Vivere senza uscire di casa: dentro il maxi-condominio cinese grande come una città
- Postato il 14 aprile 2025
- Di Panorama
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Ospedali, supermercati, parrucchieri, ristoranti e persino una piscina. No, non stiamo parlando di una metropoli, ma di un solo, gigantesco edificio: il Regent International Apartment Complex, nel cuore di Qianjiang Century City, il distretto centrale di Hangzhou, una megalopoli cinese da oltre 11 milioni di abitanti.
Con i suoi 204 metri d’altezza e fino a 39 piani (a seconda del lato), questo colosso architettonico è il più grande esperimento di convivenza collettiva mai tentato in Cina: attualmente ospita circa 20.000 residenti, ma la sua capacità arriva addirittura a 30.000 persone. Inizialmente progettato come hotel di lusso, il complesso è stato trasformato in una vera e propria “città verticale” di appartamenti residenziali, destinati a professionisti, manager, studenti universitari e laureati.
La firma dietro a questo progetto è di Alicia Loo, la designer che ha contribuito alla creazione del celebre hotel a sette stelle Singapore Sands. Il risultato è un’opera che oscilla tra l’iconico e il distopico: edifici connessi in modo progressivo fino a creare una struttura unica, sorta in pochi mesi sulle rovine di vecchie baraccopoli demolite dalle ruspe.
Le cifre parlano chiaro: un monolocale senza finestre può essere affittato per circa 1.500 RMB al mese (circa 191 euro), mentre le unità più spaziose, con tanto di balcone, arrivano a costare 4.000 RMB (circa 509 euro). Il Regent International punta al segmento lusso, e sebbene sia nato in una delle zone più povere di Hangzhou, oggi è simbolo di quella trasformazione radicale che la Cina post-capitalista ha vissuto dagli anni ’80 a oggi.
All’interno del complesso c’è tutto ciò che si può desiderare per non mettere mai piede fuori dalla porta di casa: aree commerciali con supermercati e negozi di ogni genere ai piani inferiori, mentre quelli superiori ospitano le residenze. Non mancano ristoranti, bar, centri estetici, barbieri, e perfino un ospedale interno. La vita scorre all’insegna del massimo comfort e della totale comodità, con spazi comuni dove socializzare e aree ricreative sempre accessibili.
Ma non è solo questione di lusso: il Regent International vanta anche un’impronta di sostenibilità, grazie a impianti di energia solare, sistemi di raccolta e riciclo dell’acqua piovana e abitazioni dotate di tecnologia smart home, controllo accessi biometrici e dispositivi di sicurezza all’avanguardia. Per qualcuno, questo lo rende “l’edificio più sostenibile del mondo”.
Non è un caso che la struttura venga paragonata a luoghi come Whittier, la cittadina dell’Alaska in cui tutti i 272 abitanti vivono nello stesso edificio, o alla Torre di David di Caracas, un altro grattacielo iconico diventato rifugio per migliaia di persone.
Eppure, dietro la facciata scintillante del Regent International si nascondono anche ombre e contraddizioni. Da una parte, l’autosufficienza estrema offre una comodità impareggiabile. Dall’altra, però, solleva interrogativi sulla salute mentale e sui rapporti sociali dei residenti, che possono trovarsi a vivere in uno stato di isolamento totale, tagliati fuori non solo dal resto di Hangzhou, ma anche dal quartiere immediatamente fuori dalle mura del complesso.
Inoltre, come in una vera e propria città in miniatura, anche qui vige una rigida gerarchia sociale: il tipo di appartamento e la posizione all’interno dell’edificio determinano l’accesso a certi servizi e privilegi, in un microcosmo che rispecchia le disuguaglianze del mondo esterno.
La Cina, con la sua fame di urbanizzazione sfrenata e continua espansione verticale, ci offre così uno spaccato di quello che potrebbe essere il futuro delle metropoli: città dentro a edifici, vite interamente vissute senza mai varcare la soglia di casa, tra modernità abbagliante e inquietanti interrogativi sul senso più profondo dell’abitare.