascita del primo figlio per assenza di alternative. Non esistono politiche efficaci di conciliazione tra vita privata e professionale, i part-time sono spesso involontari, e l’assenza di una rete territoriale di servizi – dagli asili nido agli sportelli di ascolto, dal trasporto pubblico ai consultori – rende la gestione familiare un carico insostenibile.
GELO DEMOGRAFICO
«Il gelo demografico non è solo una questione di numeri – spiega l’ANMIL – ma il riflesso di un Paese che costringe le donne a scegliere tra maternità e indipendenza, tra famiglia e sopravvivenza economica. E molte, semplicemente, rinunciano». A questa già complessa situazione si aggiunge un altro dato preoccupante: quello sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Nei primi tre mesi del 2025, in Calabria sono stati denunciati 2.124 infortuni sul lavoro, di cui 757 riguardano donne. Rispetto allo stesso periodo del 2024 si registra un lieve calo (-2,3% tra le lavoratrici), ma il dato resta elevato. Ancora più grave è il numero degli infortuni mortali: 7 totali, 3 dei quali hanno coinvolto donne. Un dato che segna un drammatico incremento rispetto ai 2 decessi femminili dello stesso periodo dello scorso anno. In un contesto già segnato da precarietà, sfruttamento e scarsa vigilanza, le lavoratrici pagano un prezzo altissimo in termini di salute e sicurezza.
MALATTIE PROFESSIONALI
A preoccupare è anche il numero delle malattie professionali denunciate, che a livello regionale ammontano a 758 casi: il 31,4% in più rispetto al 2024. Di queste, 103 riguardano donne, in calo del 12% rispetto allo scorso anno. Un calo solo apparente, che potrebbe indicare un mancato riconoscimento delle patologie femminili legate al lavoro – spesso sottovalutate o non denunciate – piuttosto che una reale diminuzione.
IL DATO DI REGGIO CALABRIA
Nella provincia di Reggio Calabria, il dato è particolarmente allarmante: le malattie professionali sono passate da 318 nel 2024 a 480 nel 2025, con un balzo del +50,9%. Serve, insomma, una politica coraggiosa fatta di equità salariale, riconoscimento sociale del lavoro di cura, oltre che servizi accessibili.
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In Calabria essere mamme è un atto di resistenza