Una lotta di potere interna: così Erdogan vuole far implodere il partito d’opposizione grazie ai giudici
- Postato il 5 settembre 2025
- Mondo
- Di Il Fatto Quotidiano
- 2 Visualizzazioni
.png)
Il principale partito turco di opposizione, il Popolare laico Repubblicano (CHP), ha espulso Gürsel Tekin, nominato ieri da un tribunale alla guida ad interim della sezione provinciale di Istanbul. Lo ha annunciato l’attuale leader del partito, Ozgur Özel.
La decisione è arrivata poche ore dopo che un tribunale aveva sospeso i risultati del congresso del CHP di Istanbul del 2023 sulla base di accuse prefabbricate di compravendita di voti e altre irregolarità. Con una decisione provvisoria, il tribunale ha stabilito che le accuse sono “approssimativamente provate” e ha imposto un’ingiunzione temporanea, sospendendo l’attuale leadership provinciale dagli incarichi e nominato un nuovo consiglio direttivo ad interim guidato da Tekin, ex parlamentare.
Il congresso provinciale è una fase del processo di elezione della leadership del partito. I delegati locali eletti in questa fase entrano a far parte dell’organismo dei delegati nazionali, che alla fine vota per scegliere il leader del partito. Essendo quella di Istanbul la provincia con il maggior numero di delegati, essa svolge un ruolo chiave nel determinare la leadership del partito.
Özel, che ieri sera ha partecipato a una trasmissione in diretta sull’emittente filo-opposizione Halk TV, ha dichiarato: “Gürsel Tekin è stato espulso dal CHP. Nessuno che non sia stato eletto dai membri del CHP può entrare nella nostra sede centrale o negli uffici provinciali”, aggiungendo che il partito non si atterrà alla decisione del tribunale e espellerà chiunque accetti l’incarico di leadership ad interim.
Poiché la sentenza è un’ingiunzione temporanea, il CHP può rifiutarsi di applicarla per il momento, anche se ciò potrebbe portare a una causa civile separata che ne contesti la mancata osservanza. Özel ha affermato che il team legale del partito sta esaminando la decisione e presenterà un’obiezione.
Insinuando che la mossa del tribunale fosse motivata politicamente, Özel ha osservato: “Pensano: ‘Non possiamo sconfiggere il CHP, quindi eliminiamolo del tutto’. Questa nazione non permetterà che un partito fondato sui campi di battaglia venga chiuso da un tribunale di primo grado”, riferendosi alla fondazione del CHP durante la guerra d’indipendenza turca.
In seguito, Tekin ha risposto alle osservazioni di Özel affermando di non riconoscere la decisione di espulsione: “Vi lamentate della magistratura perchè asservita al partito AKP (co-fondato dal presidente Recep Tayyip Erdogan e alla guida della coalizione di governo da 20 anni) ma vi state comportando anche peggio. Non potete espellermi o deferirmi alla commissione disciplinare senza chiedermi o garantirmi il diritto alla difesa”.
Tekin aveva annunciato pubblicamente le sue dimissioni dal partito nel febbraio 2024, accusando la dirigenza di aver allontanato il partito dai principi fondanti dopo l’elezione di Özel. Tuttavia, Özel ha rivelato ieri che Tekin non aveva formalizzato ufficialmente le dimissioni.
Gli sviluppi riflettono una lotta di potere interna artificialmente provocata da una cospirazione giudiziaria voluta dal presidente Erdogan. Si tratterebbe dunque di un’ulteriore mossa, tramite una magistratura ormai al guinzaglio del presidente della repubblica, per reprimere del tutto l’opposizione.
L’obiettivo di Erdogan è andare a nuove elezioni nel 2028 senza opposizione o con una opposizione addomesticata. È la pietra tombale insomma sul cadavere della democrazia turca. È, insomma, la strategia dell’uomo solo al comando che vuole rimanervi a vita dopo aver introdotto il “premierato” e, successivamente, il “presidenzialismo” senza i necessari e ferrei contrappesi.
Tekin è noto per essere alleato dell’ex presidente del partito Kemal Kılıçdaroğlu, che ha guidato il CHP per 14 anni, prima di essere sconfitto da Özel nel novembre 2023.
La lotta di potere interna è iniziata dopo la sconfitta di Kılıçdaroğlu alle elezioni presidenziali del maggio 2023. Nonostante le critiche alla sua candidatura, dovute alle scarse possibilità di successo, Kılıçdaroğlu si era candidato e aveva perso in quella che è stata considerata l’elezione più difficile di Erdoğan nei suoi vent’anni di governo, a causa della grave crisi economica turca.
Dopo la sconfitta, il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, una delle figure più popolari del CHP e dallo scorso marzo in custodia cautelare sulla base di accuse prefabbricate di corruzione, ha costituito una corrente per il “cambiamento” all’interno del partito. Sostenuto da İmamoğlu, Özel ha sconfitto Kılıçdaroğlu al congresso del novembre 2023.
Dalla detenzione di İmamoğlu, che ha causato proteste in tutto il Paese, il CHP ha dovuto affrontare una capillare repressione, con molteplici indagini per corruzione avviate contro i sindaci del partito eletti a capo di tutte le città più importanti. Nelle ultime settimane anche i sindaci delle città di Antalya e Adana, insieme a 12 sindaci distrettuali, sono stati sospesi dall’incarico.
Sul versante estero, va rilevato che una importante figura politica dell’amministrazione autonoma siriana a guida curda, Salih Muslim, ha avvertito che la regione potrebbe essere costretta a chiedere l’indipendenza se non verrà instaurato un sistema politico decentralizzato nel Paese. Il politico curdo-siriano ha sottolineato che le Forze Democratiche Siriane (SDF), coalizione militare dominata dal braccio armato del PYD, le Unità di Protezione Popolare (YPG), devono rimanere intatte: “La nostra regione deve essere protetta dalle nostre forze; per questo è stata istituita la SDF”.
“L’unica strada percorribile per il Kurdistan occidentale è la democrazia. Per la regione, il sistema migliore è la decentralizzazione”, ha affermato Muslim, aggiungendo: “Per la nostra regione, il sistema migliore è l’autonomia, l’amministrazione regionale, il federalismo o persino la confederazione. Non accetteremo mai un ritorno completo al governo centralizzato o alle condizioni precedenti al 2011”.
L’amministrazione curda non cerca il conflitto con la Turchia, considerata il principale alleato internazionale del governo di Damasco, secondo Muslim. “Non siamo nemici della Turchia. Abbiamo preso le armi per rivendicare i nostri diritti in Siria. La Turchia dovrebbe invece fare pressione sul governo di Damasco affinché risolva la questione curda in Siria”.
Dopo la caduta del regime di Bashar Assad lo scorso a dicembre, le SDF e il governo siriano hanno tenuto colloqui volti a reintegrare le SDF nell’esercito militare nazionale. Un memorandum firmato tra i due partiti lo scorso marzo includeva garanzie costituzionali per i diritti e la rappresentanza politica dei curdi e di altri gruppi etnici, insieme al trasferimento dei giacimenti di petrolio e gas sotto il controllo delle SDF allo Stato. Il Rojava – il nome con cui i curdi siriani chiamano la propria regione, ovvero la striscia a est del fiume Eufrate nel nord della Siria al confine con la Turchia – non è solo la zona della Siria dove vive la maggioranza dei curdi siriani ma anche l’unica zona del paese dove si trovano giacimenti di gas e petrolio, entrambi di alta qualità, mentre la confinante Turchia ne è totalmente priva e, pertanto, mettere le mani sulle riserve energetiche curdo-siriane è un obiettivo di Ankara anche se, ovviamente, non esplicitato.
L’accordo non includeva disposizioni per il disarmo delle SDF, che finora hanno sostenuto che non lo farebbero anche se venisse imposto dalla nuova dirigenza di Damasco.
Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, dopo un incontro del 13 agosto con il suo omologo siriano Hassan al-Shibani ad Ankara, aveva criticato la posizione delle SDF, sottolineando che le dichiarazioni del gruppo riflettevano “una politica volta a prolungare l’esistenza del PKK”. Secondo la Turchia il Pkk e il Ypg sono la stessa formazione.
“Il mio appello alla leadership delle YPG è di impegnarsi positivamente con il governo di Damasco e fare tutto il possibile per costruire insieme il futuro della Siria”, aveva tuonato Fidan. “Dovrebbero smettere rapidamente di rappresentare una minaccia per la Turchia e la regione con gli elementi armati che hanno radunato da tutto il mondo. Questo è ciò che vogliamo”.
La Turchia è da mesi impegnata in un processo di pace con il PKK. A maggio, il PKK aveva annunciato l’ intenzione di sciogliersi come parte del processo, e a luglio si era tenuta una cerimonia simbolica di disarmo.
Secondo molti però si è trattato solo di un disarmo ufficiale ma non reale perchè non è ancora chiaro se Erdogan e il suo partito alla guida del governo vogliano davvero un processo di pace con i curdi oppure stiano solo portando avanti un gioco sporco per attrarre i voti dei curdi alle presidenziali del 2028.
L'articolo Una lotta di potere interna: così Erdogan vuole far implodere il partito d’opposizione grazie ai giudici proviene da Il Fatto Quotidiano.