Gridò “Palestina libera” alla Scala, il Tribunale annulla il licenziamento della maschera

  • Postato il 28 novembre 2025
  • Cronaca
  • Di Blitz
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Il Tribunale del Lavoro di Milano ha stabilito che il licenziamento della maschera del Teatro alla Scala, allontanata dopo aver gridato “Palestina libera” il 4 maggio, è da considerarsi illegittimo. La decisione comporta l’obbligo per il teatro milanese di corrispondere alla giovane universitaria tutte le mensilità maturate dal giorno del licenziamento fino alla scadenza del contratto, fissata al 30 settembre, oltre al pagamento delle spese legali.

Secondo il suo avvocato, Alessandro Villari, la sentenza rappresenta “una questione di principio”, sottolineando che un dipendente non può essere punito per aver espresso un’opinione, anche se in modo plateale. Lo stesso legale ha aggiunto: “La cosa un po’ curiosa – sottolinea il legale – è che poi artiti, come Roberto Bolle, hanno fatto una cosa simile in teatro e sono stati portati in palmo di mano”.

L’episodio del 4 maggio e le contestazioni

La vicenda risale al giorno in cui la lavoratrice si era allontanata dalla propria postazione per raggiungere la prima galleria del loggione e gridare “Palestina libera”, poco prima dell’inizio del concerto legato alla riunione della Asian Development Bank, cui era presente anche Giorgia Meloni.

L’episodio aveva creato momenti di tensione e aveva portato la Scala ad avviare un procedimento disciplinare concluso con il licenziamento. Il teatro aveva giustificato il provvedimento con l’allontanamento dal posto di lavoro e con un comportamento ritenuto inappropriato in un contesto istituzionale, alimentando un intenso dibattito pubblico.

Reazioni, mobilitazioni e prospettive future

La sentenza ha riacceso il confronto tra sindacati, associazioni e mondo politico. La Cub e numerose realtà pro Palestina avevano sostenuto fin dall’inizio che il licenziamento fosse una conseguenza politica della protesta, organizzando presidi, scioperi e una raccolta firme in difesa della lavoratrice. Anche figure politiche come Carlo Monguzzi e Nicola Fratoianni erano intervenute a sostegno della causa. Secondo la Cub Scala, la decisione del tribunale “dimostra che si è trattato di un licenziamento politico”, ribadendo che l’espressione di un’opinione non può essere criminalizzata.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate nei prossimi giorni, mentre il sindacato chiede alla Scala di rinnovare il contratto della giovane per evitare ulteriori contenziosi. Il teatro, per ora, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali.

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Blitz

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