Ferrari SF-25: il problema tecnico da cui è impossibile liberarsi

  • Postato il 15 settembre 2025
  • Formula 1
  • Di Virgilio.it
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Le gomme sono forse l’elemento più difficile da comprendere in Formula 1. Tantissimi parametri inficiano sulla loro prestazione e saperle utilizzare bene fa tutta la differenza del mondo. Su questo argomento Ferrari pecca da diverse annate e pure nel mondiale in corso, ha dimostrato in troppe occasioni l’incapacità di comprendere gli pneumatici. Cerchiamo di spiegare meglio questo fenomeno che incide (in parte) sui problemi della SF-25.

Le difficoltà nel gestire la temperatura interna della gomma

La mescola è un elemento non lineare tramite cui si cerca di bilanciare la monoposto durante i trasferimenti di carico. La visco-elasticità che caratterizza i compound fa sì che abbiano un comportamento diverso a seconda dei vari layout e dei tratti distintivi dell’asfalto. Questo fattore spinge tutte le scuderie a trovare compromessi talvolta obbligati, per garantire agli pneumatici il giusto range di funzionalità.

Uno dei parametri più importanti durante un qualsiasi run della gomma è la temperatura. Nello specifico, gli ingegneri addetti alla performance del veicolo pongono particolare attenzione a due tipi di temperature: superficiale e interna. Quest’ultima si misura nello strato di tele che si trova tra la carcassa e il battistrada ed ha il compito di fornire rigidità alla copertura quando entra in contatto con il piano di riferimento.

Il problema legato alla temperatura interna è semplice: non è possibile inserire un sensore in grado di misurarla direttamente. Per questo i team devono stimarla partendo dalla pressione e quindi dalla temperatura dell’aria all’interno della camera di gonfiaggio. Questo parametro al cuore della mescola dovrebbe essere statico nel corso di un giro, ma tende a salire parecchio quando la mescola è sollecitata in maniera eccessiva.

In questo caso si avvertono i piloti sul rischio di overheating, elemento che dipende anche dal tipo di pista. Parliamo di un problema che Ferrari ha sofferto in maniera costante nell’arco del campionato attuale, sia sul giro secco che sulla distanza dei 300 chilometri. Surriscaldamento che toglie grip e, di riflesso, competitività alla monoposto. In qualifica si possono perdere tanti decimi se in un settore l’aderenza è insufficiente.

Anche per questo abbiamo visto la SF-25 provare diverse strategie legate al warm-up, per capire dove e come immettere energia sullo pneumatico. Ovviamente non si tratta solo di messa a punto, ma bensì della capacità meccanica intrinseca della vettura nel gestire le coperture, dove la Ferrari, a differenza della McLaren, incontra una serie di grattacapi ai quali non c’è rimedio: si tratta solo di minimizzare il problema.

L’asincronia termica, uno dei mali oscuri della Rossa

Lo stesso discorso vale quando la vettura è a pieno carico e l’amministrazione delle temperature di esercizio dev’essere perfetta per stabilizzare il rendimento nell’arco dello stint, garantendo altresì la “vita utile stimata” allo pneumatico. L’auto modenese, per di più, come succede anche alla Red Bull, di frequente ha patito la tediosa asincronia termica: due assi con diverse dissimili.

Uno quadretto che nel caso della Rossa vede l’avantreno in deficit di calore rispetto al posteriore. Un contesto che amplifica la carenza di rotazione che, già di per sé, la SF-25 si porta dietro come difetto cronico di progettazione. La perdita di aderenza è importante e si riflette di immediato sui riscontri cronometrici. Un circolo vizioso, in quanto oltre alla perdita prestazionale si innesca degrado extra al retrotreno.

Se a tutto questo sommiamo i problemi legati all’utilizzo delle altezze da terra, che non riescono a fornire il livello corretto di spinta verticale generato dal fondo, ecco che l’auto italiana diventa scorbutica e inguidabile. Uno scenario al quale abbiamo assistito in diverse occasioni, dove i piloti perdono fiducia e non riescono a portare il mezzo meccanico al limite. Quando lo fanno, la percentuale di errore sale in maniera tragica.

La gestione gomme di base della SF-25 è insufficiente

La temperatura ideale al cuore della gomma è quella tra uno stato vetroso e viscoso, influenzato dal modo in cui la copertura viene sollecitata dall’asfalto. Ferrari ha sempre cercato di curare la frequenza di vibrazione dello pneumatico, che in gran parte dipende dalla granulometria del manto stradale rilevata nell’ispezione in pista del giovedì. Esame che di sovente non riesce a fornire la soluzione corretta.

La vettura italiana ha tanti problemi, ma senza dubbio uno su tutti è proprio quello relativo alla gestione delle gomme. Si tende spesso a incolpare altri elementi dell’auto e, in effetti, è anche giusto farlo considerando che inficiano in maniera negativa nell’amministrare i compound. Tuttavia, va sottolineato un fatto importante, che lo stesso Mario Isola ha ribadito nell’intervista esclusiva con Pirelli.

L’efficacia nel curare gli pneumatici dipende in buona parte dalla capacità endemica della monoposto di trattare le gomme. Una vettura nata male sotto questo aspetto difficilmente può essere corretta nel corso della stagione. Parliamo di un tema davvero complicato, che pure un super esperto come Loic Serra, pur lavorando senza sosta, non è riuscito a risolvere negli ultimi sei mesi.

Autore
Virgilio.it

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