Iacometti: con il governo Meloni disuguaglianze ridotte, smentite le bufale del M5s

  • Postato il 18 marzo 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Iacometti: con il governo Meloni disuguaglianze ridotte, smentite le bufale del M5s

Il governo fa cassa sui poveri, si accanisce sui più deboli e alimenta le disuguaglianze? Le opposizioni, a partire da M5S, che ieri si è scagliato in massa contro Palazzo Chigi rivendicando gli straordinari benefici del suo reddito di cittadinanza, non hanno ovviamente dubbi. Il quadro delineato dal rapporto annuale Istat sulla distribuzione del reddito in Italia, secondo la sinistra, non lascia spazio ad equivoci: il centrodestra ha messo in atto una devastante azione di macelleria sociale ai danni dei ceti più bassi.

La pistola fumante sarebbe contenuta in un paio di righe della sintesi offerta dall'istituto di statistica in cui si legge che i provvedimenti del «governo hanno avuto «un effetto contenuto sulla distribuzione dei redditi», diminuendo «in lieve misura l'equità», come dimostrato dall'indice di Gini (che misura le disuguaglianze), salito da 30,25 a 30,40%. «I dati sono chiari», ha commentato l'espertone pentastellato Pasquale Tridico, che di mestiere ora fa l'europarlamentare, ma è professore di economia ed è stato presidente dell'Inps. Insomma, se lo dice lui, bisogna credergli.

Dobbiamo proprio? Vediamo i numeri. Intanto quelli della paghetta grillina. Si stima, si legge nel rapporto, «che il passaggio dal Reddito di cittadinanza, già depotenziato nel corso del 2023, all'Assegno di inclusione comporti un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie (3,2% delle famiglie residenti) con una perdita media annua di circa 2mila 600 euro». E qui è tutto chiaro. Però bisogna anche leggere le righe successive del report, in cui l'Istat spiega che per circa 400mila famiglie il passaggio tra Rdc e Assegno unico d'inclusione (Adi) non comporta una variazione del reddito disponibile perché continuano a ricevere lo stesso importo. Infine, un gruppo esiguo di famiglie (circa 100mila) trae un beneficio dal passaggio all'Adi di circa 1.200 euro. In altre parole ci sono 500mila famiglie per cui la situazione è rimasta invariata o è migliorata. Poi ci sono circa 750mila lavoratrici madri che, grazie all'esonero totale dei contributi, hanno registrato un guadagno medio di mille euro. Per un quarto di loro l'incremento del reddito è stato di 1.800 euro.

Poi c'è la platea più ampia dei lavoratori dipendenti che hanno usufruito del taglio del cuneo e dell'accorpamento delle aliquote Irpef. Si tratta di 11,8 milioni di famiglie (il 45% del totale) che ha avuto un miglioramento del reddito disponibile per un ammontare medio annuo di 586 euro. Dal punto di vista distributivo, entra nel dettaglio l'Istat, le famiglie che traggono il maggior guadagno in valore assoluto sono quelle dei quinti più alti (720 euro per il penultimo quinto e 866 per l'ultimo), che percepiscono anche la quota maggioritaria del guadagno totale. D'altro canto, sono le famiglie dei quinti più poveri che vedono aumentare di più, seppur leggermente, il proprio reddito in termini relativi (1,4% per i primi tre quinti, rispetto all'1,3 e allo 0,9% degli ultimi due).

Insomma, bisognerebbe farsi bene tutti i conti. Cosa che forse neanche Tridico è in grado di fare così su due piedi. Ma torniamo all'accusa iniziale: l'aumento delle diseguaglianze. Un fattore che dovrebbe tenere conto di tutti gli interventi messi in campo e di quello che è realmente successo nelle tasche dei contribuenti. Perdendo qualche minuto in più rispetto alla lettura superficiale di quel dato sull'indice di Gini e dando un'occhiata anche alle note si scopre che il lieve incremento «è valutato confrontando la distribuzione dei redditi disponibili nel 2024 e la distribuzione dei redditi che si sarebbe osservata nel 2024 se, per quegli stessi interventi, fossero rimaste in vigore le regole vigenti nel 2023». In sostanza, è un calcolo che ipotetico che riguarda solo il 2024.

Assodato questo, dobbiamo ancora capire realmente cosa sia successo tra il 2023 e il 2024. Per farlo bisogna perdere qualche altro minuto e andarsi a consultare il rapporto stilato dall'Istat lo scorso anno. Come abbiamo visto all'inizio, il valore del 2024, al netto degli interventi legislativi su tasse e contributi, si è attestato al 30,40%. Ebbene, volete sapere qual era la diseguaglianza del reddito disponibile delle famiglie nel 2023, sempre al netto degli interventi? Il valore, udite udite, era al 31,7%. Se la matematica non è un'opinione, e su questo anche i Cinquestelle dovrebbero convenire, si spera, si tratta di una diminuzione delle diseguaglianze in Italia dell'1,3%.

In definitiva, con l'abolizione del reddito di cittadinanza qualcuno ci avrà sicuramente rimesso, ma il complesso delle politiche governative, tra soldi aggiunti e sottratti, ha provocato, piaccia o no, un incremento dell'equità nella distribuzione del reddito.

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Autore
Libero Quotidiano

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