Van Gogh Café: Andrea Ortis svela i segreti del suo musical in scena a Catanzaro
- Postato il 7 marzo 2025
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Il Quotidiano del Sud
Van Gogh Café: Andrea Ortis svela i segreti del suo musical in scena a Catanzaro
Van Gogh Café Opera Musical in scena al Teatro Politeama di Catanzaro il 7 e l’8 marzo. L’intervista ad Andrea Ortis. L’autore, regista e attore svela i segreti del suo capolavoro.
CATANZARO – Dopo il trionfo della scorsa stagione al Teatro Rendano di Cosenza, “Van Gogh Café Opera Musical” torna in Calabria per incantare ancora una volta il pubblico. Il 7 e l’8 marzo 2025, al Teatro Politeama di Catanzaro, il capolavoro scritto e diretto da Andrea Ortis, con la produzione della Mic International Company e l’organizzazione della Show Net di Ruggero Pegna, promette una nuova esperienza indimenticabile. Un’opera che unisce musica dal vivo, danza, teatro e innovazione tecnologica per raccontare, in modo unico ed emozionante, la vita e l’arte di Vincent Van Gogh.
La trama si sviluppa in un Café Chantant parigino, dove prende vita la storia di Van Gogh, raccontata attraverso la corrispondenza tra il celebre pittore olandese e suo fratello Theo. Oltre 900 lettere, racchiuse in un antico volume che entrerà in scena grazie a Monsieur Louis Philippe, antiquario del café. Le parole di Vincent risuoneranno tra le anime dei protagonisti, trasportando il pubblico in un viaggio emotivo senza precedenti.
La regia di Andrea Ortis, al fianco di un cast straordinario, tra cui lo stesso Ortis nei panni di Monsieur Louis Philippe, Floriana Monici, Chiara Di Loreto, Raffaele Ficiur, e un gruppo di musicisti di alto livello, daranno vita a una performance che si preannuncia un’esplosione di emozioni. Con Antonello Capuano alla direzione musicale e arrangiamenti di Francesco Coia, ogni strumento – dal violino alla chitarra, dalla percussione al contrabbasso – accompagnerà la narrazione con colori sonori vibranti. Le coreografie di Marco Bebbu mescoleranno flamenco e danza contemporanea, mentre la scenografia di Gabriele Moreschi farà da cornice a questo affascinante spettacolo.
Grazie alle animazioni 3D di Tommaso Borello e Ludovico Gandellini, le opere di Van Gogh prenderanno vita in un’esperienza immersiva che sfida i limiti del palcoscenico. Gli spettatori si ritroveranno nel cuore delle sue opere, fluttuando sotto il cielo stellato o passeggiando tra i campi di grano, vivendo un sogno ad occhi aperti che li connetterà alle emozioni più intime dell’artista. Per scoprire i segreti di questa magica opera, abbiamo intervistato Andrea Ortis, che ci ha svelato le emozioni e le intuizioni dietro la sua creazione.
Andrea Ortis, cosa ha significato per lei il ritorno di questo spettacolo dopo il successo dello scorso anno?
«Il ritorno di questo spettacolo ha per me un valore immenso. Van Gogh Café Opera Musical racconta la vita di Vincent attraverso un intreccio di musica, canto, prosa e danza. È uno spettacolo sui generis perché tocchiamo temi profondi e universali come la solitudine, le difficoltà esistenziali e il bisogno di essere riconosciuti nel proprio lavoro, elementi che rendono questa storia estremamente attuale. Insomma, tutto quello che ha vissuto Vincent, in fondo, attraversa anche noi.
In fase di scrittura non ho avuto paura di esplorare questi aspetti, e il riscontro del pubblico dimostra che c’è bisogno di contenuti profondi. Il teatro non è solo intrattenimento leggero: la gente cerca qualcosa che parli al cuore. Il riscontro è stato straordinario, sia da parte della critica che degli spettatori, e questo mi dà fiducia. In un periodo in cui assistiamo a un impoverimento culturale preoccupante, è bello vedere che il pubblico ha ancora voglia di storie autentiche. La gente si è stancata di cose banali e ha voglia di prodotti fatti con grande ricerca storica, accuratezza. Non mi riferisco solo al mio spettacolo: quando le persone iniziano a cercare qualità, c’è speranza per il futuro».
La scelta di raccontare la vita di Van Gogh attraverso la sua corrispondenza con il fratello Theo è davvero originale. Come è nata questa idea e in che modo influisce sullo sviluppo dello spettacolo?
«Vincent Van Gogh viene quasi sempre presentato come un folle solitario, un po’ psicopatico. Un uomo che soffre di depressione e che, alla fine, decide di togliersi la vita. Ma studiando la sua arte, viaggiando in lungo e in largo, visitando i luoghi in cui ha vissuto e leggendo la sua vasta corrispondenza, ho scoperto un Vincent diverso: felice, appassionato, vitale, innamorato. Un fanciullo incantato dai colori della natura.
Queste lettere rappresentano il backstage di Vincent, tutto ciò che era dentro il suo cuore e la sua anima. E rivelano il perché di quadri come “I mangiatori di patate”, “La notte stellata”, “Il campo di grano con volo di corvi”, “I girasoli”. Così ho sentito il bisogno di raccontare non solo il Van Gogh che tutti conosciamo, ma anche questo lato meno noto, più intimo. Perché l’arte nasce sempre da un’urgenza, da un bisogno profondo di verità. Entrare nel suo mondo significa immergersi nei suoi colori, sentire gli odori della sua tavolozza e rendere questo processo vivo sul palcoscenico».
L’aspetto visivo dello spettacolo è molto coinvolgente, con l’uso di animazioni 3D per portare in vita le opere di Van Gogh. Qual è il processo creativo dietro queste innovazioni tecniche?
«È un percorso lungo e complesso, che non si limita alla ricerca iconografica, ma integra il linguaggio filmico nel teatro, trasformandolo in una poetica visiva raffinata, suggestiva e immersiva. L’obiettivo è creare un’esperienza in grado di coinvolgere emotivamente gli spettatori, avvolgendoli nell’incanto dell’immagine.
Questo risultato nasce dal lavoro di un’équipe con cui collaboro da anni, unita da un’intesa profonda che diventa un valore aggiunto nel processo creativo. Le proiezioni nascono dall’amore e dal desiderio di offrire un’esperienza avvolgente, capace di portare il pubblico esattamente dove vuole essere condotto. Questo accade quando l’arte è libera. Con lo staff e il team creativo abbiamo lavorato a lungo sull’immagine pittorica, su come animare questi dipinti e come renderli connessi alla storia, non solo con un gioco di colori ma con qualcosa di più ampio che potesse toccare alcune frequenze dell’anima del pubblico».

Sul palco, non vedremo soltanto attori ma anche ballerini e musicisti dal vivo…
«Esatto! Lo spettacolo è ambientato in un Café Chantant parigino di fine Ottocento. Qui si intrecciano storie di amori, tradimenti, passioni. Musica, danza e teatro si fondono. Ci sono ballerini che spaziano dal flamenco alla danza contemporanea, un’orchestra dal vivo, cantanti e attori. Ogni elemento contribuisce a rendere questa storia vibrante, emozionante, totale. Il café diventa la tavolozza di Vincent: ogni personaggio è un colore della sua anima, e della nostra».
Andrea Ortis, c’è una scena o momento nello spettacolo che pensa sia particolarmente emozionante o che rappresenti meglio la vita di Van Gogh?
«Ci sono molti momenti toccanti, ma uno in particolare colpisce sempre il pubblico: la scena finale in cui trascino tutti dentro “La notte stellata”. C’è un’emozione forte, perché entriamo in contatto con l’anima fanciulla di Vincent Van Gogh. Di conseguenza, attiviamo la nostra. Qui si risveglia il nostro sguardo infantile, quello di quando avevamo sogni, meraviglia, stupore per il mondo. Poi la vita, le difficoltà, la routine ci hanno un po’ disilluso… eppure, nel teatro, per un attimo, torniamo a sognare e a credere in qualcosa di più ampio di noi. È un momento in cui il pubblico si commuove perché sente, in profondità, quel desiderio di speranza e bellezza».
E per lei, qual è il momento più significativo?
«C’è una frase di Van Gogh che mi colpisce sempre: “La mia esistenza è legata al desiderio di stare con qualcuno”. Sembra semplice, ma racchiude tutto. Alla fine, ciò che più conta è l’amore: il bisogno di essere visti, riconosciuti, amati, gratificati, anche professionalmente. Fortunatamente, siamo animali sociali, anche in una deriva individualista se vuoi. Avere una persona, qualunque essa sia, a cui rivolgersi, a cui fare una confessione, con cui fare una passeggiata, fa la differenza nella vita. La solitudine è probabilmente la paura più grande che abita in noi. Nella parola “qualcuno” io vedo tutto il baratro e tutto lo slancio della nostra possibile vita».
In questo spettacolo è autore, regista e attore. Come convivono in lei queste tre anime?
«In me queste tre anime si fondono e, in maniera plastica, si trasformano continuamente, come l’acqua che cambia stato con il caldo e il freddo. Non potrei solo essere un attore, non potrei solo essere un autore, non potrei solo essere un regista. Sono tutti e tre. Ci sono momenti in cui prevale il regista, con la sua visione d’insieme. Altri in cui sento il bisogno di isolarmi nella natura e scrivere, creare storie. E poi ci sono attimi in cui è l’interprete a prendere il sopravvento: il corpo, la voce, il canto diventano il mezzo per dare vita alle emozioni. È una metamorfosi continua. Immagina i pianeti di Vincent Van Gogh che ruotano. Sono fatti di giallo, verde, rosso: pur restando distinti si fondono in un’unica opera».
Andrea Ortis, come ha visto crescere e trasformarsi il progetto Van Gogh Café Opera Musical nel corso di questi anni? Quali sono stati i momenti più significativi del viaggio?
«Ci sono stati tanti step. Questo spettacolo è nato come un piccolo seme piantato anni fa in Molise, la regione più piccola d’Italia. Lì avevo capito che quello che avevo scritto aveva in sé una forza narrativa grande. Ma più che di step, parlerei di persone. Il teatro non è un’entità astratta: è fatto di esseri umani, di anime che si incontrano. Io cerco di donare tutto ciò che ho, instancabilmente, alle persone, al pubblico, ai miei tecnici, al mio cast. Gli step evolutivi sono tutte le singole persone che hanno partecipato a questo spettacolo. Persone stanche del peso delle maschere che hanno contribuito alla crescita di questo seme.
Sai qual è la cosa più bella? Il seme continua a fiorire, senza mai diventare un frutto che si consuma, è iniziato a sbocciare ma non è mai diventato frutto, non si è mai consumato, ma continua a sbocciare. Lo step più importante? L’eterna primavera dei girasoli di Vincent».
Prossime repliche?
«Il 13 marzo saremo ad Assisi, il 17 e il 18 marzo a Trieste e infine il 22 e il 23 marzo a Torino. Chiudiamo così un tour intenso di circa tre mesi, iniziato il 2 gennaio».
Il Quotidiano del Sud.
Van Gogh Café: Andrea Ortis svela i segreti del suo musical in scena a Catanzaro