Auto, ecco 27 nuovi marchi

  • Postato il 6 settembre 2025
  • Di Panorama
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Tra le grandi sfide che l’industria dell’auto italiana ed europea si trova ad affrontare c’è l’arrivo o il consolidamento di nuovi marchi sul mercato, in grandissima parte cinesi. L’ultimo annuncio è di  Xiaomi, che ha confermato lo sbarco nel Vecchio continente con i suoi primi modelli già nel 2027. Una vera e propria invasione, spinta dalle nuove tecnologie, da una concorrenza sempre più agguerrita e dall’evoluzione del consumatore meno legato alla tradizione, più difficile da fidelizzare perché stimolato continuamente dalle novità.

Una realtà con la quale occorre già oggi fare i conti e un ulteriore problema per il comparto automobilistico domestico che sta attraversando una fase di profondo cambiamento, colpito dalla crisi generata dalla transizione ecologica. I nuovi brand già arrivati o che arriveranno sulle nostre strade entro il 2028 sono ben 27, per il 90 per cento cinesi di origine e proprietà, secondo l’analisi elaborata del Centro Studi di Quintegia, società italiana di ricerca in grande sviluppo.

Negli ultimi quattro anni, dal 2021 al 2024, qui da noi hanno debuttato 18 marchi ed entro il 2028 ne arriveranno altri 9. Ma già oggi, queste nuove case hanno conquistato una fetta non trascurabile del segmento del nuovo, passando dal 3,7 per cento del primo trimestre dell’anno scorso, al 5,8 del primo trimestre 2025. 

La situazione è più affollata sul fronte europeo, dove i nuovi arrivi sono oltre 40 (43 per l’esattezza). La situazione dunque è assai effervescente dopo lunghi periodi caratterizzati dal consolidamento dei brand esistenti e da pochissimi nuovi soggetti, in una condizione di quasi monopolio da parte delle storiche case automobilistiche. Basti pensare che tra il 2010 e il 2020 si sono affacciati alla competizione solo tre nuovi gruppi: Tesla, Polestar (il comparto sportivo di Volvo, la storica casa svedese oggi di proprietà dei cinesi di Geely) e Cupra di Volkswagen-Seat.

Le nuove realtà si sono invece moltiplicate a partire dai primi anni del decennio corrente, in particolare con una spinta fortissima dei produttori del Dragone. MG, storico marchio di vetture sportive inglesi, dal 2021 di proprietà di SAIC, oggi vale da solo il 3,6 per cento del mercato italiano. BYD, che compete con Tesla per il primato nella produzione di auto elettriche, ha raggiunto in pochi mesi di presenza alle nostre latitudini lo 0,9 per cento delle vendite. Poi ci sono tanti brand ancora marginali, tutti sotto lo 0,5 per cento. Nomi ancora poco noti da noi, come Omoda e Jaecoo del gruppo Chery. DR Automobili, società italiana con partnership cinesi, ha lanciato diverse realtà come EVO, Sportequipe, Tiger e ICH-X. Al già citato gruppo Geely appartiene Lynk & co, che si è fatto notare per offrire, in alternativa all’acquisto, la possibilità di affittare il suo modello 01 anche per brevi periodi. Altri gruppi da citare: EMC (Eurasia Motor Company), Leapmotor (che ha un’importante partnership con Stellantis), KGMobility (o KGM) e DFSK.

Fra le novità attese a breve anche in Italia vi sono ONVO e Firefly (sub brand di NIO), Denza (il lusso secondo il gruppo BYD), la vietnamita VinFast, il redivivo e rilanciato marchio spagnolo EBRO, un tempo noto per i veicoli commerciali e oggi impegnato nei Suv. A questi potrebbe aggiungersi anche la new entry turca TOGG.

Naturalmente per poter consolidare i risultati, a questi brand emergenti serve una rete vendita e post vendita adeguata. In Italia, secondo un studio di Quintegia, le auto di nuove case possono già contare su oltre 800 vetrine e, considerato l’alto tasso di crescita già registrato, i mandati di queste nuove realtà sono piuttosto ambiti. Gli imprenditori-concessionari che rappresentano gli emergenti in Italia sono più di 400.

E questo perché l’offensiva dei nuovi arrivati sta trovando riscontri importanti tra i consumatori, in particolare tra i più giovani. Le realtà emergenti, focalizzate su veicoli elettrici e nuove tecnologie, sono percepite dal mercato, sempre più esigente, come portatrici di innovazione utile a migliorare l’esperienza di guida e il comfort. In molti casi hanno un design attraente e un miglior rapporto qualità-prezzo rispetto ai marchi tradizionali. I dati lo confermano. Sempre secondo lo studio citato, il 44 per cento degli acquirenti si dichiara pronto a prendere in considerazione i “debuttanti”, percentuale che sale al 74 per cento tra i giovani nati della generazione Z.

«Bisogna vedere quanto pesano sul mercato questi marchi. La maggior parte ha vendite limitate», sottolinea Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae, l’associazione che riunisce le case automobilistiche estere che vendono in Italia, e dice di guardare i numeri con cautela. «Infatti, a parte i big, che si sono legati a grandi distributori e a reti di assistenza, gli altri fanno fatica. Certo, quelli che sbarcano in Europa sono alla pari sul piano del software – se non più avanti rispetto ai nostri marchi – e c’è il fattore costo che li avvantaggia. Ma parlare di invasione mi sembra esagerato. In Cina sono nati centinaia di brand, in gran parte sussidiati dal governo, altri di iniziativa privata ma molti di loro sono già in crisi. E poi in Europa ci sono ancora resistenze culturali verso il made in China».

Eppure, tra luci e ombre, la valanga cinese sta suonando la sveglia all’industria dell’auto europea.

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Panorama

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