Zohran Mamdani: gli Stati Uniti a una svolta?

  • Postato il 7 novembre 2025
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  • Di Paese Italia Press
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L’avvenimento politico dell’anno e forse del decennio. Le elezioni per il nuovo sindaco di New York e la travolgente campagna elettorale di Zohran Mamdani rischiano di travolgere anche la politica nazionale, degli Stati Uniti.

Zohran Mamdani, “fiume in piena” di questa campagna, secondo i sondaggi ha già la vittoria in tasca. Trentaquattrenne socialista, musulmano, nato in Uganda da genitori indiani – ha via via ricercato un messaggio semplice quanto inedito per un democratico americano. Mamdani non attacca Donald Trump, ma il costo della vita con cui si deve confrontare chi vive a New York. Quali sono i suoi punti di forza? Una comunicazione brillante ed efficace sui social e una capacità straordinaria – come non lo si vedeva da tempo – di mobilitare giovani volontari per il porta a porta. Non solo, Mamdani ha generato un effetto generazionale che ha portato e sta portando ai seggi migliaia di persone. Un numero record di newyorkesi – 735.317 – si è recato alle urne nei primi nove giorni di voto anticipato a New York, il 20% dei quali giovani tra i 25 e i 34 anni. Tutto questo nell’ambito, tra l’altro, di una settimana decisiva per gli Stati Uniti, almeno per l’agenda politica di fine anno, che vede grande attesa per il primo vero test elettorale dalla rielezione di Trump. Mercoledì poi ci sarà una udienza alla Corte Suprema sul potere o meno del presidente di imporre i dazi e tra 24 ore lo shutdown – la chiusura da parte della pubblica amministrazione – iniziato il 1° ottobre sarà il più lungo di sempre, con migliaia di servizi bloccati in tutto il paese. Ma quali sono le idee “rivoluzionarie di Mamdani? Nella sua agenda, propone il congelamento degli affitti per quattro anni a New York, autobus gratis e assistenza all’infanzia garantita per tutti. Come fare per realizzare queste promesse elettorali? L’aspirante primo cittadino propone di aumentare le imposte all’1% dei newyorkesi più ricchi, con redditi superiori a 1 milione di dollari. Questo genererebbe 4 miliardi di dollari di entrate fiscali. Mamdani propone di aumentare l’aliquota alle aziende all’11,5%, per eguagliare quella del New Jersey, generando circa 5 miliardi di dollari all’anno. Un programma che ha come nemico il carovita e che non propone né battaglie culturali né ideologiche. Un programma che ha trasformato un deputato locale, noto a malapena agli elettori del suo collegio di Astoria, in uno sfidante capace di travolgere l’ex sindaco Eric Adams, ritiratosi dopo vari scandali e lo stesso ex governatore Andrew Cuomo, sconfitto nelle primarie democratiche e rallentato da accuse per molestie sessuali, senza però rinunciare a correre da indipendente. Secondo le ultime rilevazioni Mamdani è primo nei sondaggi di oltre 10 punti. La battaglia per New York va ben oltre i confini della città? Con un’economia metropolitana da oltre 2,3 trilioni di dollari, più grande di quella del Canada, The Big Apple rappresenta da sola circa il 9% del Pil americano. Anche in politica, New York ha sempre avuto un’influenza importante. I suoi donatori stanziano più fondi per le campagne federali di quelli di qualsiasi altra città, fatta eccezione per l’area metropolitana di Washington D.C. Alla Casa Bianca, del resto, risiede oggi Donald Trump, un newyorkese doc, circondato dai concittadini Steve Witkoff e Howard Lutnick, rispettivamente il suo inviato per la pace e il suo segretario al commercio. Altri due newyorkesi, Chuck Schumer e Hakeem Jeffries guidano i democratici rispettivamente al Senato e alla Camera. L’1% più ricco dei newyorkesi rappresenta oltre il 40% delle entrate fiscali della città. Ma la città, diversamente dal passato, non crea più così tanti posti di lavoro e alcuni dei suoi residenti se ne stanno andando. Parimenti, per i residenti “comuni” la Grande Mela è diventata inaccessibile. Gli affitti medi sono più del doppio della media delle 50 città più grandi d’America. Il costo degli asili nido è aumentato di oltre il 40% negli ultimi cinque anni. Ecco quindi Mamdani che nei suoi video dirompenti ha concentrato la sua narrazione sull’idea di “riprendersi la città”: un messaggio che ha preso via via sostanza in una metropoli dove la polarizzazione economica è divenuta insostenibile e il ceto medio si sente sempre più escluso e “fuori gioco”. New York, laboratorio democratico? Crediamo di sì.La sua vittoria alle primarie e la sua probabile elezione a sindaco hanno anche una rilevanza nazionale. La frattura generazionale dentro il partito democratico in primis e l’irritazione di molti verso una leadership ritenuta debole e conservatrice. La capacità – innata – di utilizzare con efficacia e freschezza nuove forme di comunicazione politica che nel 2024 Trump ha dimostrato di saper maneggiare molto meglio. Infine l’attenzione a temi oggi particolarmente sentiti dagli elettori, costo della vita e questioni abitative in assoluto. Cosa succedere nelle prossime settimane? Il voto del 4 novembre non dirà soltanto chi guiderà New York, potrebbe indicare la via al resto degli Stati Uniti che puntano a una versione di sé diversa da quella che Trump sta forgiando attraverso modi fino ad oggi sconosciuti.

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