Una nuova corsa alla Luna per lo sfruttamento futuro delle sue risorse

  • Postato il 28 marzo 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Generico marzo 2025

Sicuramente questo inizio di 2025 verrà ricordato per la grande densità di eventi a tema spazio che si sono succeduti con una velocità che non si è mai registrata nella storia dell’umanità. Ed in particolar modo, nelle ultime settimane, l’oggetto del desiderio, verso il quale abbiamo puntato lo sguardo è stato ancora una volta la Luna, come meno di 60 anni fa, quando Neil Armstrong e Buzz Aldrin impressero per sempre le loro orme nella regolite lunare e nell’immaginario collettivo, oggi dei lander completamente automatizzati compiono una nuova corsa allo spazio in un’ottica completamente diversa rispetto alle missioni Apollo.

Questa volta non c’è infatti la contrapposizione tra i due blocchi (Occidentale e Sovietico), non c’è la guerra fredda, non c’è la sfida tra NASA e Roscosmos per il primato tecnico e scientifico. C’è una corsa che mira a qualcosa di molto meno romantico ma sicuramente più importante dal punto di vista economico e se vogliamo “pragmatico”: lo sfruttamento delle risorse lunari. Sulla Terra ha tenuto banco nell’ultimo mese il famoso contratto per lo sfruttamento delle terre rare in Ucraina da parte degli Stati Uniti, quasi tutti avranno sentito o letto qualcosa al riguardo. Quello che forse è meno noto (ma sta facendo sempre più rumore) è questa nuova idea di “lunar economy” basata appunto sulla volontà da parte di governi ed aziende private di avviare una serie di missioni sul nostro satellite per sfruttarne la grande quantità di risorse preziose di cui è ricca. Occhi puntati quindi sulle terre rare lunari, per cercare di svincolarsi dall’egemonia della Cina in tal senso. E poi ancora titanio, metallo fondamentale per molte applicazioni spaziali, ma anche ferro, alluminio, magnesio. L’estrazione di questi minerali dal suolo lunare potrebbe essere una rivoluzione per l’umanità, ma l’impresa è ardua. Per colonizzare la Luna non basta mandare qualche lander, rover o qualche missione ad equipaggio umano con 3-4 persone alla volta. Serve l’installazione di basi permanenti e tutta una serie di infrastrutture che inizialmente dipenderebbero dalla Terra per gli approvvigionamenti, ma piano piano dovrebbero portarsi verso un’autosufficienza. E come? Cercando altre risorse importantissime in loco, una su tutte: l’acqua. Acqua che è stata trovata nei crateri ai poli della Luna, dove sono (e non per caso) indirizzate proprio le missioni cinesi di esplorazione del nostro satellite. Un target che potrebbe sottendere un “chi prima arriva meglio alloggia”, ma che non è così semplice. La legislazione per lo spazio in questo momento a livello internazionale soffre di quello che gli anglosassoni definirebbero un “lack of regulation”. Allo stato attuale possiamo basarci infatti soltanto praticamente sull’Outer Space Treaty, che ormai è abbastanza datato (1967) e con una artificiale estensione, gli accordi di Montego Bay (1982). In pratica la ratio è semplice: non si può rivendicare il suolo lunare, ma chi riesce ad arrivarci può sfruttarne le risorse quasi a piacimento.

In pole position per questo sfruttamento c’è il duo Cina-Russia, che hanno annunciato la volontà di completare entro il 2035 la prima stazione lunare permanente, denominata ILRS (Stazione Internazionale di Ricerca Lunare), raccogliendo inoltre altri partner (quasi tutti in orbita russa, come Bielorussia, Azerbaigian, ma anche Pakistan ed a sorpresa, recentemente, il Senegal) per il compimento dell’opera.

Dall’altra parte, gli Stati Uniti con gli Artemis Accords (di cui fa parte anche l’Italia sin dal primo minuto), mira a ritornare sulla Luna con il programma Artemis (che soffre però di cronici ritardi) ed a costruire il Lunar Gateway, una stazione spaziale in orbita lunare, che dovrebbe fungere da avamposto sia per le missioni lunari che per quelle (in futuro) verso Marte. L’Italia in questo panorama gioca un ruolo di primo piano per due motivi. Primo, molti dei moduli di questa nuova stazione spaziale verranno costruiti in Italia, a Torino da Thales-Alenia Space (come già accaduto per alcuni moduli della Stazione Spaziale Internazionale in dismissione al 2030, con buona pace di Elon Musk che vorrebbe smantellarla molto prima per concentrare sforzi e risorse verso il pianeta rosso). Secondo, l’Italia è recentemente sbarcata sulla Luna grazie al modulo LuGRE, a bordo del lander Blue Ghost di Firefly Aerospace. Questo modulo, infatti, costruito dall’italiana Qascom e Politecnico di Torino per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana, è un ricevitore GNSS che opera in doppia frequenza e multi-costellazione (GPS e Galileo). LuGRE, quindi, consentirà un posizionamento preciso sul nostro satellite, in attesa che l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) vari il programma ESA-Moonlight, una costellazione di satelliti in orbita lunare per il posizionamento, navigazione e comunicazione Terra-Luna. È notizia degli ultimi giorni che anche questa costellazione verrà costruita da Thales-Alena Space, aumentando quindi il peso specifico nazionale nello scacchiere spaziale.

Ma tornando agli avvenimenti dell’ultimo mese, siamo ancora lontani dal vedere donne e uomini a saltellare tra crateri, crinali e mari (aridi) dai nomi leggendari. Per ora abbiamo potuto ammirare le straordinarie immagini del già citato Blue Ghost, che tra l’altro ha ripreso per la prima volta un’eclissi di Sole dalla superficie lunare. La missione che è incastonata nel programma CLPS della NASA (Commercial Lunar Payload Services) mira ad effettuare una serie di esperimenti scientifici che riguardano le proprietà della regolite lunare, oltre ad una serie di osservazioni dell’interazione del vento solare con il campo magnetico generato dal pianeta Terra. Altre operazioni riguarderanno lo studio del sottosuolo lunare per cercare di comprendere meglio la struttura interna del satellite. Ci sarà comunque spazio anche per altri esperimenti che riguarderanno invece l’adattabilità delle nostre tecnologie per lunghi soggiorni lunari. È stato infatti montato a bordo del lander quello che viene definito EDS o Elecrodynamic Dust Shield, che mira a cercare di ridurre l’adesione della polvere lunare (che potrebbe dare problemi a strumentazioni, oltre ad essere abrasiva) sulle superfici di Blue Ghost tramite campi elettrici. Altro problema “lunare” è l’assenza di atmosfera e campo magnetico che aiuta a bloccare le radiazioni, proprio per questo il RadPC (acronimo di Reconfigurable, Radiation, Tolerant Computer System) mira a raccogliere dati utili sulla resistenza alle radiazioni dei sistemi informatici, di vitale importanza per la permanenza umana sulla Luna. Il lander ha completato con successo la sua missione, spegnendosi il 17 marzo con un messaggio toccante inserito ad-hoc dai programmatori di questo messaggero del pianeta Terra.

Generico marzo 2025
Il messaggio finale di Blue Ghost prima di terminare le attività (Credits: Firefly Aerospace)

Ma non c’è solo Blue Ghost. Abbiamo assistito al secondo fallimento di Intuitive Machine, che non è riuscita a portare a termine con successo l’allunaggio, visto che il lander IM-2 o Athena si è ribaltato e la missione è stata dichiarata conclusa in anticipo. Già l’anno scorso, con IM-1 o Odysseus, era avvenuto un fallimento simile. La speranza dei tecnici è di risolvere i problemi riscontrati durante l’allunaggio con IM-3 ne prossimi mesi.

Nei prossimi mesi invece (si parla di giugno) arriverà sul suolo lunare il lander Resilience di ispace, azienda giapponese che aveva già tentato l’allunaggio nel 2023, fallendo all’ultimo a causa di una perdita di carburante durante l’ultima fase di discesa, che ha causato un impatto eccessivamente duro con la superficie lunare. Con Resilience vi sarà a bordo anche un piccolo rover (Tenacious) che avrà il compito di mappare autonomamente i dintorni del sito di allunaggio di Resilience oltre ad effettuare campionamenti di regolite lunare tramite un innovativo meccanismo posizionato nelle sue ruote.

Non ci resta che osservare dove porterà questa nuova corsa allo spazio, con quali protagonisti e soprattutto con quali risvolti geopolitici ed economici.

“#LigurianSpace” è la rubrica di IVG che tratta di spazio, scienze e tecnologie, a cura di Jonathan Roberts, chimico, divulgatore scientifico e fondatore di Pandascienza.eu. Clicca qui per leggere tutti gli articoli

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