Xylella in Basilicata è allarme: «Individuata a 4 km dal confine»

  • Postato il 19 maggio 2025
  • Notizie
  • Di Quotidiano del Sud
  • 2 Visualizzazioni

Il Quotidiano del Sud
Xylella in Basilicata è allarme: «Individuata a 4 km dal confine»

Share

Salvatore Infantino, dirigente dell’Osservatorio fitosanitario Regione Puglia, lancia l’allarme Xylella per la Basilicata minacciata da due sottospecie, la più pericolosa trovata a Minervino


La Xylella è alle porte della Basilicata. La variante “Pauca”, quella più aggressiva con gli ulivi, è stata individuata a Minervino, a quattro chilometri dal confine lucano. La variante “Multiplex” a ridosso di Montescaglioso. Poi c’è la “Fastidiosa Fastidiosa”, meno presente ma che è sempre nei paraggi. Nello scacchiere del pericolo per l’agricoltura questo batterio ha messo in campo tra Puglia e Basilicata due sottospecie capaci di insidiare i raccolti almeno da due diverse angolature. Come si è difesa la Puglia? Cosa deve fare la Basilicata? Ne abbiamo parlato con Salvatore Infantino, dirigente Osservatorio fitosanitario della regione Puglia, che non ha dubbi: «Con la Xylella si deve agire con logiche da Protezione Civile».

Qual è la situazione in Puglia e quali sono i dati più recenti che indicano un’espansione della Xylella ai confini lucani?

La premessa è che in Puglia abbiamo trovato tre sottospecie di Xylella. Nel 2013 abbiamo scoperto la “Pauca”, che ha colpito prevalentemente l’ulivo. È stata la “Pauca” a causare il dramma del Salento, determinando una perdita drammatica in termini economici. Come servizio fitosanitario abbiamo svolto un’attività capillare di monitoraggio dell’insetto vettore sul territorio, con circa 150 siti dove i tecnici hanno prelevato gli insetti e li hanno analizzati in laboratorio per capire se fosse ro vettori o meno del batterio. Applicando questa strategia abbiamo trovato a Triggiano, vicino a Bari, un’altra sottospecie di di Xylella che è chiamata “fastidiosa fastidiosa” e che attacca prevalentemente la vite e il mandorlo. Pensi che in California ha causato la morte di oltre 30.000 ettari di viti. Il ceppo che abbiamo trovato qui è il primo in Europa. Poi è venuta fuori anche la “Multiplex”, un’altra sottospecie.

La Multiplex, proprio la sottospecie segnalata a ridosso di Montescaglioso e Matera…

Esatto. Però devo chiarire una cosa: ognuna di queste sottospecie sottende un quadro epidemiologico molto diverso. Mi spiego meglio: la “Pauca” ha causato un forte impatto economico, sociale ed anche paesaggistico in Puglia. La “Fastidiosa Fastidiosa” invece non ha causato sinora danni così rilevanti. L’abbiamo trovata mentre cercavamo la Pauca ma non c’erano piante che morivano per questo, quindi il quadro epidemiologico è già diverso. Quello della “Multiplex” è batterio che non ha creato finora danni così evidenti. Quindi la pericolosità di ciascuna di ciascuna di queste specie è molto diversa. Per quanto riguarda la Basilicata, nelle vicinanze di Matera, sul lato pugliese, dove ci sono piante con “Multiplex”, abbiamo raccolto finora quasi 50mila campioni.

Allarme Xylella, come evitare adesso che il batterio si insedi anche in Basilicata?

Quando si riscontra la presenza di una pianta infetta bisogna vedere quanto è estesa l’infezione e mettere in campo un’attività di monitoraggio nell’area circostante per capire la dimensione del focolaio. Noi arriviamo a fare anche 140-150mila campioni di piante all’anno: questo è un passaggio fondamentale per tutelare i territori. Se ci si accorge per tempo della presenza di un organismo nocivo, che magari fino a qualche settimana prima non c’era, si possono mettere subito in campo misure fitosanitarie di eradicazione per rendere indenne la zona. Questo batterio non è solo pericoloso per l’agricoltura, ma anche per le attività vivaistiche che, oltre alla distruzione delle piante, scontano anche il blocco forzato della movimentazione delle loro merci.

Quali sono i vettori principali che contribuiscono allo spostamento della Xylella? Si tratta di fattori naturali o c’è lo zampino dell’uomo?

E’ vera soprattutto la seconda ipotesi. Il batterio non ha strutture di movimento proprie. Quindi se non ci fosse l’insetto vettore, il batterio non si potrebbe muovere e rimarrebbe fermo. Se la “Pauca” fosse arrivata con una piantina di caffè, per esempio, sarebbe rimasta lì e non avrebbe causato i danni che abbiamo registrato in Puglia. L’insetto vettore, chiamato in gergo “sputacchina” perché secerne un liquido che richiama la saliva, si nutre della linfa della pianta e, quando la punge per assorbire il nutrimento, rilascia il batterio. Gli studi dimostrano tuttavia che questo insetto ha un raggio d’azione molto limitato: potremmo dire qualche chilometro all’anno. Si sposta in maniera trascurabile. E’ il trasporto passivo, quello creato dagli uomini, a creare il problema. Sappiamo per esempio che l’insetto è molto attratto dai colori accesi: può aggrapparsi anche ad un pullman o ad una macchina, aprendo così facilmente nuove zone di propagazione.

Considerando l’esperienza pugliese ormai più che decennale, quali sono gli errori da non ripetere e le lezioni apprese che la Basilicata dovrebbe fare proprie per affrontare questa emergenza?

La lezione fondamentale è che il servizio fitosanitario deve agire con la logica della Protezione Civile. Non si può perdere tempo perché se si permette al batterio di insediarsi nel territorio e se non si interviene subito poi diventa impossibile eradicarlo. A Minervino, per esempio, abbiamo trovato una pianta infetta: è stata abbattuta, così come quelle suscettibili di avere lo stesso problema nel raggio di cinquanta metri. Ma non solo: le nostre strategie operative ci hanno portati a controllare ogni albero di ulivo nel raggio di 400 metri: finora abbiamo fatto 6000 campioni, tutti risultati negativi. L’obiettivo era capire se il batterio si fosse già diffuso oppure se avevamo trovato il paziente zero, per dirla con un linguaggio in uso ai tempi del Covid. Naturalmente prima di procedere con gli abbattimenti abbiamo fatto due riunioni con il Comune, prima con il sindaco, poi con la popolazione, spiegando ai diretti interessati e alla popolazione che se vogliamo salvare un territorio bisogna intervenire presto e ci vuole la collaborazione degli agricoltori.

Al momento quale è la situazione sull’allarme Xylella sul confine tra Puglia e Basilicata?

Noi la “Multiplex” l’abbiamo trovata proprio sul confine della Basilicata. Questo è il punto. Poiché oltre i 50 metri di raggio dalla pianta colpita che costituiscono la zona infetta ci sono 2,5 chilometri di “zona cuscinetto” (con controlli fitosanitari molto severi, ndr), una parte di quest’ultima zona ricade proprio in Basilicata. Quindi i colleghi lucani, dall’altra parte, stanno svolgendo una sorveglianza specifica. Ci sono due punti in cui oltrepassiamo i confini della Basilicata con la zona cuscinetto: uno è a Sant’Eramo e l’altro è a Ginosa. Se lì si trovassero piante infette inizierebbe l’attività di abbattimento delle piante e delle misure fitosanitarie obbligatorie, per esempio con il divieto di impianto di drupacee (pesco, albicocco, mandorlo, susine, noce e olivo, ndr), che sono sensibili alla Xylella Multiplex e, nella zona da Montescaglioso verso Metaponto, se il problema risultasse diffuso si potrebbero avere delle conseguenze molto pesanti in in termini di coltivazione delle drupacee, appunto. Dico questo perché noi su 12mila campioni sull’ulivo non abbiamo riscontrato la Multiplex. Quindi per il momento non c’è da fare allarmismo, ma bisogna monitorare, per evitare che la Multiplex possa creare un danno alla ciliegia, al mandorlo, all’albicocco, a queste colture che sono nell’agro di Montescaglioso. Ma c’è un’altra cosa importante.

Dica

La pianta infetta che abbiamo trovato a Minervino dista quattro chilometri dal confine con la Basilicata. In questo caso però parliamo di Xylella “Pauca” (il batterio devastante per le colture di ulivo, ndr). Io penso quindi che l’attività di sorveglianza dovrebbe essere svolta in Basilicata sia per la sottospecie Multiplex, e so che la stanno facendo, ma anche per la Pauca, verso Minervino, che come dicevo è a quattro chilometri dal confine: una distanza che il batterio può coprire facilmente. Bisogna essere certi che la Pauca non arrivi in Basilicata attraverso la pianta di Minervino. La Basilicata e la Puglia, peraltro, hanno un ruolo fondamentale per contribuire ad evitare che la “Pauca” entri in altre regioni e in particolare in Calabria, uno dei serbatoi di olio dell’Italia e dove ci sono aree in cui la temperatura è molto favorevole a questo batterio termofilo.

In che modo la collaborazione tra le istituzioni locali, regionali, anche nazionali è fondamentale per una gestione efficace di questo problema?

Abbiamo fatto diverse riunioni sia nell’ambito del Comitato Fitosanitario nazionale, costituito dal servizio fitosanitario centrale e dai servizi di tutte le regioni. Poi ci sono state anche delle riunioni a Bari e a Matera per uno scambio anche sulle metodologie, sulle strategie. C’è un raccordo: poi chiaramente ogni territorio decide per il suo ambito.

L’olivocultura, anche se in proporzioni differenti, riguarda buona parte del Meridione: non sarebbe il caso di fare una battaglia comune?

La battaglia comune la si fa perché noi realizziamo in Italia un programma di sorveglianza nazionale: quindi già oggi tutte le regioni svolgono un monitoraggio di una serie di organismi nocivi, tra cui Xylella. Il problema secondo il mio punto di vista è che questi numeri vanno bene se non ci sono delle degli alert specifici. Si possono svolgere controlli meno intensi se ci si aspetta che una malattia non sia presente. Ma se al contrario, come nel caso della Xylella, il problema è atteso, allora lì va aumentata la sorveglianza, a mio avviso. E bisogna anche predisporre un piano specifico.

Come è andato l’incontro a Ferrandina promosso dagli agricoltori della CIA lucana? Cosa è venuto fuori?

Abbiamo fatto un’azione formativa. Il dirigente del centro sanitario della Basilicata ha illustrato i numeri raccolti e i risultati dei campionamenti eseguiti fino a quel momento, risultati tutti negativi: è stato un aggiornamento interessante su quello che sta facendo la Basilicata.

Ci sono studi in corso o nuove scoperte che potrebbero offrire soluzioni innovative per la gestione della Xylella o per lo sviluppo di piante resistenti?

In Puglia al momento abbiamo ricerche in corso per 45 milioni di euro. Sono ricerche finanziate dal Ministero, dalla Regione, dalla Commissione Europea. Quindi c’è un impegno straordinario delle istituzioni scientifiche e dei ricercatori. E ci sono delle speranze: ma ad oggi non c’è una soluzione curativa. Abbiamo però anche quattro varietà di olivo resistenti al batterio, che monitoriamo.

È più pericolosa la Xylella o, come nel caso del Covid, le teorie negazioniste che alimentano la disinformazione anche su questo tema?

Direi che se la giocano in termini di pericolosità perché quello è un approccio che si basa su convinzioni che non hanno alcuna evidenza scientifica.

Share

Il Quotidiano del Sud.
Xylella in Basilicata è allarme: «Individuata a 4 km dal confine»

Autore
Quotidiano del Sud

Potrebbero anche piacerti