“Ho detto a Sinner: non so come finirà, non posso prendermi l’impegno. Ma non volevo lasciarlo a piedi, gli ho fatto un paio di nomi: uno era Darren Cahill”: parla Boris Becker
- Postato il 3 novembre 2025
 - Tennis
 - Di Il Fatto Quotidiano
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                                                                            “Credo alla contaminazione involontaria. Il doping è lontanissimo dal suo carattere”. Anche Boris Becker si schiera accanto a Jannik Sinner, che a Parigi ha riconquistato la prima posizione nel ranking Atp, sul caso Clostebol di qualche mese fa. Il tre volte campione Wimbledon – intervistato dal Corriere della Sera – ha parlato del tema doping nel tennis, prendendo le difese dell’altoatesino: “Mi fido meno di giocatori che magari hanno avuto una sola, straordinaria stagione sul rosso o sembrano fenomenali per due-tre tornei. Cose così puzzano un po’. Ma Jannik è tra i migliori da anni”.
Con Sinner per il caso doping, con Sinner anche per la scelta di rinunciare alle finali di Coppa Davis: “Ho letto che si è alzato un polverone. Capisco che Nicola Pietrangeli disapprovi. Io la Davis l’ho vinta due volte, nell’88 e nell’89: l’anno seguente non la giocai. Avevo bisogno di una settimana extra di riposo e ritenevo di essermi speso a sufficienza per il mio Paese. Esattamente come Jannik”. Poi un concetto che soprattutto in Italia spesso si fatica a comprendere: Sinner è tra i volti più noti dello sport a livello mondiale e tra i più richiesti nel mondo: “Tutti lo vogliono. Lo invitano a Shanghai, a Riad, a Vienna”.
Becker rivela: “Potevo allenare Sinner”
A sorpresa Boris Becker ha anche rivelato anche di esser stato vicinissimo ad allenare il campione altoatesino: “Credevo fosse un segreto, ma è vero. Ma aspettavo la sentenza (nel 2022 è stato condannato da un tribunale inglese a 30 mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta, ndr) e gli dissi di no. Gli feci un paio di nomi, tra cui Darren Cahill. Per me è il migliore”, ha spiegato Becker. “Sinner ha vinto quattro slam a 24 anni, non penso che avrei fatto meglio di Cahill e Vagnozzi. ma sapevo che potesse diventare il più forte. All’epoca doveva migliorare servizio e gioco di piedi, ma di testa era già un portento”.
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