Empatia
- Postato il 16 aprile 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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“Tra il clamore della folla ce ne stiamo io e te, felici di essere insieme, parlando senza dire nemmeno una parola”, così scrive Walt Whitman raccontando, in brevi istanti, un intenso momento d’amore che si rivela quando l’intesa è assoluta e non ha bisogno di parole, regala felicità e profonda intimità anche nel bel mezzo di una folla distratta e vociante. Oggi, ricorrendo a un termine caro alla psicologia, potremmo parlare di empatia; in realtà il termine nasce con una valenza diversa, indicava quello che potremmo individuare come l’antropomorfizzazione di oggetti, sarà lo psicologo strutturalista Edward Titchener ad allargarne il senso al rapporto tra umani fino a fargli assumere il significato attuale che potremmo riassumere nella disponibilità e capacità di determinare una sorta di positiva sintonia emotiva nei confronti dell’altro. Credo che un elemento cruciale dell’empatia sia riconoscibile nella definizione offerta dallo psicoterapeuta statunitense Carl Rogers: “L’empatia vera è sempre libera da ogni qualità diagnostica o giudicante”. Sono convinto, infatti, che non possa esistere vera empatia se non si pongono i protagonisti della relazione su un piano equivaloriale che nemmeno possa concepire atteggiamenti valutativi. Una simile prospettiva, a mio avviso, è imprescindibile in un sano rapporto amicale e, forse in maniera ancor più assoluta, d’amore. Senza rinunciare a se stesso, ai propri principi, alla propria storia, anzi, proprio comprendendone più profondamente la natura, sarà possibile porsi in maniera del tutto scevra da pregiudizi etici e da posture giudicanti, nei confronti dell’altro. Non hai bisogno di valutare chi ami, lo condividi senza perdere te stesso ma scoprendo di essere in grado di osservare il mondo con i suoi occhi, senza doverlo fare con un atto di volontà, ti nasce naturale la complicità profonda che suggerisce al tuo mondo interiore i colori, i profumi, le emozioni, terribili e meravigliose che importa, che abitano l’universo interiore dell’altro.
A volte il fenomeno empatico può manifestarsi nei confronti di uno sconosciuto, credo addirittura possa risultare più facile essere liberi da intenti valutativi nei confronti di chi meno si conosce, l’estraneo che, per una qualche ragione, ha intercettato il nostro interesse e che stiamo ascoltando e comprendendo inaspettatamente, oppure dal quale ci sentiamo compresi. Vi è mai capitato di parlare con qualcuno e avvertire con piacevole stupore che vi sta condividendo anche se non vi conosce mentre in molti casi vi siete sentiti soli parlando con qualcuno che frequentate da tempo? Tragicamente, a volte, il vostro partner? Persone incontrate magari in treno o al bar, almeno questo è l’evento che avremmo potuto sperimentare un tempo, già, ora tutti parlano solo con i propri cellulari e nessuno ascolta nessuno; quanto spesso si finisce per “stare a sentire” solo nell’attesa del silenzio altrui per riempirlo delle proprie parole altrettanto inascoltate dall’altro o, forse peggio, sentite e non ascoltate e ancor meno comprese ovviamente: ma torniamo al casuale incontro empatico. Spesso accade di avvertire empatia per una condizione di sofferenza o, quantomeno, di profondo disagio, ma il fenomeno è possibile anche, e meno male, per emozioni positive, per momenti di gioia. Forse proprio per la frequenza maggiore dei primi casi l’empatia è spesso confusa con la compassione, in verità la radice etimologica del termine compassione rimanda a condividere la medesima passione, ma si intende di sofferenza e, nel tempo, il significato ha assunto più la connotazione di un provare pena per le sofferenze altrui, mentre, come dicevamo, l’empatia va letta in un’accezione diversa che implica anche la condizione positiva, addirittura quella che potremmo definire la migliore vivibile, il momento d’amore. Intendo l’amore di coppia ma anche l’amore inteso proprio come istante nel quale gli sguardi si accomunano e la visione risulta intimamente condivisa.
Certo, può accadere che il fenomeno empatico sia unilaterale, questo smentirebbe l’interpretazione convenzionale del celeberrimo verso dantesco “amor che a nullo amato amar perdona” che, per altro, andrebbe riletta come motivazione della condanna degli amanti nel quinto canto, ma, tornando a oggi, normalmente la condizione di empatia coinvolge almeno due individui e, per quanto concerne questa riflessione, è auspicabile sia così specie se la si intende come “comprensione reciproca”. Mi sembra opportuno, però, aggiungere alcune precisazioni circa ciò che, a mio avviso riduttivamente, si intende per empatia. Ti condivido poiché abbiamo vissuto esperienze simili; ti condivido perché la pensiamo allo stesso modo; ti condivido per tranquillizzarti; mi sembrano casi di “empatia malata”, al contrario definisco “empatia sana” quella che, anche se non abbiamo vissuto la stessa esperienza, anche se non sono d’accordo con te, anche se non mi atteggio a paternalistico amico, mi ha consentito di condividere la tua prospettiva, quella che non potevo cogliere se non “osservando attraverso te”, quella che ho incontrato, pur riconoscendo come diversa dalla mia, abitandoti in maniera libera e non preconcetta.. Potremmo semplicemente chiederci: se fossi nato altrove, oppure in un altro tempo, o in differenti condizioni sociali o biologiche, le mie “certezze esistenziali” sarebbero le stesse? Il mio io più profondo, le mie verità assiomatiche sarebbero quelle che mi appaiono come espressioni della mia natura più vera? Non è facile, specie in un’epoca così complessa dal punto di vista delle relazioni tra culture diverse, riuscire a cogliere la logica che motiva atteggiamenti e prospettive che appaiono così lontane da quelle dell’osservatore, la cultura, quella vera, quella che non è mai dogmatica ma fonte di aperture mentali, non intride lo studio della storia, della geografia, dell’antropologia, della filosofia, senza considerare il fatto che, nonostante l’apparente offerta multiculturale della rete, l’incontro con l’altro da sé è più spesso fonte di odio che di accoglienza empatica.
Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì. Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli.