Frecce tricolori, collisione e atterraggio d’emergenza nel cielo di Pantelleria
- Postato il 7 maggio 2025
- Di Panorama
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L’inchiesta tecnica, prima di qualunque altra eventuale indagine, ci dirà presto e nei dettagli che cosa è accaduto ieri nel cielo di Pantelleria alle Frecce Tricolori. Ma giusto per spegnere ogni strumentalizzazione prima ancora di aver finito di leggere tutta la stampa progressista “contro”, ci sono almeno tre considerazioni da evidenziare. Nessuno è rimasto ferito, nessun aeroplano è andato distrutto, di piloti che avrebbero risolto questo incidente così bene, al mondo ce ne sono molto pochi. Infine, anche da un evento così impareremo qualcosa per migliorare. Non era andata così bene alla Pattuglia francese qualche mese fa, era andata molto peggio agli spagnoli e agli americani qualche anno addietro. Merito della preparazione dei nostri piloti? Certamente. Merito di un po’ di fortuna nella sfortuna? Probabile, fatto sta che sono atterrati tre piloti con gli aeroplani danneggiati, e non un pochino acciaccati, bensì con parti mancanti e sistemi danneggiati. Forse perché sono ancora fatti di metallo, come accadeva negli anni Settanta e Ottanta, forse perché di elettronica a bordo c’è soltanto quella essenziale, sicuramente perché l’impugnatura della barra di comando e della manetta sono strette dalle mani di un uomo, un ufficiale pilota, anche se un trentenne oggi s’abusa di chiamarlo “ragazzo”.
E poi si sono i video, con la mezza formazione del “rombetto” che si scompone e gli aeroplani che si toccano, ma se agli occhi profani fanno impressione, a quelli tecnici dicono forse qualcosa in più: a un certo momento la scia di uno degli aeroplani da bianca pare diventare nera, segno che nel motore, forse, c’è qualcosa che non dovrebbe esserci. Un altro uccello come due anni fa a Torino? Chissà, ma stavolta il turbogetto continua a spingere e il pilota riporta a casa sé stesso e l’aeroplano, che rimane controllabile quanto basta. Chi non avesse mai subito un’avaria in volo sappia che l’adrenalina dilata il tempo, il cervello macina calcoli attingendo ai concetti salvavita studiati per anni, alla memoria degli allenamenti fino alle regola della fisica, mentre le mani compiono una serie di operazioni perché la mente dice di prepararsi al peggio sperando per il meglio di chi sta sotto, intorno e sull’aereo.
Avere l’aeroporto pochi secondi di volo è stato fondamentale per gli aeroplani coinvolti nell’evento; gli altri si sono diretti alla base di Trapani Birgi, che volando a 5-600 km orari si raggiunge in poco tempo. Tempestiva e coerente la nota stampa diffusa dall’Aeronautica: “Nel primo pomeriggio di oggi martedì 6 maggio”, si legge, “durante un volo di addestramento acrobatico delle Frecce Tricolori presso l’aeroporto di Pantelleria, all’indomani dell’airshow di Catania, una separazione anomala della formazione, durante la manovra del cardiode (la figura a cuore, ndr), ha imposto l’interruzione del programma acrobatico. Quattro velivoli della seconda sezione, dimostrando padronanza delle procedure, si sono pertanto separati dal resto della formazione, tre dei quali dirigendosi successivamente all’atterraggio sull’aeroporto di Pantelleria. I restanti velivoli della formazione sono atterrati all’aeroporto militare di Trapani. Durante l’atterraggio a Pantelleria, un velivolo, a causa di un problema tecnico di controllabilità al ruotino anteriore, è uscito fuori pista al termine della corsa di decelerazione al suolo. Il pilota non ha riportato alcun problema di salute”. Le tante foto circolate sui social parlano chiaro: l’aeroplano numero otto (Pony 8, in gergo), all’atterraggio ha subito il collasso del carrello anteriore senza il quale è impossibile orientare il velivolo a terra, per questo è finito nel terrapieno dell’aeroporto e poi si è adagiato nel dislivello presente ai lati della pista. Per gli altri Pony coinvolti, numeri 6 e 9, danni alla deriva verticale.
Quanto alla solidarietà, seppure parte dell’opposizione inventi scuse d’ogni tipo, qualche centinaia di migliaia di italiani seguono gli undici piloti delle Frecce Tricolori come fossero la Nazionale azzurra. Per farlo raggiungono i luoghi delle manifestazioni, spendono quattrini, concorrono a generare quell’impennata all’economia locale che le Frecce generano ogni volta che volano. Lo hanno dimostrato persino negli Stati Uniti lo scorso anno, dove li abbiamo visti incantare tutta la “Aviation Nation”, come gli aviatori chiamano gli States.
L’evento di ieri ha però dimostrato un fatto importante: oggi i piloti di aeroplano sono sempre più operatori di sistemi digitali, mentre lo MB-339 “Macchino” per chi lo ama, è del tutto manuale.
Non c’è un computer a mediare gli “input” del pilota e neppure a consigliarlo su che cosa fare. Sei solo a bordo, con un dialogo continuo tra l’uomo, i suoi occhi, gli strumenti e le sensazioni fisiche a dirti se stai facendo le cose per bene oppure sbagliando. E sarà così almeno fino a quando non arriveranno i nuovi aeroplani, gli M-346 che invece hanno i comandi “fly by wire”, e vedremo come l’antica tradizione militare acrobatica italiana potrà interpretarne le qualità per continua re a trasformare un volo in formazione in uno spettacolo unico al mondo che viene messo in scena dal 313º Gruppo addestramento acrobatico della nostra Aeronautica Militare. E che vogliano presto rivedere con la formazione a dieci al completo.