Viviani, le rivelazioni dopo il ritiro: la paura alla Vuelta, la compassione per Israel e l’incoronazione di Finn

  • Postato il 11 ottobre 2025
  • Di Virgilio.it
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In questa settimana si è chiuso un capitolo nella storia del nostro ciclismo con il ritiro di Elia Viviani (che avverrà, ad essere precisi, dopo i Mondiali su Pista in Cile in programma dal 22 al 26 settembre). E il pistard già campione olimpico negli ultimi giorni ha parlato con diversi media per fare un bilancio della sua sfavillante carriera e tracciare il possibile futuro del nostro ciclismo. Oltre a dire la sua sul caso della Israel Premier Tech.

Viviani: “Ho affrontato la Vuelta con lo spirito dei tempi migliori”

“Rifarei tutto”, è il concetto espresso dal 36enne nativo di Isola della Scala come sintesi della propria vita sulle due ruote, sia su strada che su pista. Il già campione olimpico nell’omnium di Rio 2016 ha dichiarato ad Eurosport che ha capito che era giunto il momento di fermarsi quando “non c’era più la possibilità di fare l’ultimo anno”. Attualmente in forze al team Lotto, Viviani considera la sua ultima gara su strada la Vuelta disputata quest’anno, per la quale ha fatto “grandi sacrifici” e con la “determinazione dei tempi migliori”.

Una Vuelta condizionata però dalla proteste pro Palestina e contro la partecipazione della Israel Premier Tech. All’epoca il piano di pace in Medio Oriente di Donald Trump, che sta dando i suoi primi importanti frutti, non era stato neppure messo nero su bianco, e le tensioni nelle piazze di tutto il mondo erano tangibili (al di là del fatto che parliamo di manifestazioni di una portata ben più ampia di una semplice protesta, e che affondano le radici in un malcontento che cova in ampie porzioni della società civile).

“Comprendo le ragioni dei manifestanti, ma avevamo paura. E mi spiace per la Israel”

A FanPage Viviani ha espresso comprensione per le ragioni di chi manifestava (“Mai messe in discussione”), ma non ha nascosto la paura in alcune tappe “in cui ci siamo sentiti davvero in pericolo”. Il gruppo “è parte lesa”, e “mi è dispiaciuto non fare lo sprint a Madrid“, tappa finale sostanzialmente troncata per le proteste pro Pal.

Il plurimedagliato olimpico ha parlato della situazione che si era venuta a creare, con i ciclisti nei pulmini che dovevano rassicurare a casa le famiglie sulla loro incolumità. E ha aggiunto di non ritenere giusto il modo di manifestare, comprendendo lo stato d’animo dei corridori nella Israel. “Se mi avessero offerto qualche anno fa un triennale con loro, avrei firmato senza indugio: sarei potuto essere in quella squadra perché sono un professionista, è il mio lavoro”, ha proseguito Viviani.

“Mi sono messo nei loro panni, e non spetta a noi cacciare dei ciclisti nostri colleghi dalla corsa, qualsiasi sia la loro maglia. Mi sarebbe piaciuto correre una Vuelta senza intoppi, anche se sostengo che sia stato giusto protestare per una ragione del genere”, ha quindi sostenuto il quasi ex ciclista, che si augura inoltre che la Israel (che al Lombardia ha corso senza questo nome per evitare altre tensioni) non chiuda e possa trovare una soluzione “perché il nostro sport non ha bisogno di un team in meno”.

Il presente e il futuro di Viviani (e del ciclismo italiano)

Chiusa la parentesi, ora Viviani si prepara alle ultime gare. Al di là del Mondiale su Pista, successivamente ci sarà un’ultima apparizione “di divertimento” alla Sei Giorni di Gent, assieme a Jasper de Buyst. Poi resta il “sogno di diventare team manager di una grande squadra”, ma nel frattempo ha aperto diversi contatti con molte aziende, ha spiegato ad Eurosport. L’immediato futuro di Viviani, insomma, è quello di “collaborare con qualche azienda o entrare in qualche team, anche se non ho ancora trovato la soluzione”.

La sua più grande eredità, a detta sua, è quella di “aver creato un movimento nel ciclismo su pista con Villa e Collinelli che è al top al pari con le altre nazioni”. Su strada invece l’ex corridore della Ineos indica Jonathan Milan come “il velocista più forte al mondo” a suo parere. Promosse anche le nuove leve come Antonio Tiberi, Christian Scaroni (“Stagione da top rider”) e Giulio Pelizzari. E poi Filippo Ganna, “il nostro uomo delle classiche assieme a Trentin”. Ma secondo Viviani “il nuovo fenomeno del ciclismo italiano è Lorenzo Finn”, augurandosi che il campione del mondo Under 23 possa essere “il prossimo fenomeno mondiale”.

Poi un parere sulla sicurezza nelle competizioni: “Regolamentare i manubri va bene per gli estremisti, non per la massa. Alcuni regolamenti vanno bene, altri non so chi li abbia inventati”. E ha criticato la tipologia di transenne nei tratti finali delle gare, mentre per le cronometro auspica “libero sviluppo”, senza limiti.

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Virgilio.it

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