Washington e Kiev: avanzano i colloqui per mettere fine al conflitto con Mosca

  • Postato il 1 dicembre 2025
  • Di Panorama
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I delegati statunitensi e ucraini coinvolti nei negoziati per un possibile percorso verso la fine della guerra hanno descritto come «fruttuoso» il vertice di domenica, durante il quale si è discusso di futuri appuntamenti elettorali, possibili ridefinizioni territoriali e meccanismi di sicurezza. Al termine della sessione, è stato confermato che gli emissari americani partiranno oggi per Mosca per una nuova fase di confronti diretti.

Alla riunione hanno preso parte il Segretario di Stato Marco Rubio, l’inviato speciale Steve Witkoff e Jared Kushner, genero del presidente Donald Trump. Il trio statunitense si è confrontato per oltre quattro ore con la delegazione ucraina. Rubio ha ribadito che un avanzamento c’è stato, pur sottolineando che il negoziato resta intricato e pieno di variabili. Un alto esponente dell’amministrazione americana ha spiegato che sul tavolo sono finiti i possibili tempi per tornare alle urne in Ucraina e l’ipotesi, politicamente esplosiva, di scambi territoriali con la Russia. Restano invece ancora da definire i contorni delle garanzie di sicurezza che Kiev pretende da Stati Uniti ed Europa, così come il nodo della richiesta di Mosca di ottenere un riconoscimento formale dei territori occupati dall’inizio dell’invasione su larga scala del 2022.

Marco Rubio, al termine del vertice, ha chiarito l’obiettivo politico: «Non vogliamo soltanto fermare la guerra: puntiamo a garantire la stabilità dell’Ucraina in modo permanente, affinché non debba mai più subire un attacco». Ha però aggiunto che il percorso sarà complesso e che «serve il coinvolgimento della controparte russa, inevitabile per chiudere il cerchio». Secondo la fonte statunitense, Kushner e Witkoff sono attesi a Mosca lunedì, mentre Trump ha anticipato che Witkoff potrebbe incontrare Vladimir Putin la prossima settimana.

La squadra ucraina era capeggiata dal segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale, Rustem Umerov, che ha assunto la guida del gruppo dopo le dimissioni del consigliere Andriy Yermak, travolto da un’inchiesta per corruzione. «La nostra priorità è costruire un’Ucraina solida, stabile e capace di resistere», ha dichiarato Umerov accanto a Rubio all’uscita dalla sala. Ha descritto l’incontro come «utile e costruttivo», evitando però di fornire dettagli e lasciando senza risposta le domande dei giornalisti.

Il vertice di domenica rappresenta l’ultimo passo di una maratona diplomatica che, tra ottobre e novembre, ha coinvolto Miami, dove Kushner e Witkoff hanno incontrato l’uomo scelto da Putin per trattare, Kirill Dmitriev. Da quel confronto è scaturita una bozza di intesa articolata in 28 punti, rivista nei giorni successivi nella villa di Witkoff a Miami Beach. Donald Trump, che da mesi sostiene di poter porre fine al conflitto, ha rilanciato il proprio impegno mentre la Russia intensificava gli attacchi contro infrastrutture energetiche ucraine. Solo ventiquattro ore prima dell’incontro in Florida, Mosca aveva scatenato un’ondata di raid aerei durata quasi dieci ore, con missili e droni contro edifici civili e impianti energetici.

La prima versione del piano dell’amministrazione Trump, trapelata a metà novembre, aveva messo in allarme Kiev e diversi governi europei: prevedeva limiti severi alle forze armate ucraine senza applicare analoghe restrizioni all’esercito russo e proponeva di chiudere definitivamente la porta della NATO all’Ucraina. Quando Umerov analizzò quel documento a Miami, non esitò a definirlo sbilanciato a favore di Mosca. Domenica, però, ha riconosciuto l’impegno degli Stati Uniti: «Ci ascoltano, ci sostengono, non ci lasciano soli», ha dichiarato. Resta però una domanda decisiva: Vladimir Putin è davvero disposto a concedere qualcosa? In una recente conferenza stampa, il presidente russo ha detto di essere pronto a un confronto «serio», ma ha ribadito che per fermare le ostilità l’Ucraina dovrebbe ritirare le proprie truppe da Donetsk e Luhansk, incluse le zone che non sono sotto controllo russo. «Se l’Ucraina non se ne andrà da quei territori, useremo la forza militare per ottenerlo», ha avvertito.

Per Kiev, accettare una simile condizione significherebbe esporsi a nuovi attacchi. Inoltre, la questione territoriale è resa ancora più intricata dalle costituzioni dei due Paesi, che vietano la cessione di territori senza complesse modifiche legali. In Ucraina sarebbe necessario un referendum nazionale, mentre la legge marziale in vigore blocca sia le elezioni presidenziali che quelle parlamentari. Riportare il Paese al voto, nel pieno della guerra, resta un tema esplosivo, anche per i rischi di pesanti interferenze russe. E in tutto questo sul presidente Volodymyr Zelensky pesano inoltre le tensioni interne: lo scandalo che ha portato alle dimissioni di Yermak ha indebolito la leadership del governo proprio mentre i negoziati entrano nella fase più delicata. Infine, secondo le autorità di Kiev, dal 24 febbraio 2022 al 1° dicembre 2025 le perdite complessive subite dalle forze russe nel conflitto con l’Ucraina avrebbero raggiunto quota 1.173.920 uomini, con 1.060 unità aggiunte nelle ultime 24 ore. Il dato è riportato da Ukrinform, che cita un aggiornamento diffuso dallo Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine su Facebook. L’agenzia riferisce inoltre che, entro le 22 del 30 novembre, si erano registrati 155 combattimenti lungo la linea del fronte tra le truppe ucraine e quelle russe, oltre un terzo dei quali concentrati nel settore di Pokrovsk, oggi uno dei fronti più incandescenti del conflitto.

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Panorama

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