Usa, lo scontro interno ai “trumpiani”: i fronti aperti tra la “tecno-destra” e il movimento Maga (a partire dall’IA)

  • Postato il 11 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Gli industriali chiedono al governo federale campo libero per poter “innovare”: in una formula, incentivi fiscali, investimenti a pioggia e deregolamentazione. Stavolta – argomentano i discepoli di Elon Musk e Peter Thiel – gli interessi nazionali e di Big Tech coincidono: la Cina sta scalando posizioni nella corsa all’intelligenza artificiale e gli Stati Uniti non possono permettersi titubanze o peggio, ritardi. Poi c’è il variegato movimento Make America Great Again, che tiene insieme populisti di destra, conservatori e nazional-cristiani. E non fa nulla per nascondere la sua tecnofobia, apostrofando gli sviluppatori dell’IA “come traditori della nostra specie, traditori della nostra nazione, apostati della nostra fede e minacce per i nostri figli”. La quarta rivoluzione industriale va governata e se necessario rallentata, azionando i freni. Queste due forze si sono saldate per riportare Donald Trump alla Casa Bianca, ma il blocco di potere che hanno formato comincia a scricchiolare. Il Presidente non lo dà a vedere però la sua amministrazione si è incastrata tra l’incudine e il martello. E prima o poi, chiosano i critici, dovrà decidere da che parte stare.

Al quinto congresso dei nazional-conservatori (“NatCon”) gli apostoli del movimento MAGA hanno trascinato Big Tech al banco degli imputati: “L’industria dell’intelligenza artificiale”, ha premesso John Miller, uno dei relatori, “non ha praticamente alcuna sovrapposizione ideologica con il conservatorismo nazionale“. Le critiche si sono fatte via via più feroci: il settore, prosegue Miller, macera in un miscuglio di ideologie tossiche (il transumanesimo, il globalismo, il laicismo e il femminismo). “Vogliono esplicitamente la disoccupazione di massa, pianificano un comunismo basato sul reddito di cittadinanza e considerano la specie umana un ‘bootloader‘ biologico, come dicono loro, per la superintelligenza artificiale”. Va precisato che MAGA è un coacervo di ideologie (che si raggrumano attorno ad una manciata di valori trasversali e di parole d’ordine condivise). Infatti i relatori che si sono alternati sul palco, nel corso dei panel, spaziavano dalla tecnofobia radicale ad un più prudente (e attenuato) conservatorismo. Si è levata soltanto una voce dissenziente: il CEO di Palantir, Shyam Sankar, che ha paragonato gli sviluppatori ai padri fondatori degli States.

Il congresso fotografa un conflitto interno alla coalizione che sostiene Trump; di provvedimento in provvedimento si è fatto più visibile e violento, dal momento che le due fazioni promuovono, in alcune materie di policy, interessi inconciliabili. I primi colpi li ha esplosi Steve Bannon, il custode dell’ortodossia MAGA, quando Elon Musk è stato cooptato nell’amministrazione Trump. L’imprenditore sudafricano sarebbe un esponente di punta della “tecnodestra”, un termine – invero, dai contorni vaghi e indefiniti – che la stampa liberal ha affibbiato al segmento della Silicon Valley che nutre simpatie repubblicane. Alcuni osservatori, oltre ai repubblicani della prima ora (come Peter Thiel), adesso ascrivono a questa categoria anche i cd “repubblicani per convenienza”, a cominciare da Zuckerberg ed altri CEO che hanno sempre dato l’impressione di tendere verso i democratici ed ora accorrono alla corte di Trump, sperticandosi in elogi, captatio benevolentiae e capovolte politiche. Quando si consumò la rottura tra Trump e Musk il primo a felicitarsene fu proprio Bannon, che ne invocò l’espulsione dal paese.

Il terreno di scontro principale tra tecnodestra e MAGA è l’intelligenza artificiale. Al NatCon, sulla scia di interventi dal taglio apocalittico, è stata presentata come una forza anti-umana che erode il “logos”, emula l’anima, scava tra tecnologia e trascendenza; la coloritura religiosa dell’evento ha reso esplicito questo registro. Sul piano culturale, in assenza di filtri o controlli preliminari adeguati, rischia di involvere in un agente woke nelle condizioni di riscrivere linguaggio, verità, fede e gerarchie sociali. L’IA assurge a catechismo alternativo: risponde, consiglia, prescrive, sostituendosi (lentamente, ma in maniera inesorabile) alle autorità tradizionali. In termini economici invece questa tecnologia potrebbe dislocare e stravolgere il mondo del lavoro, sprofondando il “working man” – il referente sociale del movimento – nella disoccupazione. I relatori hanno chiesto ispezioni pubbliche, restrizioni sui dati, responsabilità rafforzate. Sul versante opposto Big Tech – nel suo complesso, dunque al netto dell’affiliazione partitica di questo o quell’imprenditore – preme per accelerare lo sviluppo tecnologico, nella cornice di un regime regolatorio snello e centralizzato.

Ma ci sono anche altri fronti aperti. Oltre a come viene concepito il ruolo del governo in generale (Stato minimo vs Stato etico) sull’immigrazione la tecnodestra promuove un atteggiamento più morbido, orientato alla selezione, per aprire flussi in entrata di manodopera qualificata (si parla, a tal proposito, di visti “tech”). Di fondo, infatti, questa “parte politica” è espressione dell’industria tecnologica. Dunque ne veicola e sponsorizza gli interessi, anche rispetto al tema dazi. La guerra commerciale ingaggiata dalla Casa Bianca con il resto del mondo, che è stata salutata con giubilo dal mondo MAGA (al grido di “America First!”), ha costretto Big Tech a riorganizzare in fretta e furia le sue linee d’approvvigionamento – che si snodavano su scala globale. In compenso sono arrivati miliardi di dollari sotto forma di incentivi e investimenti nel campo dell’IA. Donald Trump sta cercando di tenere insieme le due fazioni, nella speranza che la saldatura regga almeno fino alle elezioni di mediotermine. Il mezzo è il cerchiobottismo. Il fine è evitare di scegliere tra milioni di voti o miliardi di dollari in finanziamenti e contributi elettorali.

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Il Fatto Quotidiano

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