Venezia rischia davvero di scomparire, ma non per colpa del mare

  • Postato il 29 maggio 2025
  • Di Panorama
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«Fra pochi anni Venezia non ci sarà più», diceva il Wwf nel 1993. «Entro dieci anni Venezia affogherà», assicurava un professore di Padova nel 1994. Invece Venezia è ancora qui.  Per fortuna nostra, e di tutto il mondo. Ma il vero rischio arriva adesso. E non per ciò che si pensava. Era stato  previsto infatti ogni tipo di disastro ambientale, erano stati  dipinti scenari eco-catastrofici di qualsiasi genere, eravamo pronti a vedere il ponte dei Sospiri collegarsi direttamente con la fossa delle Marianne e la cupola di San Marco sparire sotto l’acqua per lasciar spazio alla cupola di Palermo (commento caustico di un veneziano: «Beh, xe siamo portati avanti: a Burano c’abbiamo già il pizzo…»). Niente di tutto questo è successo. Ma ora Venezia rischia di affondare per altri motivi: non per la piena della Laguna, ma il vuoto delle persone. Non per l’inondazione delle calli, ma per il deserto delle case. A far paura non è più l’acqua alta. È la bassa popolazione.

Come ha notato Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera ad abitare Venezia sono rimaste 48.283 persone. Dodicimila meno rispetto al 2008, un quarto rispetto ai 174.808 del 1951. In compenso i letti per turisti sono 51.129, dei quali 23.627 bed&breakfast, a cui vanno aggiunti quelli abusivi. Nelle municipalità Venezia-Murano-Burano la percentuale delle case lasciate vuote è del 36 per cento. In compenso la città è invasa da torme di visitatori, per la gioia dei borseggiatori, che sembrano inarrestabili («Uno l’abbiamo fermato 28 volte, è sempre tornato libero dopo poche ore», s’è lamentato ai microfoni di Fuori dal coro il sindaco Luigi Brugnaro). L’invasione di turisti fa felici, oltre ai ladri, anche i rivenditori di souvenir a basso presto, gli ambulanti della paccottiglia e gli usa&getta del cibo. Secondo Confesercenti su 2.968 attività di Venezia, ben 1.145, poco meno della metà sono dedicate alla somministrazione di alimenti e bevande. Ovviamente con la prevalenza di cibo veloce, da mangiare per strada.

Risultato? C’è davvero il rischio che fra pochi anni Venezia non ci  sia più. La profezia poco Serenissima forse stavolta si avvera sul serio. Ma a travolgere la città non è l’onda anomala del mare, come si è temuto per anni: è piuttosto l’onda anomala dei visitatori.  L’onda anomala del mare infatti è stata fermata dal Mose, il sistema delle paratie che, pur nato fra mille polemiche, sprechi e scandali, ora dimostra di funzionare.  L’onda anomala dei visitatori chi la ferma? Al contrario c’è chi la vorrebbe aumentare: l’idea che si  diffonde, e che qualcuno sostiene apertamente, è quella di chiudere le ultime botteghe storiche e di espellere ancora residenti per trasformare piazza San Marco e dintorni in un villaggio del lusso globalizzato, la «shopville» di marchi famosi e gioiellerie, una specie di esposizione permanente per ricchi in cerca di un selfie da photoshoppare. Il rischio è che l’alluvione ci sia davvero, ma di Chanel numero 5, come sarà a fine giugno in occasione del super matrimonio deluxe di Jeff Bezos: tre giorni di party esclusivi con la signora che cambierà 27 abiti, 30 milioni di dollari di budget, tutti gli hotel prenotati e un’intera isola occupata.

Del resto, come stupirsi? Le isole di Venezia sono quasi tutte all’asta. L’isola delle Rose sarà comprata dai tedeschi o dagli americani (140 milioni di euro). Quella di San Clemente è andata ai turchi. L’isola di Santo Spirito aspetta un acquirente (nove milioni di euro), quella di  Poveglia pure. Gli americani si sono comprati anche la celebre Ca’ Dario sul Canal Grande, i francesi hanno Palazzo Grassi, Punta della Dogana e Palazzo Vedramin Grimani, il Belgio ha messo la sua bandiera su Palazzo Diedo, gli svizzeri su Palazzo Trevisan Cappello e Palazzo Morosini Foscarini. Gli inglesi hanno l’hotel Baglioni, i ciprioti il Bauer. Un’imprenditrice cinese ha invece acquistato Palazzo Pisani Moretta, quello dove si svolge lo storico Ballo del Doge. E i suoi connazionali hanno fatto incetta di negozi e aziende: secondo la Camera di commercio di Venezia gli imprenditori cinesi attivi in città sono 1.018. I veneziani fuggono, il Dragone avanza.

E il timore è che quello che sta succedendo in modo così evidente a Venezia possa succedere prima o poi a molte nostre città. Pensateci: quanti negozi sono stati chiusi in tutta Italia? Quante botteghe storiche non riaprono più? Quanti centri abitati si stanno svuotando? Quanti sono in vendita all’incanto? Quanti pezzi del nostro Paese stanno perdendo l’anima per diventare museo a cielo aperto, parchi di divertimento per turisti,  territorio di conquista per stranieri danarosi? 

Abbiamo ereditato dai nostri padri un Paese pieno di energie, ora lo stiamo devitalizzando come un dente cariato. Ci resterà poco se non facciamo nulla per salvarlo. Perché non cominciamo da Venezia? n

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Panorama

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