Gli Usa deportano a El Salvador e in Honduras centinaia di prigionieri venezuelani. Rubio: “Saranno ospitati a un prezzo equo”

  • Postato il 16 marzo 2025
  • Mondo
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 4 Visualizzazioni

Sono sbarcati da un aereo in piena notte, ammanettati. Li hanno condotti in carcere, dove sono stati rasati a zero. Centinaia cittadini venezuelani, accusati di essere membri della gang Tren de Aragua, sono stati deportati dalle carceri Usa a quelle di El Salvador, nonostante l’ordine di un tribunale che ne bloccava il trasferimento. La mossa rientra in una generale strategia di inasprimento delle leggi sull’immigrazione da parte degli Stati Uniti. Nei giorni scorsi è emersa la notizia che il Dipartimento di Stato, su mandato del presidente Donald Trump, sta lavorando a una lista di almeno 43 Paesi per i cui cittadini verranno imposte restrizioni di viaggio. Le immagini dei venezuelani deportati e rasati sono state pubblicate sui social dal presidente di El Salvador Nayib Bukele, che ha scritto: “Oggi i primi 238 membri dell’organizzazione criminale venezuelana Tren de Aragua sono arrivati ​​nel nostro Paese. Gli Stati Uniti pagheranno un prezzo molto basso per loro, ma alto per noi”.

L’accordo economico – Il trasferimento dei prigionieri è stato confermato dal segretario di Stato Marco Rubio, che ha spiegato che El Salvador ha accettato di detenerli “nelle sue ottime prigioni a un prezzo equo”. L’accordo tra i due Paesi era stato finalizzato a inizio febbraio, durante un incontro tra Rubio e Bukele. El Salvador, in cambio di un corrispettivo in dollari, ha accettato di detenere prigionieri di qualsiasi nazionalità, in particolare i venezuelani (che non possono essere fatti rientrare in Venezuela, mancando regolari rapporti diplomatici con Nicolas Maduro) e i membri della gang salvadoregna MS-13, che si trovano nelle carceri Usa in attesa di un processo. Altre centinaia di venezuelani, che erano stati in un primo momento internati nella base di Guantanamo, sono stati inviati in Honduras.

La legge del 1978 – L’amministrazione Trump spera di accelerare i rimpatri di detenuti nelle sue carceri aggirando le tradizionali garanze costituzionali e ricorrendo all’Alien Enemies Act del 1798, una legge che consente di arrestare ed espellere senza processo cittadini di Paesi in guerra con gli Stati Uniti. La legge è stata utilizzata tre volte nella storia americana, durante la guerra con la Gran Bretagna del 1812 e durante la Prima e la Seconda guerra mondiale: è la misura utilizzata per l’internamento di migliaia di americani di origine giapponese nei campi di detenzione ai tempi del secondo conflitto mondiale. Proprio in tema legale è esploso una sorta di giallo. Di fronte alla possibilità che i venezuelani venissero rimpatriati senza un legale processo, l’American Civil Liberties Union si è rivolta a un giudice federale di Washington, D.C., James E. Boasberg, che ha emesso un ordine che bloccava le deportazioni, ordinando a qualsiasi aereo partito con i migranti venezuelani di “fare immediato ritorno negli Stati Uniti”.

L’ordine ignorato – “Oops… Troppo tardi”, ha commentato il presidente salvadoregno Bukele, pubblicando sui social uno screenshot con l’ordine del giudice. Si cerca ora di capire se il volo sia partito nonostante il provvedimento che lo bloccava. Il giudice Boasberg ha emesso il suo ordine poco prima delle 19 ora di Washington, ma il video pubblicato da Bukele mostra i prigionieri sbarcare di notte. El Salvador è un’ora indietro rispetto alla capitale Usa. Ciò fa quindi sospettare che l’aereo sia partito dopo l’intervento del tribunale. Non sarebbe la prima volta che l’amministrazione Trump disattende l’ordine di un giudice. È per esempio già successo di recente, quando non ha ripreso il flusso di finanziamenti dei programmi federali già approvati dal Congresso, nonostante, appunto, un’ingiunzione federale. Il pensiero dell’amministrazione in tema di garanzie legali è comunque stato chiaramente espresso dall’attorney general (la “ministra della Giustizia”) Pam Bondi, secondo cui il giudice si è schieratocon i terroristi” e il suo ordine “ignora la ben fondata autorità del presidente Trump, mettendo a rischio cittadini e forze dell’ordine”.

Verso un nuovo travel ban – Il caso dei venezuelani deportati – che viene dopo l’arresto per le proteste contro la guerra israeliana a Gaza di uno studente della Columbia University, Mahmoud Khalilnon è l’unico che in queste ore movimenta il già turbolento capitolo immigrazione. Nei giorni scorsi è stato diffuso un documento – per il momento ancora in fase di abbozzo – che contiene una lista di 43 Paesi i cui cittadini saranno soggetti a restrizioni totali o parziali dall’entrata negli Stati Uniti. Ci sarà un divieto totale per i cittadini di undici Stati: Afghanistan, Bhutan, Cuba, Iran, Libia, Corea del Nord, Somalia, Sudan, Siria, Venezuela e Yemen. Sono dieci i Paesi, tra cui la Russia, i cui visti saranno fortemente limitati. Ventidue quelli, soprattutto Stati africani, i cui cittadini dovranno aspettare sessanta giorni per verifiche e controlli prima dell’emissione del visto. Non è chiaro se i cittadini di questi Paesi, con visti o green card già approvati, ne verranno privati. Le misure rappresentano un ulteriore inasprimento rispetto all’ordine esecutivo 13769, più noto come “Muslim travel ban”, che Trump impose nel 2017 nei confronti di alcuni Paesi musulmani e venne poi bloccato dai tribunali.

L'articolo Gli Usa deportano a El Salvador e in Honduras centinaia di prigionieri venezuelani. Rubio: “Saranno ospitati a un prezzo equo” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti