Vertice Nato, cresce la pressione sul 5% in spesa militare. Madrid: “Target raggiunti con il 2,1%”. Trump attacca

  • Postato il 23 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La corsa al riarmo dell’Alleanza Atlantica prosegue, ma non senza attriti. Alla vigilia del vertice Nato dell’Aja, previsto per domani 24 giugno, le pressioni per sancire un impegno formale dei 32 Paesi membri a portare la spesa militare al 5% del Pil si intensificano, spingendo verso una soglia che fino a pochi anni fa sembrava irrealistica. Il nuovo obiettivo resta controverso e, nonostante le rassicurazioni sul raggiunto compromesso con Madrid, la Spagna continua a rappresentare l’anello debole del piano di Donald Trump e di chi vuole militarizzare tutto il mondo occidentale.

Il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, ha ribadito che il contributo spagnolo non si misurerà in percentuali, ma in capacità operative. “Pensiamo che il dibattito non debba concentrarsi sulle percentuali, ma sulle capacità. Riteniamo di poter raggiungere gli obiettivi fissati dalla Nato con il 2,1% del Pil”, ha detto Albares, sottolineando come questo approccio sia stato riconosciuto dall’Alleanza stessa. Il superamento del veto spagnolo, sulla base di questa flessibilità, può evitare un clamoroso flop del vertice. Ma un’intesa definitiva non è ancora certa.

Non la pensa così infatti Donald Trump. Il presidente americano, che ha rimandato la partenza per l’Olanda, ha puntato il dito contro gli alleati “pigri”, a suo dire, sul fronte della spesa. “La Nato dovrà vedersela con la Spagna”, ha dichiarato, accusando il governo di Pedro Sánchez di aver investito troppo poco nella difesa. Il suo giudizio negativo non ha risparmiato neppure il Canada, che secondo i dati ufficiali Nato ha destinato nel 2024 solo l’1,45% del Pil al comparto militare.

Lo schema proposto dal segretario generale Mark Rutte — 3,5% per sistemi d’arma convenzionali, 1,5% per resilienza civile e difesa cibernetica — resta al centro delle trattative. L’Alleanza opera per consenso: l’intesa va trovata all’unanimità e il rischio che il vertice possa trasformarsi in un’esibizione di divergenze è concreto. Mentre l’amministrazione Usa insiste sul superamento del target del 2%, diversi Paesi europei temono che un impegno rigido al 5% comprometta le finanze pubbliche e sottragga risorse a welfare, scuola e sanità.

A rendere l’atmosfera ancora più tesa, il quadro internazionale. Il rinvio della partenza di Trump è legato con tutta probabilità alla situazione in Iran, dopo che lo stesso presidente ha ordinato bombardamenti su impianti nucleari. In un simile contesto, l’agenda del vertice rischia di frammentarsi. Gli alleati europei e il Canada vogliono porre l’Ucraina al centro della discussione, ma non è chiaro se Washington – e lo stesso Trump – intendano dare spazio al presidente Volodymyr Zelensky, atteso comunque a cena all’Aja.

A 75 anni dalla firma del Trattato di Washington, la Nato sembra oggi divisa tra l’ambizione di rafforzarsi come scudo globale e le resistenze di chi teme una deriva militarista senza limiti. A guidare la macchina diplomatica è Rutte, ex premier olandese, ora segretario generale. La sua sfida è tenere unito un blocco sempre più eterogeneo, dove la leadership statunitense è al tempo stesso dominante e divisiva. I nuovi piani militari dell’Alleanza prevedono la capacità di schierare 300mila soldati entro 30 giorni in caso di attacco. Ma la trasformazione della Nato in una macchina da guerra da 5% del Pil, spinta soprattutto dagli Stati Uniti, incontra ancora resistenze. Se potrà diventare realtà, lo si vedrà al termine del vertice.

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