Zuppi cambia rotta: la Cei riapre alle coppie omosessuali sfidando Leone XIV

  • Postato il 23 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Uscito dalla porta della chiesa, rientra dalla finestra della sacrestia. È il documento della Cei «Perché la gioia sia piena» che, invece di ispirare letizia, ha procurato la gastrite a papa Francesco poco prima di morire e ora rischia di provocare, per motivi opposti, analoga fastidiosa dispepsia a Leone XIV. Bocciato senza appello sei mesi fa dal Sinodo dei vescovi (854 votanti, 835 no), viene ripresentato sabato alla stessa assemblea, presieduta dal cardinal Matteo Zuppi, senza sostanziali modifiche. Il pronunciamento riguarda temi scottanti come l’apertura alle donne per ruoli di responsabilità, il mondo omosessuale e transgender, il trattamento dei divorziati risposati.

«Molte parti sono poco chiare e necessitano di un’elaborazione più approfondita», avevano commentato numerosi prelati respingendo lo scritto proposto dagli uffici della Conferenza episcopale con una maggioranza storicamente mai così schiacciante. A suscitare la rivolta silenziosa delle tonache erano stati soprattutto gli articoli 30 e 31 nei quali veniva trattata «una maggiore inclusività nella gestione dell’accompagnamento delle persone in situazioni affettive particolari» come gay e comunità Lgbtq+. La bocciatura era stata bipartisan. Il no dei tradizionalisti riguardava l’apertura troppo esplicita alla sessualità e a mondi «per i quali la morale cattolica non può fare le funzioni della psicologia»; il no dei progressisti per la timidezza rispetto alla rupture voluta da Francesco.

Una lettera scarlatta in piena regola, un casus belli che avrebbe meritato l’oblio e la rielaborazione in toto del documento. Invece la bozza arrivata la scorsa settimana sulle scrivanie dei 220 vescovi operativi dell’assemblea era praticamente identica alla carta respinta ad aprile. Con gli stessi punti di rottura e le stesse ambiguità (come ha anticipato il quotidiano Il Tempo) alla base del «non possumus» che aveva mandato su tutte le furie Jorge Bergoglio, convinto di poter operare l’ultima spallata. Un blitz non riuscito allora, che i vertici della Cei guidati dal cardinal Zuppi confidano di imporre a scenari cambiati, equilibri cambiati e soprattutto Papa cambiato.

La decisione testimonia di una resistenza al nuovo corso che alberga dentro gli uffici che contano della Conferenza episcopale italiana, ancorata a posture e linguaggi che non tengono conto delle nuove sensibilità in Vaticano e confliggono sempre più apertamente con il «metodo Prevost», per il quale diplomazia e profondità di riflessione dovrebbero fungere da spirito guida. Con l’ultima parola affidata al Santo Padre che, non a caso, tenne a ribadire nei primi giorni di pontificato che «la Chiesa non è una democrazia». Difficile convincere il Sinodo, in questi anni assurto a ruolo di Corte costituzionale con potere di indirizzo.

La funzione era facile da interpretare quando il cardinal Zuppi era una sorta di alter ego politico di papa Francesco, in perfetta sintonia con lui. Oggi tutto è più complicato, con il rischio di creare un contrappeso rispetto a Leone. Lo si evince anche sul delicatissimo tema del suicidio assistito. Mentre il nuovo pontefice continua a sottolineare il fondamento dottrinale della sacralità della vita tenendosi lontano dal dibattito parlamentare in atto (dove parte della maggioranza è incline a non legiferare per mantenere lo status quo), la Cei di Zuppi non manca di spingere verso un provvedimento con fughe in avanti, dando l’impressione di non scostarsi tropppo dalle proposte del Pd, formalizzate nella bozza presentata in Senato da Alfredo Bazoli.

La sinistra rimane un punto d’appoggio forte per una quota non minoritaria dei vescovi, che faticano a rientrare nei ranghi. Ed è singolare notare che un organismo così storicamente schierato contro il federalismo in tutte le sue manifestazioni istituzionali (il vicepresidente, monsignor Francesco Savino, disse che «sarebbe un pericolo mortale per il Paese, un autentico Far West»), pretenda di continuare a esercitare un’autonomia decisionale che comincia a percepirsi «divisiva» all’interno della Chiesa. Anche per questo i rapporti personali fra Leone XIV e Zuppi paiono tutt’altro che idilliaci.

Così torna alla luce il documento contestato che i vescovi dovranno votare per la seconda volta dopo averlo clamorosamente bocciato. Dentro c’è tutta la filosofia dell’accoglienza di papa Francesco: gay, transessuali, nel segno di quel «todos, todos, todos» a costo di andare contro l’insegnamento del catechismo. Sei mesi fa, dopo la disfatta in aula, l’allora speaker dell’assemblea, monsignor Erio Castellucci – arcivescovo di Modena-Carpi altrimenti noto per essere stato uno degli sponsor del leonka Luca Casarini -, ammise che «le moltissime proposte di emendamento richiedono un ripensamento globale del testo». Una dichiarazione che gli costò una reprimenda da parte di Francesco, convinto che il documento dovesse passare così com’era. 

Ora la Cei ci riprova con uno scoglio non banale da superare: non è cambiato il testo ma è cambiato il Papa.

Autore
Panorama

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