E’ morto Alvaro Vitali, comico spontaneo: da Pierino a Cotechino, tra buchi delle serrature e peti fragorosi. “Fellini mi prese perché sapevo fischiare come il merlo”
- Postato il 25 giugno 2025
- Cinema
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni
.png)
“Mo’ m’avete dato la targa, l’anno prossimo speriamo che me date l’automobile”. Alvaro Vitali era così. Spontaneo, irriverente, senza troppe censure. Giochi di parole, barzellette pungenti, risatine aspirate e gridolini isterici dopo la battuta. Un comico semplice, con un corpicino ridicolo e sgraziato, un occhio che faceva a pugni con quell’altro. Destinato da subito a fare da spalla, a supportare il capocomico, attraversa la prima metà degli anni settanta a trafficare in parti secondarie. Caratterista per i grandi (Magni, Risi, Sordi, Monicelli, Steno) dopo gli esordi (quattro film, tra cui Amarcord) con Federico Fellini, Vitali è quello che ricordi spesso perché si fa prendere in mezzo, talvolta rispondendo persino per le rime, dal protagonista assoluto delle commedie sexy, Lino Banfi. Alvaro, l’elettricista di Trastevere, che fino a 32 anni vive in casa con la nonna, da Banfi prende ceffoni, sberle, ginocchiate, testate, sputi, ingoia fischietti, si fa asportare il lungo pene. Vitali è un oggetto cinematografico malleabile, gommoso, versatile.
Tra supplenti, insegnanti, liceali, soldatesse, colonnelli, infermiere e poliziotte, in quel frangente ancora senza porno, in bilico tra commedia ed erotismo, dove il buco della serratura per spiare le curve di Nadia Cassini, Edwige Fenech, Barbara Bouchet sotto la doccia è il massimo della perversione voyeuristica degli italiani, Vitali prende il volo, anzi l’aria, diventando nei primi anni ottanta protagonista assoluto nella saga di Pierino. In una delle più celebri sequenze di una manciata di titoli subito popolarissimi – Pierino contro tutti, Pierino medico della SAUB, Pierino colpisce ancora – in una camerata di alunni delle superiori in gita, Pierino/Alvaro in pigiama e baschetto blu con pompon rosso scommette che “con un fiammifero solo” riesce “ad accendere una candela ad un metro di distanza”. Ovviamente il fiammifero acceso viene avvicinato alle sue terga e il peto che conflagra è qualcosa di inequivocabile. La candela si accende in un istante, i compagni di classe applaudono. Vitali è Pierino in tutto e per tutto: adulto bambino tra i ragazzetti arrapati e brufolosi, vegliardo signore che non eccede in altezza quindi si confonde, irrefrenabile discolo che preferisce scollatura e gonna della maestra (Michela Miti) a teoremi, moltiplicazioni e coniugazioni verbali. Pierino è però personaggio esile, che si consuma prestissimo, senza una vera struttura narrativa, senza tensione drammaturgica (le commedie sexy erano in questo spesso bombe ad orologeria).
Così Vitali rilancia con Giggi er bullo e Gian Burrasca, ma quel piccolo sole di comicità grossolana è già tramontato. Ci riprova nel 1983 con Paulo Roberto Cotechino, centravanti di sfondamento, anticipando L’allenatore nel pallone e Mezzo destro, mezzo sinistro. Vitali si erge a personaggio cult, nel doppio ruolo dell’asso brasiliano del calcio in forza al Napoli e dell’idraulico che gli fa da sosia con parruccone riccio. E visto che il calciatore viene rapito dai pastori sardi, in campo l’importante sfida con l’Inter ci finisce il sosia. I due gol che Cotechino segna in maniera sgangherata e casuale, mettendo ko l’arbitro, anticipano la cifra lessicale e concettuale del gollonzo, ma non sono sufficienti a far tornare a galla l’icona di Vitali che già a metà anni ottanta finisce nella più anonima e dimenticabile inattività. A nulla varranno i tentativi di far rinascere il pierinismo e il Vitali attore tout court. Tanto che il comico romano finisce pure a fare i reality pur di arrotondare quella che a suo dire è una pensione poco cospicua (1400 euro!). Vitali se lo dimenticano tutti: i colleghi e le colleghe, i produttori e i registi. Finisce a raccontare barzellette negli hotel, sempre con quel cappelletto in testa alla Pierino come fosse un eterno bambino. Oppure da concorrente a La Fattoria viene travolto dall’inedito meccanismo performante televisivo e si ritira come fosse tornato a fare il cameriere, l’autista, la comparsa per le cinque pose degli albori.
Le ultime inquadrature dell’attore romano sono intrise di una tristezza forzata ed esibita. La moglie che chiede e ottiene la separazione, lui che legge una lettera in tv per chiederle di ripensarci e continuare. Ma per Alvaro la busta non si apre, il muro non si sposta. I titoli di coda scorrono sul provino del Satyricon dove Fellini optò per Vitali. “Stavo facendo un provino e dopo tre ore di attesa Federico ha chiamato me un ragazzo di Napoli. Come siamo entrati ho notato questa presenza con la sciarpetta e il cappello, stava su questa scala con una macchina da presa enorme e ho sentito la sua voce. ‘Chi di voi due sa fare il fischio del merlo? Io ho cominciato a fischiare alla pecorara come un pazzo. Fellini si è messo a ridere e ha detto: Prendete quello là, ché l’altro sta ancora aspettando il merlo”.
L'articolo E’ morto Alvaro Vitali, comico spontaneo: da Pierino a Cotechino, tra buchi delle serrature e peti fragorosi. “Fellini mi prese perché sapevo fischiare come il merlo” proviene da Il Fatto Quotidiano.