Velo e polizia morale, il governo della Libia vuole imitare l’Iran
- Postato il 18 novembre 2024
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Si avvicina il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, e i governi si apprestano a “celebrarla” come meglio ritengono. Quello libico di Tripoli, il governo di unità nazionale alleato dell’Italia, pare avere un modello di riferimento ben preciso: l’Iran.
Il 6 novembre il ministro dell’Interno Imed Trabelsi (in foto, in seconda fila, rivolto verso sinistra – ndr) ha annunciato che intende adottare nuove norme che rischiano di rafforzare la discriminazione contro donne e ragazze, violando i loro diritti alla libertà di espressione, religione, credo e autonomia personale. Un annuncio minaccioso, lo ha definito Amnesty International: in nome della “morale”, siamo di fronte a un’escalation pericolosa dei livelli già soffocanti di repressione cui sono sottoposte le persone che in Libia non si adattano alle norme sociali dominanti.
Le proposte di imporre il velo obbligatorio a donne e ragazze a partire dai nove anni, limitare le interazioni tra uomini e donne e controllare le scelte personali dei giovani riguardo a taglio di capelli e abbigliamento, non sono solo profondamente preoccupanti, ma violano anche gli obblighi della Libia ai sensi del diritto internazionale.
Imed Trabelsi ha pure proposto di obbligare le donne a ottenere il permesso di un tutore maschile per poter viaggiare all’estero. Nell’occasione, si è vantato di aver costretto al rimpatrio dalla Tunisia due donne libiche che avevano viaggiato senza il “maschio di casa”. Il ministro dell’Interno ha poi annunciato l’intenzione di istituire una “polizia morale” per controllare gli spazi pubblici, i luoghi di lavoro e le interazioni personali, in palese violazione della privacy, dell’autonomia e della libertà di espressione.
Prima della sua nomina a una delle istituzioni più importanti della Libia, quella che dovrebbe garantire sicurezza a tutti i cittadini e alle persone che si trovano nel paese, Imed Trabelsi era a capo dell’Agenzia per sicurezza pubblica, una milizia nota per il coinvolgimenti in gravi crimini contro persone rifugiate e migranti, tra cui sparizioni forzate e torture.
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