Viale Cutro a Reggio Emilia? «Meglio “Città libera dalle mafie”» e scoppia la polemica
- Postato il 8 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Viale Cutro a Reggio Emilia? «Meglio “Città libera dalle mafie”» e scoppia la polemica
Il Comune di Reggio Emilia valuta se cambiare il nome di viale Cutro dopo le affermazioni dell’ex prefetta De Miro e divampa la polemica con la comunità calabrese che respinge l’idea di una Calabria sinonimo di criminalità
CUTRO – Hanno scatenato un putiferio di polemiche le affermazioni di Antonella De Miro, ex prefetta di Reggio Emilia, che durante una manifestazione a Rubiera per il riconoscimento della cittadinanza onoraria ha detto di essere “turbata” perché la grande arteria di collegamento che porta alla città è ancora intitolata Viale Cutro. «Sarebbe bello, la prossima volta che arriverò qui, essere accolta dal “viale Reggio Emilia città libera da tutte le mafie”», ha aggiunto De Miro. L’ex prefetta di ferro, nota anche per aver contrastato la ‘ndrangheta di matrice cutrese attraverso l’emissione di numerosi provvedimenti interdittivi nel periodo focalizzato dalla maxi inchiesta Aemilia, si riferiva al fatto che Cutro, epicentro di una piovra che ha “colonizzato” l’economia di una delle aree più ricche del Paese, evoca appunto la casa madre dell’organizzazione criminale egemone in quel territorio (e non solo).
CAMBIO NOME A VIALE CUTRO, COMUNE DI REGGIO EMILIA POSSIBILISTA
Sta facendo discutere anche la presa di posizione del Comune di Reggio Emilia che si dichiara possibilista. «La scelta di intitolare il viale risale al 2009 – si giustifica l’amministrazione comunale – Nel rispetto dell’opinione espressa da De Miro – annuncia il Comune emiliano – la Giunta valuterà se e come accogliere la sua sollecitazione una volta ascoltate le reazioni dei cittadini. A tal fine la Giunta ha chiesto un parere al Comitato scientifico per la legalità».
Il riferimento al momento storico in cui fu intitolato il viale sembra riconducibile a una presa di distanza dall’ex sindaco Graziano Delrio che, insieme ad alcuni consiglieri comunali reggiani di origine cutrese, fece da sponda istituzionale al tentativo di alcuni imprenditori, poi risultati collusi col clan, di contrastare l’offensiva antimafia dell’ex prefetta che allora veniva “accusata”, negli ambienti criminali, di affossare le imprese calabro-emiliane. La strategia della filiale emiliana della cosca cutrese era, in quegli anni, come acclarato processualmente, anche quella di trovare soluzioni contro l’escalation di interdittive.
CASO VIALE CUTRO, LA POSIZIONE DEL SINDACO DI REGGIO EMILIA
Numerose le reazioni di segno polemico, soprattutto da parte di rappresentanti della comunità cutrese, che conta circa seimila residenti a Reggio Emilia e provincia. Molti, infatti, hanno letto in quelle affermazioni un’equazione pericolosa. Cutrese uguale mafioso. A cominciare dal sindaco di Cutro, Antonio Ceraso. «Cutro non è soltanto ‘ndrangheta. La comunità cutrese emigrata in Emilia è composta in gran parte da persone per bene, oneste e laboriose – dice Ceraso -.
Il fenomeno mafioso c’è e va condannato con forza. Io per esempio mi sto costituendo nei processi di criminalità organizzata per il danno di immagine arrecato dal Comune e a sostegno degli imprenditori che finalmente iniziano a denunciare – dice ancora il primo cittadino cutrese – Ma cancellare il nome di Cutro dalla toponomastica sarebbe assurdo. A quel punto deportiamo i cutresi o togliamo loro i certificati elettorali. Ricordo anche che molti rappresentanti nel consiglio comunale di Reggio Emilia sono stati eletti da cutresi».
IL SILENZIO
«Il silenzio del quale la comunità è accusata, tra le altre cose, non deve essere scambiato per collusione o avallo, ma è distanza da soggetti criminali che hanno danneggiato Cutro, la Calabria, Reggio Emilia ed ogni luogo dove hanno trovato tessuto ricettivo – dice l’ex consigliera comunale reggiana Palmina Perri, di origini cutresi – Le parole sono importanti! e così come la mia storia descrive il mio operato e le mie scelte così quella della maggioranza della comunità di origine cutrese.
Aggiungo che la proposta della dottoressa De Miro, che ringrazio così come ho fatto in tante occasioni per la sua attività antimafia ed anche per le sue dichiarazioni – precisa Perri – ha fatto tornare l’attenzione su un tema che non è stato superato. Il processo Aemilia non ha posto fine alle infiltrazioni della criminalità organizzata e non ha dato inizio ad una rivoluzione culturale necessaria». Per questo l’ex consigliera auspica «un’azione più incisiva contro ogni tipo di mafia e un confronto ed una stretta collaborazione tra le istituzioni e i cittadini reggiani e reggiani di diversa origine».
LA TESTIMONIANZA
Interviene anche l’ex assessore del Comune di Cutro Carletto Squillace che, insieme all’allora sindaco di Cutro Salvatore Migale, era presente all’inaugurazione. «Ho letto con attenzione le parole dell’ex prefetto Antonella De Miro. Il suo impegno nella lotta alla ‘ndrangheta è noto, profondo e indiscutibile. È
grazie anche a figure come lei se oggi possiamo parlare di legalità non solo come principio astratto, ma come strada concreta da percorrere insieme – è la premessa – Ero presente, da assessore all’ambiente – ricorda – all’inaugurazione di quel viale il 18 luglio 2009. Un giorno di festa per Reggio Emilia e per la comunità cutrese, che si è caratterizzata sin dall’inizio per il rispetto verso Reggio Emilia e i suoi cittadini, con una grande riconoscenza verso la terra Emiliana che ha dato possibilità e prospettive di sviluppo economico e di emancipazione sociale che sono mancate nella terra di origine. Reggio Emilia e le sue Istituzioni hanno sempre ricambiato con affetto e accoglienza il contributo dato dai lavoratori di Cutro. Quel viale non è mai stato e non sarà mai un omaggio alla criminalità.
QUATTRO GENERAZIONI
«Al contrario, è un simbolo della storia di due comunità che hanno fatto del lavoro, dello sviluppo economico, dei diritti un loro punto di forza. Quel viale – dice ancora Squillace – è la strada che decine di lavoratori onesti non hanno potuto prendere, per fare ritorno al Sud dai propri cari,perché caduti sul posto di lavoro; è la strada che tanti lavoratori onesti non hanno potuto raggiungere perché hannoperso la vita in incidenti stradali mentre dal Sud risalivano la penisola per tornare nella terra che aveva dato loro. Reggio Emilia, che, come correttamente affermato dal prefetto, è conosciuta in Italia e nel mondo per aver contribuito alla liberazione dal nazifascismo delle leggi razziali e alla costruzione della Repubblica democratica.
Cancellare quel nome rappresenterebbe una deleteria semplificazione. Significherebbe cancellare anche tutte quelle azioni fatte dalla parte sana delle due comunità che, per anni, ha costruito ponti, non barriere. Quella che ha scelto di vivere nella legalità è che, ormai da quattro generazioni, ha fatto dell’Emilia la propria casa».
AGENDE ROSSE
Non mancano le prese di posizione a sostegno di De Miro, come quelle di Libera e Agende Rosse di Reggio Emilia. «Certamente non si può dire che De Miro sia incline a lanciare inutili provocazioni ma piuttosto una persona seria con un altissimo senso delle istituzioni. Non possiamo che cogliere questa affermazione come un’ulteriore indicazione fatta da chi questa terra l’ha rispettata e onorata; un importante appello che come gruppo antimafia riteniamo che possa essere rivolto a due soggetti – afferma, in particolare, Agende Rosse – Il primo è un invito alla politica locale ad essere più coraggiosa e a mettere in atto azioni che diano il senso, anche simbolico, di un evidente cambiamento di rotta».
«Non servono cittadinanze onorarie o altre onorificenze per chi ha scelto e onorato i valori della nostra terra più di qualsiasi altro cittadino o cittadina nati qui per caso. De Miro con il suo importante lavoro ha aperto una strada che la politica ha il dovere di seguire e questo è il più grande tributo che possa esserle rivolto. Il secondo appello – prosegue l’associazione antimafia – è rivolto alla comunità cutrese che sicuramente è stata la prima ad avere pagato le conseguenze del radicamento mafioso. In questi ultimi anni abbiamo visto la comunità cutrese (o parte di essa) alzare la voce solo per mettere in discussione lo strumento delle interdittive antimafia».
CAMBIO NOME A VIALE CUTRO A REGGIO EMILIA, LA SFERZATA
Insomma, c’è anche una sferzata alla comunità cutrese, o comunque a quei settori della comunità cutrese che non si sono schierati contro la mafia. «Non basta professarsi cittadini onesti, serve anche prendere una posizione chiara e netta nei confronti di imprese e persone che infangano il lavoro di tanti cutresi. Chi commenta con forte sdegno alla proposta di cambiare il nome del viale, in passato non ha manifestato altrettanta veemente indignazione in occasione dello stillicidio di notizie di cronaca nera e giudiziaria che vedevano coinvolti nomi noti appartenenti alla comunità cutrese – prosegue Agende Rosse – Sentirsi offesi perché viene tolto il nome della propria città da una strada e non sentirsi offesi quando sono i tuoi stessi concittadini che per anni hanno trascinato la comunità cutrese nel fango, lascia senza parole».
LE INTERDITTIVE
Un tema divisivo. La polemica impazza mentre né Cutro né Reggio Emilia possono dirsi liberi dalle mafie, a giudicare dalla serie di impressionante di inchieste che le Dda di Bologna e Catanzaro continuano a condurre, mettendo a segni arresti e sequestri. L’Emilia, inoltre, è la regione del Nord con il maggior numero di interdittive antimafia, a dimostrazione del fatto che l’influenza criminale della super cosca cutrese è ancora persistente e detiene enormi capitali che reimmette nell’economia apparentemente legale attraverso le imprese di riferimento. Ma qualcosa sta cambiando.
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SEGNALI DI CAMBIAMENTO
A Cutro, nel febbraio 2024, un migliaio di persone sono scese in piazza, col sindaco in testa, per manifestare contro la ‘ndrangheta e non far sentire soli un gruppo di imprenditori che ha denunciato le nuove leve dei clan che si erano rimesse all’opera attuando un vasto disegno estorsivo. La tendenza alla denuncia, però, è ancora minoritaria. A Cutro come in Emilia, dove la malapianta ha trovato un humus fertile fatto di reti di connivenze composte da professionisti, imprenditori, uomini delle istituzioni.
Altrimenti non sarebbe stato possibile l’inquinamento dell’economia del Nord, non solo di Reggio Emilia e provincia, da parte di una cosca specializzatasi nell’emissione di fatturazioni per operazioni inesistenti che continua a perseverare. “Perseverance” è, non a caso, il nome in codice per una delle tante operazioni contro la ‘ndrangheta di matrice cutrese operante in Emilia. Un bubbone difficile da estirpare. Davvero difficile, anche perché le mafie sono una patologia del potere e vivono di connivenze e contiguità. Lo intuì 150 anni fa il magistrato e parlamentare Diego Tajani, nato a Cutro nel 1827. In Emilia molti sanno che Cutro ha dato i natali al boss Nicolino Grande Aracri, che ha proiettato in quella terra gli interessi della sua organizzazione, ma molti ignorano che a Cutro è nato anche un antesignano dell’antimafia.
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Viale Cutro a Reggio Emilia? «Meglio “Città libera dalle mafie”» e scoppia la polemica