Giletti ospita Scarpinato e lo attacca su via d’Amelio. M5s: “Indecente, metodo vergognoso”. E annuncia interrogazione
- Postato il 30 settembre 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Alta tensione nella puntata di lunedì de Lo Stato delle cose, il programma di Massimo Giletti su Rai 3. In trasmissione è andato in scena un duro scontro tra il conduttore e Roberto Scarpinato, ex magistrato e ora senatore del Movimento 5 stelle, con i pentastellati che accusano Giletti di aver “superato ogni limite di decenza giornalistica” e annunciano un’interrogazione in Commissione di Vigilanza Rai. Il tema è sempre quello delle indagini della Commissione parlamentare Antimafia sulla strage di via d’Amelio, con il centrodestra, guidato dalla presidente di FdI Chiara Colosimo, che accredita la ricostruzione secondo cui Paolo Borsellino fu ucciso perché voleva andare fino in fondo sul dossier “Mafia e appalti” del Ros dei carabinieri (escludendo quindi la cosiddetta “pista nera”). “Sono venuto qui per la seconda volta perché non ho nulla da nascondere. Da due anni e mezzo la maggioranza governativa impedisce in tutti modi e con tutti i mezzi di fare indagini conoscitive sui mandanti esterni e sui complici esterni delle stragi del ’92 e sui depistaggi, perché deve passare in tutti i modi la tesi che le stragi le hanno fatte solo i mafiosi per gli appalti”, esordisce l’ex procuratore generale di Palermo, ospite in studio.
L’intervista si accende a proposito delle intercettazioni tra Scarpinato e l’ex pm Gioacchino Natoli, in cui i due discutevano dell’audizione che Natoli avrebbe dovuto affrontare in Commissione Antimafia: nei nastri, Scarpinato anticipa all’ex collega che gli avrebbe fatto una domanda su una riunione tenuta in Procura a Palermo il 14 luglio 1992, cinque giorni prima della strage, in cui si discusse dell’archiviazione del dossier “Mafia e appalti”. Natoli, presente a quel vertice, riferì poi in Commissione che Borsellino sapeva dell’archiviazione e non si oppose: una testimonianza decisiva per scardinare la tesi del centrodestra. Incalzato da Giletti sull’opportunità della telefonata, Scarpinato la spiega così: “A novembre è stato sentito dalla Commissione Antimafia il magistrato Patronaggio (Luigi, attuale procuratore generale di Cagliari, ndr) e Colosimo gli ha fatto una domanda su una riunione che si era svolta il 14 luglio 1992. Rispondendo, Patronaggio ha detto: “Io ero presente, si è parlato di mafia e appalti e di una richiesta di archiviazione per alcuni indagati”. Mi chiamò Natoli che aveva sentito via web quella audizione e mi disse: “Anche io ero presente a quella riunione e Patronaggio si ricorda bene“. Io gli ho detto che questa cosa doveva dirla alla Commissione Antimafia perché è importante”. Giletti non ci sta: “Non facciamo passare che Borsellino sapeva che sarebbe stata archiviata mafia-appalti, non è accettabile“. “Lei non conosce gli atti, non si legge le carte. Non può fare servizio pubblico”, replica l’ex magistrato.
Contro Giletti si scagliano i rappresentanti del Movimento 5 stelle in Commissione di Vigilanza Rai: “Ieri sera Massimo Giletti ha superato ogni limite di decenza giornalistica. Non entriamo nel merito della vicenda affrontata, perché Roberto Scarpinato ha chiarito con precisione e autorevolezza la sua posizione. Qui il problema non è il contenuto dell’intervista, ma il metodo vergognoso con cui Giletti ha trattato il suo ospite. Un magistrato che ha servito lo Stato, che ha messo a rischio la propria vita e sacrificato la sua esistenza nella lotta alla criminalità organizzata, è stato interrotto di continuo, coperto di voce e persino aggredito verbalmente. Un comportamento indegno, irrispettoso e inaccettabile”, attaccano Dario Carotenuto, Dolores Bevilacqua, Anna Laura Orrico e Gaetano Amato. “Noi chiederemo conto di tutto questo con un’interrogazione in Commissione di Vigilanza”, annunciano. “Sarebbe doveroso convocare i responsabili, ma il blocco vergognoso imposto dal governo alla stessa Commissione lo impedisce. È ormai evidente che tenere silenziata la vVgilanza fa parte di una strategia precisa: trasformare la Rai in un megafono al servizio della propaganda. Quello che è accaduto ieri non è giornalismo, è uno sfregio alla democrazia e al servizio pubblico”, denunciano.
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