Urbanistica milanese, Catella al Riesame per ora resta ai domiciliari

  • Postato il 20 agosto 2025
  • Di Panorama
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Manfredi Catella, l’immobiliarista di Coima Sgr arrestato nell’ambito dell’inchiesta sull’urbanistica milanese, si è presentato questa mattina poco dopo le 9 al Tribunale del Riesame di Milano. Il patron di Coima, l’azienda “madre” del Bosco Verticale e più in generale di tutta l’area di Porta Nuova, è rimasto davanti ai giudici per più di due ore, poco dopo le 12 l’uscita dall’aula assieme all’avvocato Francesco Mucciarelli. La decisione in merito alla misura restrittiva verrà presa “entro 10 giorni come previsto in termini di legge”, come riferito dalla pm dell’inchiesta urbanistica, Tiziana Siciliano.

Catella era finito agli arresti domiciliari lo scorso 31 luglio, quando il gip Mattia Fiorentini aveva applicato la misura cautelare per l’immobiliarista e altri cinque indagati: l’ex assessore Giancarlo Tancredi, l’ex presidente della Commissione paesaggio Giuseppe Marinoni, il manager Federico Pella, l’architetto Alessandro Scandurra e l’imprenditore Andrea Bezziccheri, quest’ultimo unico tra loro a essere stato incarcerato. Successivamente, il Tribunale del Riesame ha sostituito per Marinoni, Tancredi e Pella i domiciliari con l’interdizione di un anno dai pubblici uffici, mentre Scandurra e Bezziccheri hanno visto annullata la misura restrittiva.

L’uomo che ha trasformato lo skyline di Milano si trova al centro di quello che i pubblici ministeri definiscono un “vasto sistema di speculazione edilizi” che avrebbe condizionato le decisioni sull’urbanistica del Comune.

Secondo l’accusa, che Catella e Scandurra , quest’ultimo nella qualità di pubblico ufficiale componente della Commissione per il paesaggio, avrebbero stretto un accordo di corruzione, in base al quale Coima affidava a Scandurra circa 138mila euro in incarichi di progettazione, tutti soggetti alle valutazioni della Commissione per il paesaggio, mentre l’architetto Scandurra non adempiva in maniera corretta alla propria funzione valutativa in seno alla Commissione, intervenendo a favore degli interessi di Coima. Secondo l’accusa, Scandurra avrebbe dovuto invece astenersi per il conflitto di interessi esistente.

Secondo i magistrati, a questo sistema corruttivo si affiancava un’altra contestazione, che vede coinvolta anche l’archistar Stefano Boeri: l’accusa di “induzione indebita” nei confronti del presidente della Commissione Paesaggio, Giovanni Marinoni. L’ipotesi è che Catella e il suo progettista Boeri, attraverso la mediazione dell’allora assessore all’Urbanistica Tancredi, abbiano esercitato pressioni su Marinoni per ottenere l’approvazione del progetto “Pirellino”, un’ipotesi formulata dalle intercettazioni e dalle chat intercorse fra i personaggi coinvolti.

Il giudice per le indagini preliminari Mattia Fiorentini aveva inizialmente condiviso la ricostruzione delle pressioni, ma aveva respinto l’accusa di induzione indebita. Secondo il gip, mancava infatti l’elemento giuridico del “vantaggio” che Marinoni avrebbe dovuto ricavare dal cedere alle pressioni: il magistrato riteneva che Marinoni avesse semplicemente subito le pressioni essendo “supino” nei confronti dei vertici comunali, senza ottenerne un beneficio personale.

I pubblici ministeri hanno però fatto appello al Tribunale del Riesame, sostenendo che Marinoni avrebbe invece avuto un interesse concreto: mantenere buoni rapporti con il mondo politico per “perpetuare la posizione di potere” all’interno della Commissione Paesaggio. A supporto di questa tesi, i pm evidenziano che Marinoni è stato riconfermato presidente della commissione nel dicembre 2024, nonostante fosse già stato indagato il mese precedente per conflitto di interessi.

La difesa di Catella, affidata a un pool di super-avvocati tra cui Paola Severino, respinge tutte le accuse sostenendo l’assenza di gravi indizi a suo carico. Nella memoria difensiva di 18 pagine presentata al gip, il Ceo parla di “errori ed equivoci” dei pm. Durante l’interrogatorio ha minimizzato l’entità delle consulenze, sostenendo che nel 2020 a Marinoni furono fatturati appena 400 euro, e ha definito l’operazione Pirellino “la più grande fregatura mai avuta”, cercando di ridimensionare il valore strategico dell’intervento contestato.

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Panorama

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