Curve di Inter e Milan, la pezza del potere: gli striscioni come simbolo della scalata criminale degli ultras

  • Postato il 19 dicembre 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Striscione o pezza. Nel mondo ultras l’identificazione di un gruppo, il posizionamento all’interno dello stadio va ben oltre l’apparente colore del tifo per una squadra o per un’altra. C’è molto di più dietro, c’è un’espressione di potere e di controllo, di presenza sul territorio, di egemonia di un gruppo oltre il calcio. La pezza, dunque, è garante e simbolo anche di affari criminali. E la dimostrazione plastica la si è avuta nella storia breve delle due curve di Inter e Milan.

L’inchiesta della Procura di Milano e le recenti motivazioni della sentenza di primo grado ne fanno un punto rilevante nel raccontare l’evoluzione del potere sia sul fronte della Curva Nord sia sul fronte della Curva Sud. E del resto la recente notizia del ritrovamento di uno striscione del vecchio gruppo milanista dei Commandos Tigre ha rimescolato le dinamiche all’interno del direttivo che fa ancora riferimento a Luca Lucci. Che quello striscione, come spiegato già dal Fatto.it, sia vero o più probabilmente falso, in realtà poco importa. Esporlo rappresenterebbe comunque una dimostrazione di potere per quello che sono stati i Commandos nella storia del tifo milanista.

L’indagine Doppia Curva spiega quindi che i due striscioni unici di Curva Nord e Curva Sud in realtà rappresentavano di fatto le due associazioni criminali che vi stavano dietro. La Sud inizia a esporre la pezza unica già nel 2009, mentre la Nord ci arriverà più tardi. La volontà di questa scelta sarà tutta di Andrea Beretta, l’ex capo interista oggi pentito e mandante dell’omicidio di Vittorio Boiocchi. Tanto che la Squadra Mobile proprio su questo aspetto scrive: “La repentina escalation del gruppo Beretta-Ferdico fu contrassegnata da un’ulteriore forte presa di posizione da parte di Beretta, consistita nell’imporre ai capi ultras la consegna dello striscione (in gergo la “pezza”) che identificava ciascun gruppo ultras della curva”.

Quella di Beretta, che assieme a Marco Ferdico e al defunto boss Antonio Bellocco guiderà la Nord a partire dal 2022, è una scelta tutta criminale e legata agli affari. A lui, in realtà, del tifo per l’Inter poco importa. Dirà: “Lo sai benissimo io non faccio le cose per lo striscione, a me non me ne frega un emerito cazzo!”. E così “la richiesta degli striscioni, suonata come un vero e proprio ordine, è, nel mondo ultras, sinonimo dell’acquisizione del potere in seno alla tifoseria organizzata”. In curva Nord così comparirà lo striscione unico inizialmente corredato dai simboli dei vari gruppi (Viking, Boys, Irriducibili) e in un secondo momento solo con la scritta Curva Nord.

Ecco allora come gli investigatori leggono l’azione di Beretta che ai più e cioè ai tifosi normali che vanno allo stadio era sembrata solo un cambio di scritta: “ Il tempestivo ritiro degli striscioni effettivamente è stato percepito come un’azione di forza, di una strategia ben precisa già pianificata e orchestrata da Beretta nella prospettiva di riappropriarsi del potere decisionale e delle redini della tifoseria organizzata: in altre parole, relegato da Boiocchi a curare la sola parte relativa al merchandising, Beretta, con la scomparsa del primo, mise immediatamente in moto un’azione rapida e ben organizzata finalizzata a riappropriarsi dell’intera gestione degli affari della Curva”. Debora Turriello che assiema a Renato Bosetti gestiva l’affare dei biglietti dirà in proposito: “’Hai un capo che è uno psicopatico, vuole via tutti gli striscioni e vuole un unico striscione, perché non capisce quanto invece per i gruppi è importante mantenere il loro nome, si vede che dietro ci vede un altro tipo di business con lo striscione tutto unito, ma che cazzo ti devo dire”.

È il 2022. Molti anni prima, nel 2009, al secondo anello blu milanista compare per la prima volta lo striscione unico Curva Sud. “Anche in questo caso – scrive la Squadra Mobile -, come accaduto oggi con l’unificazione di Curva Nord Milano, non si trattò di una scelta indolore condivisa tra i vari gruppi, ma prevalse la volontà dei più violenti, ossia dei Guerrieri Ultras di Luca Lucci (e nell’ombra di Giancarlo Lombardi) e delle Brigate Rossonere di Carlo Giovanni Capelli”, più noto come il Barone. Negli anni successivi in curva torneranno le vecchie pezze delle Brigate e soprattutto della Fossa dei Leoni, ma è solo un’operazione di marketing orchestrata da Lucci per attirare più persone.

Non comparirà invece più lo storico striscione dei Commandos Tigre, il gruppo più antico del tifo milanista. Il suo ritiro definitivo è un altro passaggio cruciale della scalata al potere di Lucci. Avviene nell’aprile del 2016 durante un partita casalinga contro la Juventus. Commandos Tigre che erano già stato messi nell’angolo a partire dal 2007 dopo due tentati omicidi a carico di importanti rappresentanti del gruppo.

La vicenda è ben spiegata nelle motivazioni della sentenza della giudice Rossana Mongiardo: “Nel 2016 la Curva Sud entrava in contrasto con i Commandos Tigre, che, di conseguenza, venivano costretti a uscire di scena con una serie di azioni di prevaricazione da parte degli esponenti della Curva Sud. All’interno della Curva, erano invece sopravvissuti, come sottogruppi affiliati, quello denominato Estremi Rimedi, Vecchia Maniera, i quali continuavano a esporre gli storici striscioni Brigate Rosso Nere e Fossa dei Leoni”.

Aprile 2016, dunque, al Meazza si gioca Milan-Juventus. Al primo anello blu i Commandos hanno messo il loro grande striscione. Poi il blitz del gruppo di Lucci che costringe a levarlo posizionando la pezza di Curva Sud. “Si trattò – scrive il giudice – come è facilmente intuibile, di una vera e propria esibizione di forza e di definitiva presa di posizione della Curva Sud che, dopo aver atteso le scontate operazioni di rimozione dello striscione da parte dei Commandos Tigre, confluì, in numero massiccio creando disordini e caos”. Insomma, le pezze ultras sono simbolo di potere e controllo.

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