Zucchero: «Sono ancora quello che ha iniziato in parrocchia»
- Postato il 24 aprile 2025
- Di Panorama
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«Il primo tour l’ho fatto nelle canoniche dell’Emilia la domenica pomeriggio. Eravamo i Lords Flowers, cioè io, un mio amico delle elementari piuttosto cicciottello e una ragazzina con le treccine che avrei voluto fosse la mia morosa. A quei tempi, ero snello, magro come una acciuga…. Avevamo una sola locandina fatta a mano: la attaccavo alla porta della chiesa la mattina, poi la staccavo e me la riportavo a casa» ricorda Zucchero a pochi mesi dal suo settantesimo compleanno (il 25 settembre)» Che tempi! Era un’Emilia alla Don Camillo e Peppone: mio zio marxista duro e puro che discuteva tutti i giorni davanti al pozzo pubblico con il prete soprannominato Don Tagliatella. Erano su fronti radicalmente opposti, ma si rispettavano. A casa mia, nonostante nessuno frequentasse la chiesa, era assolutamente proibito bestemmiare, altrimenti volavano ceffoni…» ricorda prima di tornare ai Lords Flowers.
“Per far cadere nel cappello qualche moneta da 50 o 100 lire facevamo un po’ di tutto: dalle imitazioni di Stanlio e Ollio, io ero Stanlio, ai nostri pezzi, un po’ folk e un po’ folkloristici, cose tipo “Un gallo mi svegliò quel mattino e disse io di colpe non ne ho”. Poi c’era il momento cult, la mia imitazione di Ruggero Orlando (giornalista Rai, il primo corrispondente dalla Grande Mela; ndr): “Qui Nuova York, vi parla Ruggero Orlando”. Era un personaggio mitico con una erre moscia incredibile» ricorda riavvolgendo il nastro di una vita e di una carriera andata oltre ogni sua aspettativa: «Volevo solo vivere di musica, non avrei mai pensato di diventare una star, di vendere milioni di dischi. Mi sono sposato giovane e a 23 anni avevo già una figlia. Dovevo mettere sù casa, così dal lunedì al venerdì andavo a Milano a volte anche in autostop. Bussavo alle tante case editrici proponendo le mie canzoni da far interpretare a qualche altro artista. Per anni la risposta è sempre stata la stessa: bello l’inciso, ma la strofa non funziona. Allora rifacevo la strofa e la risposta era: buona la strofa ma il ritornello adesso non va. Boh, forse avevano ragione loro. Mi sono salvato grazie a due pezzi, uno l’ho dato a Fred Bongusto che avevo incontrato alla Bussola (storico locale della Versilia; ndr) e uno ad un artista agli esordi che si chiamava Michele Pecora. Entrambi i brani sono andati in classifica e questo fatto mi ha permesso di guadagnare qualcosa e di avere la forza e quel po’ di autostima che mi serviva per continuare a coltivare il mio sogno» spiega.
Altri tempi. Di album Zucchero ne ha venduti sessanta milioni, girando il mondo in tour come nessun altro artista italiano, riempiendo per 54 volte, ad oggi, l’Arena di Verona (oltre 600 mila spettatori). Un record. A giugno, il ritorno in quattro stadi, la prima a volta al Circo Massimo e poi, ancora, Verona «Il 25 settembre festeggio i settanta con l’ultimo di sette nuovi spettacoli all’Arena. Arriva lì gente da tutta Europa, dall’Australia, dagli Stati Uniti, vengono per ascoltare me in un luogo mitico. La scommessa di convogliare il mio pubblico nell’anfiteatro più bello del mondo si è rivelata vincente ».
Zucchero che si racconta è una formidabile macchina del tempo, fatta di incontri collaborazioni, aneddoti e immagini indimenticabili. Coma la fotografia che appare nel documentario (Zucchero – Sugar Fornaciari, disponibile su Amazon Prime) che lo ritrae insieme a Luciano Pavarotti a bordo di uno scooter, entrambi felici come ragazzini. «Mica facile sedersi su un motorino con Luciano… Lui era così, una star planetaria che aveva conservato una quota della sua fanciullezza e un’attitudine da bambino discolo. Quella volta eravamo nella sua casa di Pesaro. A un certo punto mi dice: dai Ciccio, andiamo a fare un giro. Tra i ricordi della nostra amicizia ci sono tantissimi momenti divertenti a base di merende, scampagnate e gite per le strade di New York» sottolinea.
Ha assistito all’aurora boreale a Tromso, in Norvegia, suonando il Va pensiero alla chitarra per Robert Plant, l’ex frontman dei Led Zeppelin, è rimasto in mutande in un camerino di Firenze dopo aver regalato i suoi pantaloni di pelle a Eric Clapton («mi aveva detto che gli piacevano moltissimo») e dalle Maldive è volato a New York per incidere Dune Mosse con Miles Davis. «Ero alle Maldive per cercare di salvare il mio matrimonio, quando mi arriva una telefonata: “Miles Davis ti aspetta a New York”.
Mi precipito. Una volta finita la session di registrazione, mi dice: in questo punto della canzone dovresti inserire un rullante”. Ok, ho capito, gli rispondo, e lui: “No, non hai capito proprio niente”. La gag va avanti per un po’ e, a un certo punto, Miles si esibisce in un’espressione del viso che mi fa scoppiare in una fragorosa risata. Peccato che insieme alla risata mi scappi un piccolo sputo che arriva dritto sul suo volto. Diciamo che non l’ha presa bene. Poi, siamo andati a mangiare in un ristorante italiano e ho scoperto il lato dolce e gentile del suo carattere» rivela Zucchero che ha ancora vivo il ricordo di una colossale sbronza di Joe Cocker. «A Napoli, lo aspettavo sul palco al momento dell’urlo di With a little help from my friends dei Beatles… Lo vedo arrivare in scena, in ritardo, con un cappello in testa, barcollando, si avvicina al microfono e, al posto dell’urlo, dalla sua bocca esce solo un po’ d’aria. Poi, crolla a terra, lo rimetto in piedi, lui mi guarda e dice;: “strange night, tonight” e se ne va tra i fischi del pubblico. Ho suonato ancora un paio di pezzi e poi me ne sono andato pure io».
Zucchero – Tour 2025
19 GIUGNO – Stadio del Conero – ANCONA
21 GIUGNO – Stadio San Nicola – BARI
23 e 24 GIUGNO – Circo Massimo – ROMA
26 GIUGNO – Stadio Olimpico Grande Torino – TORINO
28 GIUGNO – Stadio Euganeo – PADOVA
16, 17, 19, 20, 22, 23, 25 SETTEMBRE: ARENA DI VERONA