Volontari: gli eroi silenziosi che fanno la differenza. Ecco le testimonianze di Jose Turchetto Valdora e Antonietta Toscano
- Postato il 5 ottobre 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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Savona. Dalla cultura alla sanità, passando per la difesa dell’ambiente e lo sport. E’ l’esercito dei volontari che in Italia conta 4,6 milioni di persone che, quotidianamente e senza un tornaconto economico, si impegnano per fare qualcosa per gli altri in circa 360 mila associazioni non profit.
La redazione di IVG ha voluto dare voce a due esponenti del mondo del volontariato: Jose Turchetto Valdora (Avo di Pietra) e Antonietta Toscano (Comitato Misto Consultivo). Li abbiamo intervistati per capire cosa le ha spinte a intraprendere la “carriera” del volontariato, che cosa si aspettavano di ricevere in cambio o cosa hanno imparato. Insomma un viaggio all’interno di un mondo che sta perdendo parecchie braccia (soprattutto dopo il COVID) e che ha l’intento si sensibilizzare l’opinione pubblica a riguardo.
“Sono pietrese di nascita ma risiedo a Borgio Verezzi. Ho trascorso quasi quarant’anni della mia vita nel mondo del volontariato. Sono stata presidente dell’Avo. Riviera delle Palme, Delegata regionale e Consigliere nazionale Federavo. Attualmente sono Responsabile del reparto di traumatologia dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure e, da circa due mesi, tesoriera nel cd di Avo. Il mio impegno nel volontariato è sempre stato costante e motivato dall’amore per il prossimo, la solidarietà e lo spirito di servizio“, afferma Jose.
“Sono diventata volontaria avendo conosciuto l’Associazione nel pronto soccorso di Sarzana, dove era stata ricoverata mia figlia in seguito ad un serio incidente stradale. In quei momenti di attesa estenuante e di preoccupazione ho avuto il supporto ed il sostegno di una preziosissima volontaria dell’Avo. Questa mi ha fatto conoscere l’Associazione e mi ha coinvolto, facendomi capire che tra medici e infermieri, che correvano e non avevano il tempo di fermarsi per tranquillizzarmi sulla salute di mia figlia, c’era una persona con il camice azzurro che aveva tutto il tempo necessario per me. Mi è stata vicina come nessuno aveva fatto. Quella presenza discreta, ma vigile mi ha convinto ad intraprendere il cammino dell’Avo”, spiega.
“In tanti anni, durante il mio servizio di volontariato Avo, non ho trovato solo storie e situazioni problematiche ma ho sviluppato anche la capacità di guardare in me stessa, di provare emozioni profonde e incancellabili, sentimenti di condivisione che mi hanno permesso di capire il significato del “dono” e di praticarlo con gioia ed entusiasmo. Tanti sono stati nell’arco di trentotto anni i casi particolari che ricordo, alcuni belli e altri dolorosi, è difficile sceglierne uno ma voglio ricordare un episodio che non dimenticherò. Ammalata terminale di trentasei anni, desiderava rivedere i suoi bambini, il marito aveva chiesto più volte il permesso ma la caposala gliel’aveva sempre negato. Il regolamento dell’ospedale non lo permetteva perché i piccoli non avevano i dodici anni richiesti ma solo nove e undici anni. Con coraggio e una certa “invadenza” mi proposi di provarci e parlai al primario, una persona dalla profonda umanità, che conosceva perfettamente il caso e mi diede il tanto agognato permesso. Rimanevano forse una settimana, dieci giorni e poi G. non avrebbe più sofferto. Quando vide i bambini lacrime di gioia bagnarono il suo volto e riuscì in un abbraccio faticoso a stringerli a sé ripetutamente. Quanta felicità in tanto dolore! Quanto amore! Piansi anch’io ma lontano da quella camera, forse in quel momento il mio intervento e la mia presenza fecero la differenza. Il camice azzurro aveva fatto il suo dovere, usando più il cuore che la testa”, spiega Jose.
L’accoglienza e l’orientamento nei reparti sono fondamentali. Le difficoltà sono diverse. Orientarsi nella struttura, adeguarsi al ricovero ospedaliero, capire le regole sono le principali e non è semplice risolverle. “Noi volontari cerchiamo di essere uno strumento per semplificare e rispondere alle richieste di attenzione e di informazioni. Comprensione e pazienza sono le chiavi fondamentali per aprire le porte. Il contatto con i caregiver e i familiari è spesso intenso”, aggiunge.
Nell’arco di sei anni, 900 mila persone hanno smesso di fare volontariato. Per i responsabili delle organizzazioni di volontariato e dei centri studi, si tratta di un dato che va letto nell’ambito di un contesto che deve tenere conto del calo demografico e quindi deve essere considerato “fisiologico”. “Diventare volontari è un’esperienza gratificante, che lascia un segno profondo nel cuore di ciascuno di noi. Ci permette di capire veramente che l’uomo “esiste” solo se in relazione con gli altri e che la condivisione e l’ascolto non possono mancare nella natura umana”, conclude Jose.
Antonietta Toscano, docente della Scuola Primaria a Savona. E’ socia e attualmente anche vicepresidente per il territorio di Savona dell’Organizzazione di volontariato Amali (Auto mutuo aiuto Liguria) da circa 10 anni. “Ho scoperto Amali per caso, un volantino appeso ad una porta nell’ex circoscrizione comunale di via Crispi (allora usata come luogo per gli incontri dei gruppi). Mi ero laureata da poco in Scienze Pedagogiche e fui spinta dalla curiosità per una metodologia che non conoscevo affatto pur avendone letto qualcosa sui classici libri di psicologia. La parola curiosità ha un’etimologia che ci porta verso la parola “cura”, ed è proprio da lì che volevo partire, avere cura degli altri, rendermi utile. Quindi quel giorno chiamai la Maria Mensitieri e da lì a poco iniziai un percorso di formazione per diventare facilitatrice di gruppi. L’adesione al Comitato Misto Consultivo è una conquista verso un futuro dove il mondo delle associazioni di volontariato (hanno cambiato il nome in organizzazione ma a me piace di più la parola associazione perché è più umana), potranno finalmente coordinarsi per aiutare in modo completo e concreto le persone, mettendo la cura e l’attenzione al centro. Mi sono impegnata a svolgere qualche ora di sportello di ascolto durante la stagione estiva (l’inverno purtroppo il lavoro non me lo permette) perché è un’esperienza che ritengo efficace e utile, sia per Amali che per le altre realtà presenti sul territorio. Diventa importante non solo fare rete tra le varie realtà ma rendersi visibili e informare le persone su quello che quotidianamente portiamo avanti”, spiega ad IVG.
Ci racconta un caso che l’ha colpita particolarmente? “Durante una mattinata di sportello, c’è stato un momento che si è avvicinata al bancone una signora che era incuriosita dalle varie brochure delle associazioni. Abbiamo iniziato a parlare e le ho spiegato brevemente la funzione dello sportello. Lei, invece, ha iniziato a raccontarmi di se stessa e un po’ con il “magone” a manifestare la sua tristezza relativa al periodo che sta attraversando. L’ho semplicemente ascoltata, le ho dato qualche brochure informativa. Le ho raccontato del gruppo che facilito (disturbi dell’umore e depressione). Quella sera stessa mi è arrivato un suo messaggio sul cellulare “grazie, sei stata fra le cose più belle di questa mia giornata”. Sì, la mia presenza, per questa persona, quel giorno ha fatto la differenza”, spiega Antonietta.
“Io ritengo che il supporto di un volontario in tutti gli ambiti dove la sanità agisce sia complementare per tutelare la salute del paziente con una visione centrata sulla persona, sui bisogni e sull’accompagnamento per l’eventuale guarigione. L’ascolto empatico allora diventa fondamentale per far sì che il paziente si senta capito e accolto maturando un rapporto di fiducia anche verso la sanità stessa”, aggiunge.
Il contatto con i caregiver e i familiari è spesso intenso. “Nella nostra organizzazione abbiamo tre gruppi per i familiari e/o caregiver (Alzheimer/disabilità fisica acquisita/disagio psichico). I caregiver e i familiari hanno bisogno di non sentirsi abbandonati. L’ascolto e la vicinanza diventano momenti essenziali. Poter parlare liberamente con persone che possono comprendere diventa già di per sé un percorso per cercare di vivere meglio la quotidianità – afferma -. Io, personalmente, quando mi è capitato ho semplicemente accolto e ascoltato con empatia. Non sempre è facile, ma l’importante è essere se stessi e cercare di mantenere un rapporto paritario”.
“A me il volontariato ha aiutato a sentirmi parte di realtà che non conoscevo. Aiutare gli altri è qualcosa che ti arricchisce giorno per giorno, fa stare bene. Alle persone che non lo praticano ripeto spesso che devono provare, perché è un qualcosa che va sperimentato. Non si può pubblicizzare, non ci sono parole che possano spiegare le emozioni che nascono subito dopo che una persona si dedica agli altri”, conclude Antonietta.