Urgenze tassonomiche

  • Postato il 4 giugno 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Generico giugno 2025

“Non scrivo come un uomo più di quanto scriva come una donna. I tentativi di ghettizzare ciò che gli americani chiamano ‘gender’ mi sembrano stupidi e destinati al fallimento” afferma Amélie Nothomb della quale ho amato il lavoro letterario tanto da portare in scena, nel 2012, un suo provocatorio e geniale testo, Acido solforico, in una trasposizione teatrale ribattezzata Concentramento. Non è del lavoro della Nothomb che intendo occuparmi ma della sua riflessione di apertura che ci propone un tema interessante, l’attuale urgenza tassonomica di individuare una lettera dell’alfabeto all’interno della quale riconoscere il proprio orientamento sessuale, l’interrogativo può essere così espresso: tale atteggiamento è inteso a liberare i comportamenti privati o a ghettizzarli in tentativi “stupidi e destinati al fallimento”? Posizioni come quella espressa dallo scrittore americano, ma spesso residente in Italia, David Leavitt che afferma “L’amore sboccia tra persone, non tra sessi. Perché porsi dei limiti?” mi sembra inoppugnabile, ma pare sia necessario consacrarla come bandiera di una battaglia tanto che qualche anno fa proprio Leavitt è stato premiato per essersi “distinto a livello internazionale per la promozione e la difesa della cultura LGBTQI+”. L’assurdo è che sia necessario difendere una scelta privata circa il come e con chi fare sesso, costruendo un elenco di lettere, inevitabilmente in crescita numerica tanto da richiedere un + in coda. Come affermava Simone de Beauvoir, “Di per se stessa, l’omosessualità è limitante quanto l’eterosessualità: l’ideale sarebbe essere capaci di amare una donna o un uomo; indifferentemente, un essere umano, senza provare paura, limiti, od obblighi”. Credo sia molto più liberatorio eliminare l’elenco di inclusione, che diventa una nuova limitante classificazione, per riconsegnare alle scelte private e assolutamente non normabili ogni propensione di gusto in ambito sessuale. E se un giorno divenisse imprescindibile precisare se si preferisce la letteratura classica a quella contemporanea? Il Martini con l’oliva o un misto di nutella e gorgonzola da spalmare su fette biscottate ma rigorosamente integrali?

La vera assurdità mi appare questa urgenza tassonomica che è una sorta di volontà di mettere in ordine, razionalizzare rigorosamente ogni gusto personale, ingabbiandolo in una classificazione e non liberandolo nello spazio privato nel quale non è opportuno che, chi non invitato, si intrometta per stabilire dietro quale etichetta collocarti. Mi sembra lucidissima l’osservazione di Alejandro Jodorowsky che denunciava come la razionalizzazione della sessualità operata dalla religione abbia prodotto una catastrofe costruendo una “morale razionale che si è estesa a tutta la società e che è profondamente distruttiva”. Mi torna alla memoria, la riporto senza pretesa di precisione ma credo di rispettare correttamente il senso, la denuncia di Herbert Marcuse nel suo saggio L’uomo a una dimensione che stigmatizzava come nel “sistema occidentale del progresso e dello sfruttamento” anche la sessualità viene assoggettata a una qualche forma di controllo. Sono convinto che una sessualità libera e liberata sia la garanzia democratica e anti dispotica più definitiva, mi associo al pensiero iconoclasta di Wilhelm Reich, specie in quello espresso il Psicologia di massa del fascismo, che oggi sarebbe perfettamente applicabile alla moderna tirannide dei presunti intellettuali autoreferenziali e “autosedicenti” libertari, insomma, la faccia pulita della surrettizia dittatura e censura del pensiero.

Perché formalizzare l’identità di genere? Perché realizzare una tassonomia dei vari orientamenti sessuali? Credo sia una necessità del sistema non del soggetto che ne diviene agito e che, grazie alla supponenza della nuova tirannide dell’intellighenzia omologata, crede di averne bisogno. Mi sembra che la posizione più libera, nella mia prospettiva la definirei anarchica ortodossa, sia quella di essere fluidi in tutto ciò che non deve necessariamente essere normato. Esplicito: se ci accordiamo di procedere sulla corsia di destra, di muoverci al verde e arrestarci al rosso dei semafori, non carichiamo di valore morale il lato della strada o il colore, la ragione di una tale normatizzazione comportamentale non assurge a valori morali ma semplicemente è funzionale a una più facile convivenza; ora, qual è la funzione di dettagliare e individuare un privato atteggiamento sessuale se questo non ha effetti sulla funzionalità del sistema? Cui prodest? Una volta precisato che il mio piacere privato può essere riconoscibile in una certa letterina mi sarà impossibile cambiare? E se la cosa non è limitante, né di fatto necessaria, perché andarla a dettagliare? E se la mia variabile non è contemplata né mi interessa comunicare la necessità di aggiungere al “codice iban del sesso” una nuova lettera dell’alfabeto mi potrò sentire e riconoscere in un segno algebrico? Certo, qualche intelligentone potrà argomentare che che l’identificazione non vincola e non norma, che magari ti aiuta facendoti sentire parte di una più ampia comunità, ma come non capire che è fondamentale sentirsi parte della comunità delle persone libere, che accettano l’accordo stradale del senso di marcia e del semaforo ma non hanno nessuna voglia di accordarsi su “sono progressista se partecipo a una certa comunità e conservatore se mi riconosco in un’altra”, perché è così indispensabile costruire dei ghetti, perché non liberare il libero pensiero regalando a chiunque il rispetto nel momento stesso che ci viene riconosciuto?

Mi sembra si sia inventata una questione identitaria per scopi che nulla hanno a che vedere con la libertà individuale, piuttosto vi leggo la ricerca di una battaglia che assegni dignità a persone incapaci di produrre davvero un pensiero, eccole allora a trovare un motivo per combattere e, credo che la storia lo insegni chiaramente, solo dei mediocri avvertono l’esigenza di avere un nemico per sapersi “qualcosa”. Certo, operazione utile da sempre a chi sta correndo appresso alla conquista del potere, chi si mette a capo di chi ha bisogno di un capo, i poveri sudditi che urlano libertà quasi ne fossero espressione diretta. Lasciateci almeno il mistero di un’intimità nella quale non esiste morale né censura se chi vi partecipa lo fa volontariamente e con piacere, non sarà aggiungere una letterina ad un “elenco-gabbia” a liberare il nostro comportamento privato, ma una vera azione anarchico libertaria che non si appresti a ficcanasare fra le lenzuola ma ad accarezzare ogni pensiero e ogni comportamento che profumi di libertà e fantasia. Non riesco a comprendere come sia possibile gridare e aggredire in nome della libertà, se a qualcuno non piacciono i miei gusti in fatto di sesso sarà gioia reciproca non condividerli, non credo che esibire la mia partecipazione alla comunità etero oppure omo piuttosto che iban possa mai essere d’aiuto; se l’altro non accetta il mio gusto e pretende di impedirmi la scelta, non è una questione di identità, ma una violenza che va sanzionata come tale. Solo un frustrato insoddisfatto può pretendere di insegnare a un altro cos’è bene e lecito in ambito sessuale, infatti chi è soddisfatto della propria vita sessuale non è portato a giudicare, censurare, tassonomizzare i gusti di nessuno. Molto ci sarebbe da aggiungere circa confuse argomentazioni intorno a diritti, sopravvivenza della specie, necessità di controllo e altre tesi accompagnate dal sinistro graffiare di unghie ottuse sulla superficie di uno specchio, ma è tempo di concludere questa breve riflessione e mi piace ricordare l’aneddoto di Einstein in viaggio aereo verso gli USA che, alla richiesta del modulo di ingresso, nella casella “razza” scrisse umana, ebbene, se a quella relativa al genere mettessimo “dotato di pensiero libero” e non distinto per sesso e preferenze sessuali? Siamo con chi e come facciamo sesso o il nostro coraggio di vivere?

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì. Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli.

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Il Vostro Giornale

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