Valentino Rossi sfida il destino: perché l’hypercar resta il sogno quasi impossibile
- Postato il 21 novembre 2025
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- Di Virgilio.it
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A tre anni dal suo addio alla MotoGP, Valentino Rossi continua a inseguire nuove linee di frenata, nuove sfide, nuove velocità. Ma oggi il suo futuro non si gioca più sul cordolo di una pista del Motomondiale, bensì tra garage ipertecnologici e prototipi ibridi da 1.000 CV. Il nove volte campione del mondo ha infatti ribadito, in una recente intervista concessa a Motorsport, il suo desiderio più grande: guidare un’hypercar nel FIA World Endurance Championship, la categoria che in due stagioni è diventata il nuovo epicentro del motorsport globale. Un sogno dichiarato da tempo, che Rossi non ha mai voluto nascondere. Ma è anche un percorso in salita, complicato da dinamiche industriali, strategiche e politiche che attraversano BMW, il WEC e l’intero mondo delle corse endurance. Eppure, nonostante tutto, Rossi continua a crederci. E non è difficile capire perché.
L’hypercar come ritorno alle origini
È stato il test in Bahrain a far scattare il cortocircuito emotivo e tecnico. Rossi ha potuto guidare la BMW M Hybrid V8, il prototipo con cui il marchio bavarese è tornato nel top level mondiale. E quel test è stato, nelle sue parole, “più simile a una moto che a una GT3“. Le hypercar permettono di “attaccare”, restituiscono un linguaggio più aggressivo, più diretto, un mezzo con cui Rossi può guidare come ama fare. La prestazione in Bahrain, poi, ha aggiunto un tassello psicologico fondamentale: Rossi è stato a un decimo dal tempo di Arthur Leclerc sulla Ferrari 499P. Un dato che a 46 anni non può essere ignorato.
BMW, WRT e un puzzle di scelte non semplici
Sulla carta esisterebbe una strada semplice per Rossi: BMW ha una hypercar, WRT è il team con cui corre, dunque l’incastro sembrerebbe naturale. La realtà è diversa. BMW sta spingendo forte su una generazione di piloti giovani, cresciuti internamente e capaci di dare continuità a un progetto tecnico appena iniziato. Le hypercar moderne richiedono infatti adattamento alle ibride ad alto voltaggio, lavoro di sviluppo costante, capacità di lavorare ai simulatori per centinaia di ore, una freschezza atletica e mentale difficile da mantenere per chi, come Rossi, porta con sé un programma diversificato. Rossi non lo nasconde: “BMW ha molti piloti, piloti giovani. È un peccato, perché mi sento bene con la macchina. Ma non so se succederà“. Il nodo sta tutto qui, non è una questione di talento, ma di incastri industriali.
Una questione di strategia
A livello globale, il WEC sta vivendo la sua nuova età dell’oro. Con Ferrari, Toyota, Cadillac, BMW, Alpine, Aston Martin, la classe Hypercar è affollata e ultracompetitiva. Le case devono gestire politiche di sviluppo, decidere lineup che garantiscano punteggio pieno in ogni gara, mantenere coerenza tra programmi WEC e IMSA. In questo scenario, inserire Valentino Rossi, un brand vivente, non è semplice. Da un lato porterebbe visibilità colossale; dall’altro rischierebbe di interferire con scelte tecniche già definite. E c’è un altro punto: le hypercar, oggi, richiedono programmi full season. Non si entra per “fare qualche gara”. Non più. Rossi questo lo sa. Ma resta aperto a tutto: “Sono aperto a qualche gara. Può essere un’idea, ma non so se è possibile“.
L’alternativa IMSA
Se il WEC si complica, c’è un’opportunità che invece si sta aprendo, IMSA, e in particolare la Michelin Endurance Cup. Dal 2025, WRT gestirà per BMW anche il programma GTP negli Stati Uniti. Questo significa molte gare lunghe, lineup da 3-4 piloti, necessità di esperienza e gestione, meno sovrapposizioni con gli impegni WEC. Rossi lo sa e lo dice chiaramente: “Può essere un’occasione. Il WRT l’anno prossimo gestirà anche l’IMSA. Non lo so, spero”. Nel 2026? Molto più probabile.
LMGT3: luci, ombre e la solidità di un percorso
Da quando è entrato nel WEC, Valentino ha disputato 16 gare in LMGT3. Risultato: 4 podi, un secondo posto sfiorando la vittoria a Imola, una costanza crescente, una collaborazione con Kelvin van der Linde e Ahmad Al Harthy che ha dato equilibrio al trio della BMW M4 GT3 #46. Rossi non è un VIP driver. È un professionista che sta costruendo un percorso vero, duro, fatto di gare, test, ore di analisi. Nel paddock, l’opinione più diffusa è che Rossi è molto più vicino, oggi, alla filosofia endurance che a quella GT sprint. Ecco perché il salto in Hypercar continua ad attirarlo. Ecco perché le GT3 cominciano a stargli strette.
Il rinnovo con BMW e un bivio da risolvere
Il contratto triennale con BMW scade a fine 2025. Un rinnovo sembra scontato, ma non è definito su quale campionato correrà. Le opzioni, restare nel WEC in LMGT3 con un ruolo da veterano di lusso, passare in IMSA nelle gare endurance con eventuali apparizioni in GTP, ricominciare a spingere per un sedile Hypercar, soprattutto se BMW ampliasse il programma. C’è però un elemento da non sottovalutare: BMW usa Rossi anche come ambasciatore globale, per marketing e immagine. Per questo motivo, una sua presenza in eventi come Daytona, Sebring o Petit Le Mans non solo sarebbe possibile, ma addirittura strategica.
L’Hypercar è ancora possibile
Alla fine, la domanda è una sola: Rossi guiderà mai una hypercar in gara? La risposta più onesta oggi è “non è probabile, ma nemmeno impossibile”. Potrebbe succedere, perché WRT lo supporta e vede in lui un valore per il team, BMW potrebbe ampliare il programma nel 2026-2027, perché Rossi ha ancora livello, motivazione e visibilità mondiale e perché il WEC esploderà ulteriormente, e servono nomi iconici. Potrebbe non succedere, perché il roster BMW è già pienissimo, per una politica industriale orientata alla continuità, per la complessità del regolamento Hypercar e anche per i tempi ristretti.
Valentino, sempre oltre il limite
A quasi cinquant’anni, Valentino Rossi pensa ancora come un pilota. Non mette limiti, non chiude porte, non accetta percorsi già scritti. E questa è la ragione per cui la sua figura rimane unica: perché è uno che ancora guarda avanti, mai indietro. Il sogno hypercar resta lì, sospeso tra romanticismo e realismo. Forse non accadrà nel 2025. Forse non accadrà nemmeno nel 2026. Ma chi conosce Valentino Rossi sa che non è il tipo che smette di provare solo perché la strada è difficile. E, in fondo, il motorsport vive di storie così: di campioni che inseguono nuove curve anche quando il mondo pensa che abbiano già fatto abbastanza. Rossi no, non ha ancora finito.