Il Primo Maggio alla Erdogan: 384 manifestanti in manette per aver tentato di raggiungere Piazza Taksim

  • Postato il 2 maggio 2025
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La deriva dispotica dell’autocrate Recep Tayyip Erdogan si sta consolidando grazie anche all’ignavia dei leader mondiali che, nel riceverlo, non osano chiedergli conto della soppressione de facto dei diritti civili basilari, sanciti dalla stessa Costituzione turca. Questa settimana, in cambio soprattutto di lauti contratti per lo sviluppo della collaborazione in ambito militare tra Italia e Turchia, anche la prima ministra italiana Giorgia Meloni non ha chiesto conto al Sultano delle continue ed enormi violazioni delle libertà di opinione e di critica nei confronti del potere da parte di semplici cittadini e partiti di opposizione. Meloni non solo non ha sfiorato la questione dell’arresto lo scorso 19 marzo del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, candidato per il più importante partito di opposizione – il socialdemocratico Chp – alle prossime elezioni presidenziali che lo darebbero vincente su Erdogan, ma ha impedito ai giornalisti di fargli domande in merito evitando una conferenza stampa.

Il Sultano, grazie soprattutto all’ottimo rapporto con il presidente americano Donald Trump e alla consapevolezza di essere a capo di una nazione geostrategica per le sorti della Nato, sa di avere carta bianca a 360 gradi entro le mura domestiche nella sua marcia, ormai quasi conclusa, verso la dittatura. E, pertanto, è stato ancora più spietato che negli anni precedenti nel contrastare un’altra marcia. Si tratta di quella che viene indetta ogni 1 Maggio dai sindacati, dalle organizzazioni di sinistra, repubblicane e laiche lungo un percorso che si dovrebbe concludere nell’iconica piazza Taksim, sulla sponda europea del Bosforo, meglio nota come “piazza dei lavoratori”. Ben 384 manifestanti sono finiti in manette in seguito agli assalti della polizia antisommossa nonostante il carattere pacifico dell’iniziativa mentre dal quartiere di Sisli tentavano di raggiungere il vasto spiazzo. Piazza Taksim e l’adiacente viale İstiklal, tra i principali centri turistici di Istanbul, sono da decenni al centro dei movimenti sociali turchi.

Nel 1977, durante una grande manifestazione del Primo Maggio, uomini armati non identificati appostati sui tetti aprirono il fuoco sulla folla, innescando una calca che causò la morte di 34 persone. L’evento divenne noto come il “Sanguinoso Primo Maggio”.

Dopo il colpo di Stato militare del 1980, le autorità vietarono le celebrazioni del Primo Maggio a Taksim, innescando scontri annuali tra polizia e manifestanti che cercavano di riprendersi la piazza. Seguì un breve periodo di tolleranza ufficiale sotto il Partito della Giustizia e Sviluppo (AKP) cofondato e ancora oggi guidato da Erdogan, che legalizzò le manifestazioni per 2 anni: dal 2010 al 2012.

Ma, dopo la rivolta popolare del 2013, diffusasi in tutto il Paese e repressa nel sangue, in seguito alla decisione di Erdogan di distruggere il piccolo parco di Gezi, che costituisce un lato di piazza Taksim, per costruire una moschea e un centro commerciale, è stata nuovamente chiusa alle manifestazioni. Attualmente, solo piccole delegazioni possono entrare in piazza per deporre garofani in memoria delle vittime del 1977.

Nonostante il divieto di lunga data, quest’anno l’appello a marciare su Taksim è arrivato da circa 40 gruppi, tra cui sindacati e organizzazioni socialiste. Nei giorni precedenti il ​​Primo Maggio, la polizia ha effettuato retate preventive, arrestando diversi membri del comitato organizzatore.

I manifestanti si sono radunati nel popoloso distretto di Sisli sulla sponda europea del Bosforo su appello del Comitato organizzativo di Taksim del 1° maggio con lo slogan “Taksim appartiene al popolo“.

Il maggior numero dei giovani arrestati appartiene alle Associazioni della Gioventù Rivoluzionaria. “Siamo determinati: non permetteremo che la volontà di resistenza del popolo e dei giovani venga calpestata. La nostra marcia verso Taksim il 1° Maggio continua per il nostro lavoro, il nostro onore e la nostra libertà. Sentirete di nuovo la voce della resistenza in un luogo dove si diceva che fosse finita. Continuiamo a resistere e a camminare. Con questa volontà e questa potenza abbiamo già vinto. La repressione e le detenzioni non riusciranno a fermare la resistenza del popolo. Facciamo crescere la resistenza insieme!”, si legge in un comunicato dei manifestanti. Sono però stati arrestati anche molti studenti della prestigiosa e laica università Koç e alcuni avvocati.

Ogni scusa è buona allo scopo di reprimere le libertà democratiche.

Due direttori d’albergo sono stati arrestati oggi nell’ambito dell’indagine per corruzione che coinvolge il sindaco di Istanbul. Gli arresti sono legati alla copertura delle telecamere di sicurezza prima di un incontro tenuto da Imamoglu presso l’Hotel Le Méridien di Beşiktaş, a Istanbul lo scorso il 12 ottobre. La Procura Generale ha annunciato che il direttore dell’hotel Sinan Udil e il responsabile della sicurezza Osman Gündüz Bora Oğurlu sono stati arrestati con l’accusa di “distruzione, occultamento o alterazione di prove”. L’indagine per corruzione a carico di Imamoglu si è ampliata il 26 aprile con l’arresto di 52 persone in aggiunta alle 48 già arrestate. Cevat Kaya, fratello di Dilek, moglie di Imamoglu, è tra coloro che ora si trovano dietro le sbarre.

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Il Fatto Quotidiano

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