Washington e Tel Aviv disegnano la «nuova Gaza»: due zone, un solo dilemma
- Postato il 23 ottobre 2025
- Di Panorama
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Gli Stati Uniti e Israele stanno discutendo un piano che suddividerebbe la Striscia di Gaza in aree distinte: una sotto amministrazione israeliana e l’altra sotto il controllo di Hamas. La ricostruzione, secondo il progetto, verrebbe gestita da Israele solo come misura temporanea, fino al disarmo del gruppo jihadista e alla sua esclusione dal potere. Il vicepresidente americano JD Vance e il genero del presidente Donald Trump, Jared Kushner, hanno illustrato i punti principali dell’iniziativa in una conferenza stampa tenutasi martedì scorso in Israele, dove si trovano per sollecitare entrambe le parti al rispetto del cessate il fuoco. L’intesa, in vigore dal 10 ottobre, ha portato al ritiro parziale delle forze israeliane, che oggi controllano circa il 53% dell’enclave.
Secondo Vance, Gaza si divide oggi in due aree: una relativamente sicura e una ancora estremamente pericolosa. L’obiettivo – ha spiegato – è quello di ampliare progressivamente la zona sicura. Kushner ha aggiunto che i fondi per la ricostruzione non saranno destinati alle aree ancora sotto dominio di Hamas, ma alla creazione di infrastrutture e servizi nella parte controllata dall’IDF. «Si sta valutando la costruzione di una nuova Gaza nella zona sotto comando israeliano, per offrire ai palestinesi un luogo dove vivere, lavorare e ricominciare», ha affermato Kushner, definendo il progetto un primo passo verso una futura amministrazione civile.
Tuttavia, la proposta ha suscitato forte preoccupazione nei mediatori arabi, secondo i quali Stati Uniti e Israele avrebbero già presentato il piano nei recenti colloqui di pace. I governi della regione si oppongono con decisione alla divisione dell’enclave, temendo che si traduca in una presenza militare israeliana permanente. È improbabile, osservano fonti diplomatiche, che Paesi arabi accettino di inviare truppe per sorvegliare Gaza in tali condizioni. Un alto funzionario dell’amministrazione statunitense ha precisato che si tratta di «un’idea ancora preliminare», sottolineando che ulteriori aggiornamenti saranno forniti nei prossimi giorni.
Il cessate il fuoco mediato da Trump ha tracciato sulla mappa una linea gialla che delimita la fascia di sicurezza israeliana: un corridoio militare che abbraccia i confini dell’enclave e circonda le zone palestinesi. Tale area, nelle intenzioni di Israele, dovrebbe progressivamente restringersi con l’avanzare del disarmo. In sostanza, l’idea di una Gaza “a zone” nasce dal tentativo di affrontare due questioni cruciali: lo smantellamento dell’apparato militare di Hamas e la creazione di un governo alternativo in grado di gestire la sicurezza e la ricostruzione. Solo a queste condizioni, spiegano fonti vicine al dossier, potrebbero essere sbloccati i miliardi di dollari necessari per la ripresa economica dell’enclave.
Il piano di pace voluto da Trump prevede inoltre un gruppo di tecnocrati incaricati di amministrare Gaza, sostenuti da una forza internazionale di sicurezza. Ma i dettagli restano indefiniti, e molti Paesi arabi chiedono che la supervisione torni all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), che governa la maggior parte della Cisgiordania. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, tuttavia, si oppone fermamente a qualsiasi ruolo dell’ANP nel dopoguerra.
Fonti della Casa Bianca confermano che Kushner è il principale ideatore del progetto, elaborato insieme all’inviato speciale Steve Witkoff e sostenuto da Trump e Vance. Restano però aperte numerose questioni pratiche, tra cui la gestione dei servizi essenziali per i palestinesi che si trasferiranno nella parte controllata da Israele e la prevenzione di eventuali infiltrazioni jihadiste. Già prima della tregua, Washington aveva valutato la possibilità di avviare la ricostruzione nelle aree non controllate da Hamas, come simbolo di una “Gaza post-Hamas”. Secondo alcune fonti militari, gli Stati Uniti starebbero prendendo tempo per definire un equilibrio di governance che garantisca stabilità senza creare nuovi attriti con i partner arabi.
La priorità immediata di Washington resta il mantenimento del cessate il fuoco, minacciato da nuovi episodi di violenza e dal mancato rimpatrio dei corpi degli ostaggi ancora trattenuti da Hamas. Per consolidare la tregua, Vance, Kushner e Witkoff sono in Israele, mentre il segretario di Stato Marco Rubio è atteso nei prossimi giorni. Allo stesso tempo, fonti della sicurezza israeliana hanno fornito un nuovo allarmante bilancio sulle capacità residue di Hamas. Sebbene il gruppo jihadista abbia subito perdite gravissime dall’inizio del conflitto, i servizi di intelligence stimano che disponga ancora di centinaia di razzi – compresi missili a medio raggio in grado di colpire il cuore di Israele – e di oltre diecimila armi leggere. La rete sotterranea di tunnel, elemento chiave della strategia militare di Hamas, risulterebbe solo parzialmente distrutta: più della metà delle gallerie originarie sarebbe ancora operativa. Le autorità israeliane segnalano che oltre 280 comandanti di medio e alto rango sono stati uccisi e che la forza d’élite Nukhba, responsabile dell’attacco del 7 ottobre, soffre una grave carenza di uomini. Hamas, tuttavia, starebbe tentando di ricostruire la propria catena di comando e di consolidare le posizioni su «alture strategiche» nella Striscia, sfruttando i tunnel rimasti per compiere nuove incursioni contro le Forze di difesa israeliane (IDF).