Università di Torino, 48 prof congelano le carriere per l’assunzione dei precari: “Prima dare un futuro a chi tiene in piedi la didattica”
- Postato il 31 maggio 2025
- Lavoro
- Di Il Fatto Quotidiano
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All’Università di Torino succede qualcosa che potrebbe segnare un precedente nazionale: per la prima volta, un dipartimento ha deciso di sospendere i passaggi di carriera da professore associato a ordinario per destinare le risorse disponibili alla stabilizzazione del personale precario. Accade nel Dipartimento di Culture, Politica e Società (CPS), dove il 20 maggio una mozione in tal senso è stata approvata dal Consiglio di Dipartimento. Una decisione netta, nata dalla proposta di 48 professori associati su 68, che si sono detti pronti a rinunciare – almeno per ora – alla propria progressione di carriera, pur di accendere i riflettori su un sistema che esclude.
“È un atto politico quello di noi associati. Un gesto di solidarietà, ma anche un segnale forte contro una riforma che, insieme ai tagli strutturali, sta devastando l’università italiana. Non possiamo continuare a far finta di niente mentre tutto crolla” spiega Sandro Busso, professore associato di Sociologia dei fenomeni politici.
Contro il precariato cristallizzato dalla riforma Bernini – Concretamente, la mozione blocca due passaggi alla prima fascia (su cinque previsti) che erano stati programmati dalla precedente direzione. Ma dietro c’è molto di più. La riforma voluta dalla ministra Anna Maria Bernini ha introdotto nuove figure contrattuali, eliminandone altre, senza però modificare il meccanismo dei punti organico. Il risultato, denunciano in molti, è un sistema che cronicizza il precariato invece di superarlo. E in un dipartimento come il CPS, dove tra il 2024 e il 2027 andranno a scadenza numerosi contratti, la prospettiva è quella di una vera emorragia di competenze. “Questa non può essere la soluzione e non deve esserlo. Ma è un modo per dire che non ci rassegniamo. È una misura provvisoria, uno strumento per richiamare l’attenzione su una questione che non riguarda solo i precari, ma tutta la comunità accademica” spiega Busso.
La rinuncia dei professori associati per aiutare i precari e l’università – La proposta nasce proprio dai docenti interessati alla progressione. Sono loro, gli associati, a firmare una lettera che chiede di rinviare i passaggi di carriera e di usare invece i punti organico per assumere e stabilizzare. “Abbiamo detto chiaramente: siamo disposti a sospendere le nostre carriere, a patto che si garantisca un futuro a chi oggi tiene in piedi la didattica e la ricerca in condizioni di incertezza permanente” racconta Busso. Il documento è stato portato al Consiglio di Dipartimento come linea di indirizzo. Dopo una discussione intensa, è stato approvato a larga maggioranza, pur con alcune posizioni contrarie.
La prossima scadenza sarà a luglio, quando si dovrà procedere alla programmazione definitiva: in quella sede, se la linea di indirizzo sarà confermata, le progressioni verranno congelate e le risorse saranno destinate ai precari.
Pochi docenti, troppi precari – Una battaglia data anche da una contraddizione evidente per chi vive l’università. I docenti sono pochi, i precari tantissimi. Attualmente ci sono 121 docenti per circa 7.800 studenti, ovvero uno ogni 65. Un rapporto che in passato ha toccato anche punte di uno su 80. Eppure, malgrado la carenza, molte figure fondamentali – ricercatori, assegnisti, collaboratori alla didattica – rischiano di uscire dal sistema senza alcuna prospettiva di stabilizzazione. “È anche un modo per interrogarci su un sistema che ha troppo spesso premiato l’appartenenza e la protezione accademica, penalizzando invece chi ha costruito percorsi scientifici validi ma meno allineati” sottolinea Busso. “Il nostro gesto vuole rompere con certe logiche. Non è facile, ma necessario”.
Un segnale che non è passato inosservato. L’Assemblea Precaria Universitaria ha definito la decisione “un primo atto concreto che rompe con le logiche di categoria”. E ora l’attesa è tutta per le prossime mosse: “Ci auguriamo che altri dipartimenti, a Torino e altrove, abbiano il coraggio di seguire questa strada” scrivono in una nota. Nel vuoto di risposte strutturali e in un sistema sempre più toccato dalle riforme, il CPS prova a invertire la rotta, perché come ricorda ancora Busso “non possiamo restare fermi mentre l’università viene smantellata, pezzo dopo pezzo”.
Il precedente: No alla collaborazione a accademica con Israele – Il gesto del CPS non è isolato nella storia del dipartimento, già noto per scelte nette e controcorrente. È stato tra i primi in Italia a esprimere dissenso pubblico sugli accordi accademici con le università israeliane, alimentando il dibattito sul boicottaggio. Oggi, la battaglia si sposta su un piano diverso, più interno ma altrettanto politico.
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