Dialogo con un grande fotografo. Intervista a Juergen Teller
- Postato il 15 settembre 2025
- Fotografia
- Di Artribune
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Venezia, 2 settembre 2025. Che Juergen Teller (Erlangen, Germania 1964, vive a Londra) sia timido lo riconosce anche lui: del resto si nota dalla gestualità, dall’atteggiamento. Al piano nobile del veneziano Palazzo Diedo, sede di Berggruen Arts & Culture, durante la presentazione del libro d’artista Juergen Teller 7 ½ (Marsilio Editore, 2025) – di cui il fotografo, insieme alla moglie e partner creativa Dovile Drizyte, ha firmato anche il book design – rispondendo al curatore Mario Codognanto si volgeva spesso verso Dovile. Forse più che per cercare la sua approvazione, per sottolineare quella collaborazione e complicità che li unisce nella vita privata e nel lavoro. Sette anni e mezzo di vita insieme, come indica il titolo del volume che accompagna la mostra Juergen Teller 7 ½ (fino al 23 novembre) nella monumentale Galleria degli Antichi e Sala degli Specchi di Palazzo Giardino a Sabbioneta (Mantova), sito UNESCO dal 2008 per l’armonia di città ideale con cui è stata concepita nel Rinascimento. In occasione della presentazione, lo abbiamo intervistato in esclusiva.

La mostra di Juergen Teller a Mantova: tra vita pubblica e privata
Nella sequenza delle 393 fotografie a colori (molte delle quali saranno esposte anche nella mostra you are invited alla Fondazione Onassis di Atene dal 19 ottobre al 28 dicembre 2025) è racchiusa una lunga parentesi di sfera privata e pubblica dell’autore – “uno spazio sospeso, dove l’immagine è sempre allo stesso tempo documento e maschera, confessione e travestimento”, come scrive il curatore – in cui emerge sia il lavoro commerciale (moda, pubblicità) che il ritmo quotidiano della vita. L’andamento da storyrelling (così lo definisce Juergen Teller) è segnato dal leitmotiv del caffè che lui stesso prepara ogni mattina per sua moglie, portandoglielo a letto. “Ogni mattina mi sveglio con un sorriso sul volto, preparo il caffè e comincio a lavorare”. Un gesto intimo e amorevole contenuto nella tazza di caffè nero che diventa una sorta di lancetta del tempo, “l’anti-spettacolo per eccellenza, la fotografia che esalta la ripetizione quotidiana come forma di resistenza all’invisibilità dell’amore”, afferma ancora Codognato. Il letto sfatto in una camera d’albergo, il pancione di Dovile in attesa della loro figlia Iggy (protagonista in erba dell’ironica serie Iggy Teller does Teller del 2023 per Document Journal, in cui la bimba interpreta le foto più iconiche del papà, a partire dal ritratto crudo di Iggy Pop a cui deve il suo nome) e anche le foto scattate a Sabbioneta, Napoli e altre località italiane, i paesaggi della Lituania (dove è nata Dovile) e naturalmente gli autoritratti, come quello di Teller in slip con la macchina fotografica al collo, uno pneumatico nella mano destra e un altro in quella sinistra per il calendario della JW Anderson.

La fotografia di Juergen Teller nella mostra
Rompere gli stereotipi portando la moda nel caos della vita reale svelandone i trucchi, o enfatizzando una sorta di autenticità costruita, è l’autorevole firma del fotografo tedesco. Tra i volti riconoscibili e ricorrenti di questa narrazione fluida anche quello del fotografo ucraino Boris Mikhailov a cui Teller è legato da una profonda amicizia, Emma Thompson, Nicholas Cage, Marina Abramović, Francesco Vezzoli, Anselm Kiefer, Papa Francesco all’inaugurazione del Padiglione della Santa Sede alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, Maggie Smith per Loewe, nonché le campagne per Vivienne Westwood ed altri celebri brand, incluse le foto per la collezione di Victoria Beckham del 2018 dove il fotografo esce dalla grande shopper griffata per fotografare la modella. Alle immagini della serie Guten Morgen Sonnenschein (2025) – in italiano buongiorno raggio di sole – si alternano, in particolare, quelle in cui ci sono pillole magiche nelle rispettive bustine trasparenti, pronte per le varie necessità. Be immune to beauty, Raise forest lesbians o Accept your homosexuality sono solo una parte del grande campionario creato nell’installazione Jesus Had A Sister Productions dall’artista e scrittrice canadese Dana Wyse per offrire “la possibilità di un cambiamento personale immediato”: al prezzo di € 9,90, queste bustine con pillole-promesse di felicità si possono acquistare anche nel bookshop del Palais de Tokyo a Parigi.

Intevista al fotografo Juergen Teller
Il principio estetico del “meno piuttosto che più” appartiene anche alla tua poetica. In che modo?
Si deve pensare molto a quello che si fa. Sì, è come dici tu, rientra nella selezione dell’editing che determina quello che si vuole dire.
Prima di fare un ritratto sei solito trascorrere del tempo con il soggetto, parlandoci a lungo?
Ogni volta è diverso. Dipende dalla persona e dal tempo che si ha a disposizione. Ad esempio, ho appena realizzato dei ritratti all’artista Sophie Calle. Per farlo mi sono recato nel Sud della Francia. Abbiamo parlato, preso un caffè, ci siamo guardati intorno, abbiamo cominciato a lavorare, poi abbiamo pranzato, siamo andati avanti e tatata… Altre volte, invece, vado, faccio la foto e in cinque minuti è finito tutto. Probabilmente, per me è più importante quando il processo è più lungo, perché sono timido e nervoso.
Prima di ritrarli hai trascorso parecchio tempo con artisti e fotografi come David Hockney, William Eggleston o Nobuyoshi Araki, insieme al quale hai esposto e realizzato i libri Araki Teller, Teller Araki (2014) e Leben Und Tod (Life and Death) (2020)…
Ho trascorso molto tempo con loro perché sono degli amici.
Ma lo sono diventati dopo il vostro incontro professionale…
Sì. Questa è la magia della macchina fotografica che ti porta in luoghi dove non avresti mai pensato di andare. Anche quando si tratta di lavoro commerciale, come ad esempio con Charlotte Rampling. Avevo avuto un incarico per fotografarla per il quotidiano Libération – era il 1996 – arrivò che era di cattivo umore e mi disse che mi avrebbe dato dieci minuti per fotografarla. Naturalmente conoscevo le foto che le aveva fatto Helmut Newton e il film Il portiere di notte, perciò ero molto nervoso. Ma, dato che avevo appena pubblicato il mio primo libro con Taschen, le dissi «mi faccia un favore, dei dieci minuti che mi ha concesso ne dedichi cinque a guardare il mio libro e negli altri cinque scatterò le fotografie». Lei cominciò a sfogliare il libro e quando lo chiuse, disse che potevo prendermi tutto il tempo che volevo. Siamo diventati molto amici. (Juergen Teller guarda in direzione dell’attrice inglese, seduta tra il pubblico – ndR)
Quanto è importante la collaborazione del soggetto nella realizzazione di un buon ritratto?
Naturalmente il regista sono io, ma mi piace la collaborazione con la persona che ritraggo. Se ha un’idea ne parliamo e se la situazione va in una certa direzione, sono aperto a cambiare la mia idea iniziale per seguirla. Penso che nel lavoro sia molto importante la flessibilità del pensiero. In tedesco usiamo la parola «einfuhlsam» che vuol dire sensibile. Se si vuole fare un ritratto bisogna essere sensibili verso le situazioni e attenti alla psicologia del soggetto. Non si tratta di scattare e basta.
In altri contesti hai affermato che per te la fotografia è qualcosa di vitale ed entusiasmante…
La fotografia è uno strumento meraviglioso che apre porte. Bisogna, però, anche essere consapevoli del potere che si ha come fotografi o anche giornalisti (ride – ndR). Se vuoi mi puoi rovinare! Si deve essere sempre attenti a cosa dire e fare. Io non manipolo il potere che ho, anche se potrei far fare alle persone ciò che non fanno normalmente.
Dopo aver studiato fotografia alla Bayerische Staatslehranstalt für Photographie di Monaco, nel 1986 sei andato a Londra. All’epoca fotografavi molto nel settore musicale: hai anche seguito i Nirvana nel tour del 1991. Qual è stata l’importanza di quest’esperienza?
La musica è stata molto importante per me. Ero orgoglioso del fatto che, ad esempio, Sinéad O’Connor mi avesse chiesto di ritrarla per la copertina del disco, così come l’esperienza di aver trascorso del tempo con Kurt Cobain. Trovo che fosse un modo incredibilmente piacevole, onesto ed eccitante di lavorare e guardagnare soldi. È stato favoloso!
Manuela De Leonardis
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L’articolo "Dialogo con un grande fotografo. Intervista a Juergen Teller " è apparso per la prima volta su Artribune®.