Ex Ilva, Taranto a rischio stop totale: ora il forno elettrico a Genova è più di una semplice idea

  • Postato il 1 luglio 2025
  • Copertina
  • Di Genova24
  • 3 Visualizzazioni
ex ilva aree genova

Genova. Prende sempre più corpo l’ipotesi di un forno elettrico per riportare la produzione di acciaio a caldo all’ex Ilva di Genova. Suggestione che viaggia di pari passo con l’allungarsi di ombre sempre più oscure sullo stabilimento di Taranto, dove si rischia il fermo totale degli impianti (con ricadute a cascata anche all’ombra della Lanterna) e dove il nuovo sindaco Bitetti al momento ha chiuso le porte a una serie di opere considerate necessarie dagli acquirenti di Baku Steel e vincolate a un accordo di programma, preliminare alla nuova autorizzazione integrata ambientale, su cui oggi pende una serie di veti. La spada di Damocle è l’attesa sentenza del Tribunale di Milano su un ricorso presentato dagli ambientalisti che potrebbe inibire tutte le attività produttive.

Nel piano industriale degli azeri, al momento unica cordata effettivamente in lizza per acquisire Acciaierie d’Italia, i tre forni elettrici verrebbero alimentati con Dri (direct reduced iron), il cosiddetto preridotto che si ottiene dal ferro con un procedimento alternativo. L’impianto che lo produce, però, ha bisogno di grandi quantità di gas (o in alternativa idrogeno) per funzionare. Il punto è che il Comune di Taranto non vuole ospitare una nave rigassificatrice e nemmeno un impianto Dri.

A questo punto il Governo sta guardando altrove: “Lo sviluppo del polo del Dri previsto per Taranto, in mancanza dell’approvvigionamento del gas, sarà realizzato laddove ci saranno le condizioni“,  ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a margine del meeting annuale di Assarmatori in corso a Roma. “Aspettiamo in queste ore la risposta degli enti locali e della Regione Puglia perché siamo estremamente rispettosi delle loro competenze – ha aggiunto – Se la risposta sarà simile a quella di Terni e dell’Umbria, di Piombino e della Toscana, cioè lavorare insieme per un progetto siderurgico green, noi faremo tutto il possibile perché ciò abbia pieno compimento. Se, invece, decideranno di non poter sostenere sul piano politico una nave rigassificatrice sul porto, ne trarremo le conclusioni“.

L’idea, già sul tavolo benché sottaciuta, è che il preridotto possa nascere a Piombino dove c’è già la nave rigassificatrice Golar Tundra, la stessa che in base agli accordi presi col Governo dovrebbe andare a Vado Ligure nel 2026, progetto che tuttavia è osteggiato dall’attuale centrodestra in Regione Liguria.

Il presidente Marco Bucci non conferma e non smentisce, lasciando intendere tuttavia che qualcosa di serio stia bollendo in pentola: “Mi sembra che ci siano veramente le condizioni adesso per prendere decisioni dirette, non voglio dire drastiche, ma decise, per andare in una certa direzione. È una direzione che ovviamente fa molto bene a Genova“, ha detto rispondendo a una domanda sul forno elettrico a margine del consiglio regionale: “Ci sono tante cose che stiamo facendo, però purtroppo io non ne posso parlare troppo presto perché sennò rompiamo gli equilibri – ha aggiunto -. Prima vorrei avere dal ministro l’ok per andare in una certa direzione, poi ci andiamo. Dico però che ci sono le condizioni per andare su una direzione molto importante per la città di Genova. Ovviamente il sottoscritto si tirerà su le maniche per portarla a terra, e mi auguro che anche la sindaca sia d’accordo per questo”.

Cosa dice dunque Silvia Salis? “Prima di fare dei passi mediatici bisogna verificare quali siano le condizioni su quell’area – sottolinea la sindaca a Tursi -. Ovviamente quello che noi pensiamo è che quegli spazi debbano rimanere industriali e che Genova non debba perdere l’opportunità siderurgica. Detto questo, ogni passaggio non può essere gestito a botta di dichiarazioni. L’acciaio è un tema di grande sensibilità nazionale in questo momento, un altro tema è l’emergenza che è la dipendenza della filiera da Taranto, quindi prima di fare qualsiasi mossa bisogna avere un quadro più completo possibile”.

Insomma, Genova potrebbe diventare una sorta di Taranto carbon free? “L’obiettivo finale deve essere quello di preservare e anzi aumentare i posti di lavoro, e che sia un lavoro qualificato. Tutto quello che va in questa direzione avrà il sostegno dell’amministrazione, chiaramente avendo completa attenzione alla sostenibilità ambientale. Ma, ripeto, è una situazione molto delicata che va trattata per quello che è, un tema nazionale prima che genovese, per cui bisogna rispettare i passaggi che ci sono”.

“Le aree ex Ilva oggi inutilizzate hanno vocazione industriale e primariamente a vocazione siderurgica, sarebbe un errore ipotecarle ad altra destinazione – ha chiarito pure il vicesindaco Alessandro Terrile rispondendo a un’interrogazione del consigliere di minoranza ed ex assessore al Porto Francesco Maresca (Fratelli d’Italia) che chiedeva di ridiscutere l’accordo di programma -. Il Comune di Genova farà di tutto per mantenere la destinazione industriale e siderurgica, almeno finché non sarà chiaro il destino di Taranti e degli altri stabilimenti e finché non sarà chiusa la partita della vendita del gruppo, ma anche se in futuro non si potesse più fare siderurgia a Genova, quelle aree dovranno comunque avere destinazione industriale e manifatturiera, il tipo di attività di cui la nostra economia ha bisogno per svilupparsi concretamente”.

Intanto, mentre si consuma il dibattito sul futuro della siderurgia a Genova e in Italia, migliaia di lavoratori attendono col fiato sospeso, compresi quelli di Cornigliano. Proprio da Genova oggi il segretario generale della Fim Cisl lancia un nuovo allarme: “È una situazione drammatica – tuona Ferdinando Uliano -. Rischiamo una bomba sociale vera e propria perché di fatto, se non si procede attraverso l’autorizzazione integrata ambientale per quanto riguarda il complesso di Taranto, il rischio è che anche l’ultimo altoforno venga bloccato e questo non alimenterebbe più neanche Genova. È chiaro che ci troveremmo a dover ridisegnare una situazione che non vorremmo affrontare”.

 

“In queste ore – prosegue Uliano – noi siamo impegnati a fare in modo di mettere in sicurezza l’impianto e soprattutto a pretendere dalle istituzioni locali di assumere quelle decisioni necessarie per poter giungere alla definizione dell’autorizzazione integrata ambientale che significa sì a rigassificatore e desalinizzatore perché questo consente di alimentare l’impianto. Noi confidiamo ancora di portare quell’impianto a 6 milioni di tonnellate per alimentare anche lo stabilimento di Genova. È chiaro che altre ipotesi noi al momento non le valutiamo, però sono ipotesi che per noi devono avere sempre al centro la salvaguardia occupazionale e la massima garanzia per le prospettive industriali”.

Nel frattempo il ligure Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, propone di trasformare l’ex Ilva in un asset militare per la produzione degli armamenti, soluzione che lascia abbastanza tiepida la Fim Cisl: “Ilva non rifornisce solo l’industria militare, ma può benissimo rifornire l’industria civile – commenta Uliano -. La questione è far funzionare l’impianto e fare in modo che ci sia una prospettiva certa e sicura. Per noi è fondamentale il ruolo dello Stato all’interno di Ilva, perché la siderurgia è un settore strategico, volendo anche per il militare. L’importante è salvare l’Ilva e fare in modo che nel nostro paese non si perda un asset importante come quello della siderurgia”.

Autore
Genova24

Potrebbero anche piacerti