Vi racconto l’operazione “Eagle Claw”. Scrive Vecchiarino

  • Postato il 7 settembre 2025
  • Esteri
  • Di Formiche
  • 1 Visualizzazioni

Teheran, 4 novembre 1979. Un gruppo di studenti universitari iraniani, accaniti sostenitori della rivoluzione iraniana che qualche mese prima aveva rovesciato lo scià Mohammad Reza Pahlavi, assaltò l’ambasciata americana e prese in ostaggio cinquantadue diplomatici e cittadini statunitensi.  

LE TRATTATIVE INFRUTTUOSE  

L’allora presidente americano, Jimmy Carter, cercò in tutti i modi di ottenere in modo pacifico la liberazione degli ostaggi, ma, dopo mesi di trattative infruttuose, la situazione sembrava senza sbocco. Carter, quindi, dopo aver capito che gli iraniani non avrebbero rilasciato gli ostaggi a breve, e in vista delle imminenti elezioni locali americane, decise di autorizzare un’operazione militare per liberare gli ostaggi.  

RICE BOWL 

In realtà, già due giorni dopo la presa degli ostaggi, al Pentagono fu istituita una cellula segreta della Divisione Operazioni Speciali dello Stato Maggiore Congiunto, soprannominata “Rice Bowl“, per studiare le opzioni americane per un’operazione militare di salvataggio. Fin da subito fu chiaro che l’assalto all’ambasciata era la parte facile dell’operazione, anche se il complesso dell’ambasciata statunitense, dove erano trattenuti gli ostaggi, era enorme e sorvegliato da più di 500 guardie rivoluzionarie iraniane; altri tre ostaggi erano trattenuti nell’edificio del Ministero degli Esteri iraniano, a sedici isolati di distanza, ma anche questo non era un grosso problema. 

ARRIVARE A TEHERAN 

La vera sfida, invece, era arrivare a Teheran. Il primo ostacolo in cui si imbatté il gruppo di pianificazione, infatti, era la posizione della capitale iraniana, isolata e circondata da oltre 1.100 chilometri di deserto e montagne in ogni direzione; e questo la teneva al sicuro da un attacco aereo o navale statunitense. Inoltre, l’ambasciata si trovava nel cuore della città, congestionata da oltre quattro milioni di persone.  

IL PIANO D’ATTACCO  

Dopo aver scartato alcune opzioni fu ideata l’operazione “Eagle Claw”, che sin dall’inizio era sembrata molto complessa e rischiosa, e prevedeva che otto elicotteri Rh-53D Sea Stallion dei Marines, decollati dalla portaerei nucleare Uss Nimitz (Cvn-68) nel Golfo dell’Oman e sei Hercules C-130 partiti dall’isola di Masirah, al largo della costa dell’Oman, seguendo rotte diverse, si sarebbero incontrati in un punto del deserto iraniano, ribattezzato Desert One, individuato nella provincia di Khorasan, a circa 320 Km da Teheran. Qui gli elicotteri avrebbero fatto rifornimento dai C-130 e avrebbero preso a bordo le forze speciali, nel frattempo arrivate con gli aerei, che avrebbero liberato gli ostaggi. Gli elicotteri avrebbero poi trasportato i commando in una località montuosa, denominata Deserto Two, distante circa 80 km da Teheran, da dove sarebbe stato lanciato il raid all’ambasciata la notte successiva. Al termine dell’incursione, gli ostaggi sarebbero stati portati in una base area di Teheran, nel frattempo catturata, da dove sarebbero stati evacuati in aereo in Egitto e, successivamente, portati negli Stati Uniti.  

LE TRUPPE D’ELITE 

Per questa missione furono scelti 93 uomini della Delta Force, l’unità speciale più elitaria e segreta dell’esercito degli Stati Uniti fondata nel 1977, per assaltare l’ambasciata dove erano sequestrati gli ostaggi, 13 membri delle forze speciali del Distaccamento A, un’unità clandestina delle Forze Speciali americane creata per le operazioni dietro le linee nemiche in caso di conflitto con il blocco sovietico, che aveva il compito di assaltare il Ministero degli Affari Esteri, dove erano tenuti gli altri tre ostaggi. Un terzo gruppo composto dai Rangers avrebbe dovuto fungere da squadra di blocco stradale nell’area di atterraggio di Desert One; i Rangers avevano anche il compito di prendere e mantenere la base aerea di Manzariyeh vicino a Teheran, da utilizzare per l’evacuazione dall’Iran. 

IL SUPPORTO DELLA CIA  

La missione sarebbe stata ulteriormente supportata da una squadra paramilitare dello Special Activities Division della Cia, che aveva due incarichi: ottenere informazioni sugli ostaggi e sull’area delle operazioni e trasportare la squadra di soccorso dal Desert Two all’ambasciata in veicoli preallestiti. 

IL VIA LIBERA ALL’OPERAZIONE  

Il 24 aprile 1980, Carter diede il via all’operazione “Eagle Claw”. I sei aerei C-130 che trasportavano i rifornimenti logistici e le forze speciali partirono dall’isola di Masirah e atterrarono senza problemi a Desert One.  

AUTOBUS E CONTRABBANDIERI  

Poco dopo l’atterraggio dei primi equipaggi e l’inizio della messa in sicurezza di Desert One iniziarono i problemi. Un autobus civile iraniano con autista e 43 passeggeri fu fermato dai soldati americani mentre viaggiava sulla strada, che fungeva da pista di decollo per gli aerei, e i passeggeri, per paura che rilevassero la loro posizione alle autorità iraniane, furono trattenuti a bordo. Pochi minuti dopo l’arresto dell’autobus, i Ranger videro un’autocisterna di carburante che, ignorando i loro ordini di fermarsi, tentò di scappare. In realtà l’autocisterna, che solo successivamente si capì impegnata nel contrabbando di carburante, pensando che il blocco stradale fosse ad opera dalla polizia iraniana, si era data alla fuga. I Ranger, nel timore che la fuga del mezzo potesse compromettere l’operazione, lanciarono un razzo per farlo fermare, che però colpì l’autocisterna incendiandola. 

VOLO DISASTROSO  

Ma il peggio doveva ancora venire. Gli otto elicotteri Sea Stallion, invece, erano partiti dalla portaerei Nimitz, con un volo a bassissima quota, quasi radente per non essere intercettati dai radar iraniani, per raggiungere Desert One, dove avrebbero trovato i C-130. Ma il loro volo si rivelò un vero e proprio disastro.  

L’HABOOB 

Un’improvvisa ed inaspettata tempesta di sabbia e polvere molto intensa, nota localmente con il nome di haboob, investì i Sea Stallion in volo verso Desert One. Un primo elicottero a causa della sabbia ebbe problemi al rotore e dovette perciò effettuare un atterraggio d’emergenza nel deserto, costringendo gli altri elicotteri a prendere a bordo l’equipaggio dell’elicottero non più operativo.  Un secondo Sea Stallion, sempre a causa dell’haboob che mise fuori uso la strumentazione di bordo, invertì la rotta e tornò sulla portaerei Nimitz.  Dei sei elicotteri che raggiunsero Desert One, uno ebbe dei problemi all’impianto idraulico e fu quindi ritenuto inutilizzabile per la missione e abbandonato sul posto.  

MISSIONE ANNULLATA  

Rimanevano così solo cinque Sea Stallion per l’operazione, che era ancora all’inizio: bisognava ancora volare a Desert Two, andare a Teheran e liberare gli ostaggi e, poi rifare tutto il percorso per tornare indietro.  Il problema però era che il numero minimo di elicotteri richiesto dalle specifiche della missione non doveva essere inferiore a sei: stracarichi di truppe e attrezzature la perdita di un ulteriore elicottero avrebbe significato abbandonare in Iran parte delle squadre d’assalto o alcuni degli ostaggi. Per questo la missione fu interrotta da un nuovo ordine del Presidente Carter che disse: “Almeno non abbiamo subito perdite e nessun civile iraniano è stato ucciso». 

L’INCIDENTE MORTALE 

Purtroppo però, il commento di Carter non fu profetico. Durante le operazioni di evacuazione da Desert One, uno degli elicotteri, a causa della sabbia sollevata dalle pale, urtò con le lame del rotore la fusoliera di un C-130 ed entrambi i velivoli esplosero in una palla di fuoco in cui morirono 8 membri degli equipaggi. Dopo l’incidente gli altri elicotteri furono abbandonati e tutti gli uomini dell’operazione ripartono in fretta a bordo dei C-130.   

L’ANNUNCIO DEL FALLIMENTO 

La Casa Bianca annunciò il fallimento dell’operazione Eagle Claw nelle prime ore del giorno seguente, il 25 aprile 1980. Nel frattempo, però, gli iraniani spostarono gli ostaggi americani che vennero divisi e distribuiti in varie località differenti allo scopo di evitare che fosse intrapresa una nuova operazione militare.  

LA LIBERAZIONE DEGLI OSTAGGI  

La liberazione degli ostaggi avvenne, successivamente, grazie a un accordo diplomatico mediato dall’Algeria e firmato il 19 gennaio 1981 ad Algeri. L’intesa prevedeva, oltre alla liberazione degli ostaggi, lo scongelamento dei fondi iraniani depositati presso banche americane, bloccati all’indomani dello scoppio della crisi, e la riaffermazione del principio di non ingerenza. Gli ostaggi furono materialmente liberati il 20 gennaio 1981, lo stesso giorno dell’insediamento di Ronald Reagan come presidente degli Stati Uniti, e furono formalmente affidati in custodia all’ambasciata algerina a Teheran. 

CANADIAN CAPER 

Durante la crisi degli ostaggi, sei prigionieri riuscirono a scappare e a trovare rifugio nell’ambasciata canadese. La Cia, con l’Operazione Candian Caper gestita dall’agente Tony Mendez, riuscì ad esfiltrare queste sei persone spacciandole per membri canadesi di una troupe cinematografica che stava girando il film “Argo” in Iran. Questa operazione è stata poi raccontata nell’omonimo film “Argo” del 2012, vincitore di 3 premi Oscar (tra cui quello di miglior film) e 2 Golden Globe, diretto e recitato da Ben Affleck. Ma questa, come sempre, è un’altra storia.  

LO UNITED STATES SPECIAL OPERATIONS COMMAND  

La successiva indagine sulle cause del fallimento dell’operazione Eagle Claw evidenziò molte carenze nella pianificazione della missione e nella mancanza di coordinamento tra le varie unità che vi avevano partecipato. Per questo motivo il Pentagono creò, qualche anno dopo lo United States Special Operations Command, il comando unificato incaricato di supervisionare tutti i comandi delle operazioni speciali dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e del Corpo dei Marines degli Stati Uniti.  

DELTA FORCE IN AZIONE  

Sul fallimento dell’operazione Eagle Claw sono stati scritti numerosi libri e trattati; per chi volesse approfondire il tema, e anche leggere la storia della nascita della Delta Force, consiglio il libro di Eric L. Haney, Delta Force in azione, edito da Longanesi & C. 

IL FILM DELTA FORCE  

Una curiosità finale: il film Delta Force del 1986, diretto da Menahem Golan con Chuck Norris e Lee Marvin, inizia proprio con il fallimento dell’operazione Eagle Claw. 

 

Autore
Formiche

Potrebbero anche piacerti