Arte salvata dalle bombe. A Mestre i capolavori del Museo di Le Havre 

  • Postato il 18 aprile 2025
  • Arte Moderna
  • Di Artribune
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Cent’anni dopo la sua fondazione, il Museo di Belle Arti di Le Havre si trova a ricominciare da zero. Il 1945 è un anno di dolorosa ripartenza, di doverosa ricostruzione, per tutta l’Europa e anche per il museo francese, pesantemente colpito dai bombardamenti dell’anno precedente. Per sedici anni Le Havre resta senza il suo museo, che riapre ufficialmente nel giugno 1961 con il nuovo nome di Musée d’art moderne André Malraux (MuMa), dedicato al Ministro francese che tanto aveva promosso la sua ricostruzione. La mostra Arte Salvata. Capolavori oltre la guerra dal MuMa di Le Havre al M9 – Museo del ‘900 di Mestre intende mostrare al pubblico italiano oltre 50 opere scampate al bombardamento, grazie ad un’attenta operazione di prevenzione. Abbiamo chiesto alla direttrice del museo veneziano Serena Bertolucci, alla curatrice Marianne Mathieu e alla direttrice del MuMa Geraldine Lefebvre di raccontarci la genesi di questa mostra e la storia del Museo di Le Havre.

Claude Monet, Il Parlamento di Londra, Effetto Nebbia, 1903 © MuMa Le Havre / David Fogel
Claude Monet, Il Parlamento di Londra, Effetto Nebbia, 1903 © MuMa Le Havre / David Fogel

Intervista alle curatrici della mostra “Arte Salvata”

Quali sono i punti di contatto tra Mestre e Le Havre e in che modo la mostra li evidenzia? 
Il senso di questa unione ruota intorno al concetto di rigenerazione urbana attraverso la cultura, campo in cui Le Havre è pioniera a livello europeo e all’interno della quale Mestre, oggi, ricopre un ruolo di rilievo a livello italiano. La memoria della rigenerazione, quella idea straordinaria del museo che cresce con la città, partecipato e partecipante, che Le Havre delinea fin dal 1845, è carburante ed energia per la rigenerazione culturale di oggi, che ha ancora a che fare con le medesime tematiche: accessibilità, identità, condivisione, partecipazione. Provare a ricollocare la necessità di rigenerazione al di fuori della retorica ma alla luce di esempi precedenti, credo possa fare la differenza. Resta poi un ulteriore richiamo che ci viene fornito dall’anniversario della fine del secondo conflitto mondiale e dalla contemporanea esistenza, in questo momento, di conflitti che scuotono il nostro pianeta. Quale può essere il ruolo della cultura anche qui in ottica rigenerativa e ricostitutiva dopo i conflitti? Come sono chiamati ad agire oggi i musei in questo contesto? Anche qui l’esempio di Le Havre apre lo spazio a numerose riflessioni alle quali non ci possiamo sottrarre.
 
Da cosa nasce l’idea di questa mostra?
Nella sua prima domanda, lei chiede cosa ci ha portato a scegliere. Le collezioni del Musée du Havre sono tra le più ricche di Francia e sono le più ricche collezioni impressioniste del XIX secolo, dopo Parigi. Non avendo mai viaggiato, rimangono poco conosciute, soprattutto al di fuori della Francia. Il nostro intento primario è stato quello di selezionare i gioielli di questa collezione di grande interesse nazionale.
 
In effetti, l’esposizione è l’occasione per mostrare capolavori di maestri della pittura francese, che hanno operato a Le Havre…
Quello che ci interessava era ovviamente condividere una scoperta, e mostrare gli artisti più celebri e quelli meno celebri, ma anche e soprattutto sottolineare l’importanza della città di Le Havre come centro artistico di primo piano nella storia dell’arte francese. Le Havre è soprattutto il luogo di nascita dell’Impressionismo. Claude Monet vi giunse all’età di cinque anni. Studiò con i suoi maestri Boudin e Jonquine, le cui opere sono esposte nella mostra. E fu a Le Havre che dipinse il famoso Impressione, sole nascente, che diede il nome agli impressionisti. Con lui e intorno a lui, molti artisti, tra cui Renoir e Sisley, sono presenti nella mostra. È evidente che Le Havre è un centro culturale importante nella storia dell’arte francese. Ma non solo. Ha continuato a esserlo anche all’inizio del XX secolo. Grazie alla presenza di collezionisti locali estremamente dinamici, era diventata un importante centro espositivo, con opere d’avanguardia. 
 
Ad esempio?
Due artisti locali, in particolare, avrebbero incarnato e colto le innovazioni del nuovo secolo: Raoul Dufy e Auton Friese, che rappresentano l’interpretazione locale del Fauvismo e del Cubismo. Le Havre, attraverso queste figure principali, emerge quindi come luogo di influenza per le avanguardie pittoriche del primo Novecento. 

La storia del MuMa di Le Havre

Com’è nato il museo di Le Havre e in che modo i suoi capolavori si sono salvati dai bombardamenti del 1944?
Nel 1845, la città in piena espansione costruì da zero un museo-biblioteca per illustrare il suo potere e la sua influenza. Tra il 1845 e la Seconda Guerra Mondiale, le collezioni furono arricchite da una serie di opere importanti. Tra queste, i dipinti di Monet, donati alla città nel 1910, e quelli di Gauguin, Renoir e dei preimpressionisti. All’epoca della Prima Guerra Mondiale, la Francia fu scossa dalla portata dei primi bombardamenti, in particolare dalla distruzione della Cattedrale di Reims. Fu quindi organizzato un piano di salvataggio per le opere d’arte. Ed è proprio questo piano di salvataggio che è stato messo in moto durante la Seconda Guerra Mondiale. Così, nel 1942, i dipinti di Le Havre furono trasportati nei castelli del dipartimento di Sarthe (nella Loira), trasformati in depositi d’arte ufficiali. Purtroppo, le sculture (troppo pesanti per essere trasportate) non poterono essere salvate e furono distrutte durante i bombardamenti. L’80% della città di Le Havre fu distrutta e dovrà essere ricostruita quasi da zero.
 
La ricostruzione di Le Havre è un grande esempio di rivincita sulla distruzione delle guerre. In che modo è rinato il museo?
Ad Auguste Perret fu chiesto di progettare una nuova città, il cui centro storico è oggi patrimonio mondiale dell’UNESCO. Il museo è uno degli elementi fondamentali della rinascita di Le Havre: viene concepito come una casa aperta a tutti, come una scatola di vetro aperta sulla città dove gli abitanti potranno imparare divertendosi, senza dover avere una conoscenza accademica delle opere e del patrimonio. Il museo è visto come una casa per tutti, una “casa della cultura”, per usare le parole di André Malraux, il Ministro della Cultura dell’epoca. La storia del Musée du Havre, la sua distruzione e ricostruzione, illustra la vitalità e la preziosità del nostro patrimonio e la necessità di salvaguardarlo. 
 
Cosa caratterizza oggi il Musée du Havre?
Le collezioni del Musée du Havre hanno continuato ad arricchirsi da quando il museo è stato riaperto all’inizio degli Anni Sessanta, e non di poco. Nel 1963 la vedova del già menzionato Raoul Dufy donò un rilevante nucleo di opere d’avanguardia, in particolare Fauves. Nel 2004, un’importante collezione impressionista è stata donata al Musée du Havre dalla collezione Senn. Ne abbiamo alcuni magnifici esempi in questa mostra, in particolare uno proveniente da Vétheuil. 
 
Sebbene il conflitto che ha distrutto il museo si sia concluso 80 anni fa, siamo ben lontani da un mondo senza guerre. La mostra vuole far riflettere anche sul patrimonio artistico attualmente in pericolo?
Esatto, con questa mostra vogliamo sottolineare come l’arte sia una base di partenza per l’unità, uno spazio vitale in cui ci riconosciamo e in cui ci uniamo al di là delle guerre.

Alberto Villa

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Artribune