Usa, l’agenzia per l’immigrazione investe 9 milioni nell’Ia per il riconoscimento facciale: “Una nuova polizia politica”

  • Postato il 20 settembre 2025
  • Mondo
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

Basta una foto, non importa se è sfocata. In alternativa il ritaglio di un video, anche se la ripresa manca di qualità e risoluzione; l’importante è mettere a fuoco il volto. Il resto compete all’intelligenza artificiale; l’algoritmo passa in rassegna centinaia di migliaia di profili social, a caccia di corrispondenze. E può identificare il sospettato in tempi record. La biometria è la nuova frontiera della tecnologia di sorveglianza; l’autorità statunitense anti-immigrazione (Ice), non a caso, ci ha investito nove milioni di dollari.

“Clearview AI” vende software di riconoscimento facciale alle forze dell’ordine. Sul portale ufficiale la società dettaglia la propria “missione aziendale”: l’impresa “sta migliorando la sicurezza pubblica aiutando le forze dell’ordine a generare rapidamente indizi per identificare sospettati, testimoni e vittime, consentendo loro di chiudere i casi più rapidamente e garantire la sicurezza delle comunità. La piattaforma di riconoscimento facciale ad alta precisione di Clearview AI protegge le nostre famiglie, rendendo le nostre comunità più sicure e rafforzando la nostra sicurezza e difesa nazionale”.

L’azienda, che batte bandiera statunitense, vanta “60 miliardi di immagini”, raccolte ed inquadrate nel database “più grande al mondo”. Ma la tecnica che ha impiegato per costruire questo vasto archivio di immagini (il cosiddetto “scraping”) gli è costata cause, multe e controversie legali in Italia, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi – avviate dalle rispettive autorità in campo di privacy. Clearview AI infatti ha estratto (“scrapato”) materiale visivo dagli account social dei cittadini di svariati Paesi senza richiederne (ed ottenerne) il consenso. Il Garante della Privacy in Italia ha inflitto all’azienda una sanzione di venti milioni di euro e gli ha ordinato di rimuovere dall’archivio le foto estratte da profili italiani. Inoltre l’IA Act varato dall’UE vieta espressamente lo scraping indiscriminato di immagini facciali per sistemi di riconoscimento biometrico.

Anche se Clearview AI è stata praticamente messa al bando in Europa – tra multe, divieti e regolamenti – sull’altra sponda dell’Atlantico ha continuato a prosperare, complice un sistema di garanzie più lasco e, in generale, un atteggiamento permissivo verso le aziende che innovano (al netto degli “effetti collaterali”). L’impresa ha sviluppato collaborazioni e partnerships multilivello con le autorità USA; sia sul piano locale (ad esempio, con il New York Police Department) che federale (con l’Fbi).

E a settembre del 2025 ha acquisito un nuovo cliente: l’agenzia federale per l’immigrazione (Ice). L’accordo vale 9 milioni di dollari (9.225.000) anche se, per il momento, in base agli ultimi dati disponibili Ice ne ha spesi 3,75. Sotto Donald Trump, che ha promesso all’America profonda deportazioni di massa, quest’autorità è stata potenziata – si è ampliato notevolmente, de facto, il raggio delle funzioni che esercita – ed equipaggiata con nuovi strumenti. Come il software della controversa società, che Ice adopererà – si legge nei documenti pubblicati da 404 media – per reprimere e disarticolare i traffici di esseri umani e, specifica il contratto, per identificare chi ha aggredito o attaccato le forze dell’ordine.

Secondo alcune Ong locali è proprio questa la nota più problematica, a prescindere da come sono state acquisite le foto: “Il nuovo contratto dell’Ice mostra che l’organizzazione continuerà a superare di gran lunga il suo mandato iniziale e a diventare una forza di polizia federale utilizzata per scopi politici”, ha riferito a 404 Media Matthew Guariglia, analista politico senior della Electronic Frontier Foundation.

“È chiaro che affermare che la tecnologia invasiva FRT (facial recognition technology, ndr) sarà utilizzata per contrastare ‘aggressioni agli agenti’ significa che verrà usata per identificare i manifestanti e collegarli alla loro presenza online. È una partnership fatta su misura per violare i diritti protetti dal Primo Emendamento.”

Gli ha risposto Tricia McLaughlin, assistente segretario del Dipartimento per la sicurezza interna (l’ICE ne costituisce un’agenzia operativa), attraverso un comunicato condiviso con 404 media: “Il DHS non confermerà né smentirà le capacità o i metodi delle forze dell’ordine. Il fatto è che i media sono più interessati a diffondere narrazioni per demonizzare gli agenti ICE, che stanno mantenendo al sicuro gli americani, piuttosto che a riportare sui criminali che hanno vittimizzato le nostre comunità”.

Gli agenti Ice indossano di frequente maschere per celare la propria identità, e in diversi video circolati sui social alcuni funzionari mascherati rifiutano di specificare a quale agenzia appartengano. L’autorità, tuttavia, giustifica questa pratica sostenendo che le aggressioni ai suoi agenti siano aumentate sensibilmente ora che, nell’era del trumpismo, il dossier “immigrazione” è assurto a epicentro della conflittualità politica, in un Paese sempre più in balia della violenza e della polarizzazione ideologica.

Al netto delle modalità – lecite o illecite, e fa tutta la differenza del mondo – con cui si costruiscono gli archivi e le gallerie che setacciano, i sistemi di riconoscimento facciale potrebbero coadiuvare i corpi di sicurezza ed incrementarne l’efficienza, con ritorni positivi per la collettività nel suo complesso. È finita l’epoca delle ricerche lente, impegnative, laboriose; la polizia può risalire all’identità di chiunque nel tempo di un click e una manciata di battute sulla tastiera. Per le forze dell’ordine è un sogno. Idealmente, anche per i cittadini onesti e che rispettano la legge. Ma senza tutele adeguate la quarta rivoluzione industriale rischia di degenerare in un incubo orwelliano.

L'articolo Usa, l’agenzia per l’immigrazione investe 9 milioni nell’Ia per il riconoscimento facciale: “Una nuova polizia politica” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti