Il linguaggio del corpo di Meloni da Trump. Tra agitazione, complicità e tattica
- Postato il 18 aprile 2025
- Di Il Foglio
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Il linguaggio del corpo di Meloni da Trump. Tra agitazione, complicità e tattica
“L'episodio con la traduttrice nello studio ovale è stato il momento di maggiore attivazione emotiva per Meloni ieri”. Lo dice al Foglio Patrick Facciolo, formatore ed esperto di linguaggio non verbale. Sui social network analizza da anni la comunicazione dei politici italiani, approfondendone i pro e i contro. In un lavoro di questo tipo i dettagli sono fondamentali, e l'incontro avuto ieri tra la premier italiana e il presidente americano Donald Trump è un continuo gioco di sguardi, movimenti e parole: ognuno con un messaggio ben preciso al suo interno.
Dopo aver risposto in italiano a una domanda sulle spese militari, il tycoon chiede che il discorso di Meloni gli venga ripetuto in inglese: “Una mossa strategica per ristabilire la sua dominanza sul contesto, perché non può permettersi che gli sfuggano delle informazioni importanti", ci spiega Facciolo. L'interprete però viene colta alla sprovvista e inciampa più volte nella sua traduzione. Meloni nel frattempo alza gli occhi al cielo, si massaggia l'orecchio, si tocca più volte i capelli: “In gergo si chiamano trapelamenti non verbali, sono comportamenti del corpo da cui emerge un'emozione divergente dall'aplomb che si vuole manifestare”. Nel dettaglio, spiega, “l'auto-contatto è un forte indicatore di stress”. Tanta l'agitazione da portarla a prendere in mano la situazione e interrompere bruscamente la traduttrice, per poi continua lei in autonomia. “Cercava di rassicurare Trump – dice Facciolo – perchè aveva timore che l'inteprete stesse riportando delle cose che non ricalcassero precisamente le sue parole. Dunque Meloni ha voluto ristabilire la sua inquadratura del racconto”.
Non è il primo momento in cui la premier irrompe nella conversazione. Qualche minuto prima, infatti, un giornalista chiede a Trump se continui a ritenere gli europei come dei “parassiti”. Il riferimento è al termine “freeloading”, con cui il vicepresidente americano JD Vance ha definito i cittadini europei in una chat privata su Signal, diventata presto di dominio pubblico. Meloni interviene immediatamente dicendo che Trump non ha mai usato quella parola, “poi si avvicina al presidente per ritrasferire l'informazione. Si rivolge direttamente a lui riproponendogli la domanda, dato che non l'aveva capita”. In quel momento, spiega Facciolo, “Meloni si avvicina in modo confidenziale a Trump. Lo si vede dall'allungamento delle braccia verso la sua postazione, e la cosa è reciproca: un indicatore di grande confidenza fra i due”. La premier tenta più volte di stabilire questa complicità lungo l'incontro: “Meloni cerca spesso lo sguardo individuale di Trump per avere un dialogo diretto con lui, anche se a volte lui rimane con il profilo a favore della platea”.
Nel complesso, chi ha dominato il confronto? “Chiaramente Trump, ma per condizioni di contesto: le domande dei giornalisti principalmente vertevano sulla politica interna americana, isolando quindi Meloni dalla conversazione per buona parte del tempo”. Eppure, strategicamente parlando, non si tratta di una brutta notizia: “Questo ha giovato molto alla premier, in quanto non ha avuto domande ostiche e obiezioni da gestire”.
Lungo il suo intervento, Meloni si è detta fiera di ricoprire il ruolo di primo ministro in Italia, “che ha un'ottima situazione nonostante la contingenza, è un paese stabile, con un milione di posti di lavoro in più". Poi, rivolta a Trump, ha aggiunto sorridendo: “Perdonami se promuovo il mio paese ma sei un businessman...”. Una semplice battuta, che nasconde molto altro: “Come spesso accade nella sua comunicazione, Meloni è arrivata molto preparata, anche con delle battute pronte: sono tutti elementi che denotano studio e approfondimento”, osserva l'esperto, sottolineando come ciò in realtà sia “un eccezione per la comunicazione politica italiana, che mediamente è molto spartana e improvvisata”.
Con uno sforzo mentale, proviamo a immaginare Elly Schlein al posto di Meloni. Come se la sarebbe cavata? “Per come comunica oggi, il confronto sarebbe stato disastroso” sentenzia Facciolo, secondo cui la segretaria dem “ancora non comprende bene i contesti comunicativi in cui si esibisce volta per volta”. Ma per la leader del Pd, ci problemi sono anche sul fronte del linguaggio non verbale in senso stretto: “Lei iper-gesticola, si copre spesso il volto con le mani e fa tutta una serie di azioni che, in uno scenario come la Casa Bianca, sarebbero risultate inadeguate al contesto”.
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