“Vicenza celebra i 70 anni della presenza militare Usa. Scelta incomprensibile e sbagliata”

  • Postato il 12 settembre 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La città di Vicenza si divide a causa degli statunitensi, della loro presenza iniziata 70 anni fa e delle basi che ne fanno il principale insediamento militare a stelle e strisce nel Sud Europa. L’amministrazione comunale di centrosinistra ha promosso l’“Italia America Friendship Festival” che si tiene dal 12 al 14 settembre, un appuntamento presentato come evento culturale e di fratellanza fra le due sponde dell’Atlantico, ma che nel capoluogo berico si scontra con la vicenda dell’ex aeroporto Dal Molin, che una ventina d’anni fa ha praticamente raddoppiato l’insediamento statunitense.

In coincidenza con i giorni del Festival scendono in campo associazioni pacifiste e movimenti politici, oltre all’Anpi, che contestano l’iniziativa. Sabato 13 settembre, con partenza da Piazza Castello è previsto un corteo, il 20 settembre anche un convegno di giuristi democratici che discuterà di violazione del diritto internazionale. La festa italo-americana cade in un momento molto poco propizio, soprattutto dopo l’avvio della presidenza di Donald Trump, che con la sua politica estera sta appoggiando l’invasione dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza e il genocidio in corso.

Un incontro-dibattito che si è tenuto a Vicenza ha illustrato le ragioni di chi intende manifestare il proprio dissenso. Danilo Andriollo ha parlato a nome dell’Anpi, mentre Cinzia Bottene ha ripercorso la storia del movimento non violento e antimilitarista “No Dal Molin” che per anni cercò di impedire il raddoppio della base americana, che ha portato a 15mila le presenze di cittadini statunitensi, di cui 5mila militari, quasi il 15 per cento dei 112mila abitanti di Vicenza.

“Tra i promotori del festival figurano anche la National Italian American Foundation (NIAF), l’U.S. Mission Italy cioè l’apparato diplomatico degli Stati Uniti in Italia (ambasciata e consolati) e l’Ente Vicentini nel mondo. – denuncia l’Anpi – Iniziative analoghe, con la medesima denominazione, sono organizzate in altre località (Aviano in Italia e poi in Germania, Corea e Giappone), nelle quali sono dislocate basi militari statunitensi, a dimostrazione di come esse sono pensate e pianificate con finalità propagandistiche, di supporto culturale e ricerca di consenso al dispositivo bellico statunitense su scala globale”. L’Anpi dichiara che si tratta di una “proposta incomprensibile, inopportuna e sbagliata”, anche considerando la storia di Vicenza, città di pace. “Il festival non può essere derubricato ad ‘iniziativa meramente culturale’, quando è stato creato e programmato per celebrare i 70 anni della controversa presenza militare statunitense in città, a significare una contiguità geopolitica, una prossimità culturale e una affinità valoriale che una parte assai consistente di cittadini vicentini contesta o addirittura rigetta”.

Il primo punto di contestazione è “la militarizzazione della città, che produce effetti negativi sul piano concreto e pratico: consumo del territorio, impatto ambientale, consumo di risorse e materie prime, drenaggio di risorse economiche nella direzione degli apparati bellici, impatto urbanistico ed architettonico su una città UNESCO”. Inoltre contrasta con i valori dei vicentini come la solidarietà, il dialogo, la non violenza. “Si rischia di normalizzare la guerra e concretizzare una pedagogia negativa, ingenerando nei giovani una sorta di consuetudine con la violenza bellica e la sua preparazione”.

La tragedia di Gaza costituisce un ulteriore elemento di dissenso. “A Gaza è in corso un genocidio, in palese violazione del diritto e della legalità internazionali. Questa immane tragedia umanitaria non sarebbe possibile senza l’attivo, coerente, permanente sostegno USA allo Stato d’Israele, un sostegno che è politico, diplomatico, militare, logistico, tecnologico, rivendicato con convinzione e apertamente dal presidente Donald Trump”.

Cinzia Bottene ha concluso: “Questo festival non è un segno di amicizia, ma la dimostrazione che siamo una colonia subalterna agli americani che attenta alla nostra sovranità nazionale, al dialogo e alla pace. In alternativa sarebbe stato più coerente un ‘Festival della pace, del diritto internazionale e dell’amicizia tra i popoli’, per riunire tante persone che nel mondo sono operatori e costruttori di pace”.

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Il Fatto Quotidiano

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