Usa approva la vendita di armi a Taiwan. Tensione tra Cina e Giappone: convocato l’ambasciatore di Tokyo

  • Postato il 14 novembre 2025
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L’operazione è stata presentata da Taipei come “la prima” da parte “della nuova amministrazione Trump”: il controvalore è di 330 milioni di dollari e nel pacchetto ci sono “componenti, pezzi di ricambio e accessori non standard, nonché supporto per la riparazione e la restituzione di aerei F-16, C-130 e Indigenous Defense Fighter (Idf)”. Gli Stati Uniti hanno approvato la prima vendita di armi a Taiwan da quando Trump è tornato alla Casa Bianca. La decisione di Washington ha suscitato la reazione della Cina, che ha espresso la sua “ferma opposizione” alla vendita delle armi, che ritiene “violi gravemente il principio della ‘Unica Cina’”. Per il Dragone infatti Taipei rappresenta una “provincia ribelle” da “riunificare”, e anche un “affare interno”, una “linea rossa”. Ed è considerata, con i suoi 23 milioni di abitanti, parte della Cina e non un’isola di fatto indipendente e che rivendica la sua democrazia. Taiwan aveva richiesto “componenti, pezzi di ricambio e accessori non standard, nonché supporto per la riparazione e la restituzione di aerei F-16, C-130 e Indigenous Defense Fighter (Idf)”, secondo una dichiarazione rilasciata dalla Us. Defense Security Cooperation Agency. Il presidente taiwanese Lai Ching-te si è impegnato ad aumentare la spesa militare. Ma sebbene Taiwan abbia una propria industria della difesa, il suo esercito sarebbe ampiamente surclassato in un conflitto con la Cina e continua a dipendere fortemente dalle armi statunitensi.

Mentre cresce la tensione con Pechino e la pressione politico-militare cinese sull’isola, a preoccupare la Cina ci sono anche le ultime prese di posizione del Giappone, che hanno comportato la convocazione dell’ambasciatore. Nei giorni scorsi Sanae Takaichi, prima premier donna del Paese del Sol Levante, conservatrice, considerata un falco, ha affermato che un attacco militare a Taiwan da parte della Cina potrebbe rappresentare una “situazione di minaccia alla sopravvivenza” per il Giappone e potrebbe portare Tokyo a ricorrere al suo diritto all’autodifesa. Da allora è stato un crescendo di tensioni. Il vice ministro degli Esteri cinese, Sun Weidong, ha convocato l’ambasciatore giapponese Kenji Kanasugi per una protesta formale sulle dichiarazioni “provocatorie” e “sbagliate riguardo la Cina” di Takaichi, sotto accusa a Pechino per quelle parole “contrarie al principio di un’unica Cina”, caro al gigante asiatico. La Repubblica Popolare chiede Takaichi ritiri le sue dichiarazioni. Da Tokyo, riporta la Kyodo, il portavoce del governo, Minoru Kihara, ha insistito sul fatto che il Giappone auspica una “soluzione pacifica” per le questioni relative a Taiwan.

La Cina accusa il Giappone di rilanciare “il suo militarismo bellico” – Il Quotidiano del Popolo, la voce del Partito comunista cinese, in un durissimo commento pubblicato con lo pseudonimo Zhong Sheng (la ‘voce della Cina’), usato per esprimere opinioni sulla politica estera, ha affermato che le osservazioni di Takaichi non erano affatto una “invettiva politica isolata”. La destra giapponese ha cercato di liberarsi dai vincoli della sua costituzione post-Seconda guerra mondiale, caratterizzata da solidi vincoli pacifisti, e di perseguire lo status di potenza militare. Negli ultimi anni, Tokyo “ha imboccato a testa bassa la strada del potenziamento militare – ha aggiunto il quotidiano -. Dalle frequenti visite al santuario Yasukuni, alla negazione del massacro di Nanchino, alla propaganda vigorosa della ‘teoria della minaccia cinese’, ogni passo di Takaichi segue le vecchie orme della colpa storica, nel tentativo di insabbiare una storia di aggressione e far rivivere il militarismo”, ha rincarato il commento. Lo Yasukuni è motivo di scontri: vi sono onorati 2,5 milioni di caduti, inclusi 14 criminali di Classe A legati al Secondo conflitto mondiale. Le visite dei politici nipponici irritano la Cina e altri Paesi, come la Corea del Sud. Takaichi, lo scorso venerdì, ha detto in un’audizione parlamentare che un attacco militare cinese a Taiwan potrebbe rappresentare una “situazione di minaccia alla sopravvivenza” per il Giappone, il che farebbe attivare l’esercizio del suo diritto all’autodifesa collettiva. Giudizi che hanno scatenato l’ira di Pechino, con i media statali in campo con editoriali e commenti al vetriolo. Il Quotidiano del Popolo ha rilevato che il militarismo di Tokyo ha utilizzato le cosiddette “crisi di sopravvivenza” per le aggressioni esterne, come l’Incidente di Mukden del 1931, alla base dell’invasione della Manciuria cinese. “Ora che una simile retorica sta rivivendo, il Giappone intende ripetere gli errori della storia?”, ha aggiunto il giornale. Pechino rivendica Taiwan come parte “sacra” e “inalienabile” del suo territorio e non ha escluso l’uso della forza per prenderne il controllo.

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Il Fatto Quotidiano

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