Veneto: il traino di Zaia fa vincere Stefani, enfant prodige della Lega scelto da Salvini per tenere testa all’ex governatore
- Postato il 24 novembre 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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VENEZIA – Giovane, il volto di una persona perbene, nessuna polemica sopra le righe e un curriculum politico cominciato da amministratore locale, poi proseguito con l’elezione alla Camera. Con una percentuale superiore al 60 per cento dei voti, il padovano Alberto Stefani, moderato ed equilibrato enfant prodige della Lega in Veneto, ha ottenuto la successione alla poltrona di Doge che per tre lustri è appartenuta a Luca Zaia. In qualche modo un successo annunciato, in una regione da sempre a vocazione di centrodestra, in ogni caso costruito con accortezza e utilizzando al massimo il traino del governatore uscente. Eppure c’era qualche spunto perché Zaia e Stefani non andassero d’accordo. Innanzitutto il fatto che il trentatreenne nato a Camposampiero, diventato deputato nel 2018 ad appena 25 anni, poi anche sindaco di Borgoricco nel 2018, avesse compiuto la sua ascesa politica all’interno della Lega appoggiandosi a Matteo Salvini.
È stato il segretario federale ad individuarlo come suo plenipotenziario in Veneto, chiedendogli di tenere testa allo strapotere di Zaia. La polarizzazione non si è trasformata in scontro interno per tanti motivi. Innanzitutto perché Stefani ha capito che non avrebbe potuto esistere senza trovare il modo di andare d’accordo con il governatore. Ma anche perché Zaia non ha mai accelerato per cercare di strappare la leadership nazionale di Salvini, accontentandosi (si fa per dire) di un ruolo di potere quasi assoluto all’interno dei confini del Veneto. Anzi, quando nel 2023 si sono svolte le votazioni per il nuovo segretario regionale della Liga Veneto-Lega Nord, Zaia ha capito come sarebbe andata a finire e non ha fatto la guerra al commissario di Salvini che aveva retto il partito nei tre anni precedenti. Qualche leghista nostalgico di una Lega radicata nel territorio e contraria alle aperure del segretario federale per farne un soggetto politico a dimensione nazionale, avrebbe voluto coltivare una candidatura alternativa alla segreteria rispetto a quella di Stefani.
Uno di questi era l’assessore Roberto Marcato, padovano, che ha in più occasioni contestato la linea salviniana. Nel momento cruciale Zaia non si è schierato contro Salvini, anzi durante il congresso regionale ha dato il via libera a Stefani. Quest’ultimo da allora in poi ha condotto i giochi puntando a una ripresa del partito, sceso nel frattempo ai minimi storici e a consolidare l’accordo con Zaia. Lo ha appoggiato quando il governatore chiedeva il quarto mandato e anche quando voleva presentare una lista alternativa a Fratelli d’Italia, se il partito di Giorgia Meloni avesse insistito a pretendere un proprio candidato alla presidenza del Veneto. E’ così nata l’idea di candidare Zaia a capolista in tutte le province venete, per risollevare il peso elettorale, in una battaglia senza esclusione di colpi con Fratelli d’Italia.
Stefani è un personaggio in buona parte da scoprire fuori dal Veneto. Ha frequentato il liceo scientifico di Camposampiero diplomandosi nel 2011. E’ poi diventato coordinatore provinciale di Padova del movimento giovanile della Lega. Nel 2014 è stato eletto consigliere comunale a Borgoricco. Nel 2017 si è laureato in giurisprudenza all’università di Padova, discutendo una tesi in diritto canonico e storia del diritto, materie che ha coltivato da ricercatore. La sua consacrazione politica è arrivata con l’elezione per la seconda volta alla Camera, nel 2022, nel collegio uninominale di Rovigo. Nel 2024 ha tirato la volata alle ambizioni di Zaia, presentando un disegno di legge come primo firmatario per modificare la legge del 2004 che limitava a soli due mandati la presidenza di regione, al fine di aumentarne il numero a tre. È stato il primo firmatario di una proposta di legge per abrogare la legge Delrio, con la richiesta di ripristinare le Province quali enti di primo livello amministrativo. Per trainare la riforma autonomista dello stato voluta da Zaia è stato nominato dai presidenti di Camera e Senato alla presidenza della Commissione Bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Intanto ha tenuto saldi i legami con Salvini che nel 2024 lo ha nominato vicesegretario. Consolidatosi a via Bellerio e in Veneto, Stefani ha condotto una campagna elettorale dall’esito scontato, che pure non ha improntato a temi strettamente identitari, ma aperto alla dimensione sociale e ai diritti.
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