Una cosa stupida

  • Postato il 5 novembre 2025
  • Di Il Foglio
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Una cosa stupida

"La vita agra" di Luciano Bianciardi ha fissato nel 1962 una fotografia di Milano che ancora oggi appare indelebile, nonostante i grattacieli, le ciclabili, l’Expo, il Fuori Salone. A ribadirlo ci pensa l’ultimo abile romanzo di Alice Valeria Oliveri. Nata giusto trent’anni dopo "La vita agra", Oliveri con "Una costa stupida" offre – con una precisione che ritrova immaginabili intrecci anche con l’autobiografia, perché anche nella fiction ormai è sempre tutto autofiction – un ritratto della Milano vista giovane, quando anche l’inganno così come la fatica hanno il dono della leggerezza e del rapido disincanto. Adriana Franco, la giovane protagonista, viene dalla provincia o meglio sale dalla provincia e subito Milano le appare come un corpo estraneo. Così estraneo da rendere lei stessa estranea a sé. Adriana Franco è un po’ Luciano de La vita agra, ma è anche un po’ Marco Bauer, il giovane giornalista protagonista di Rimini di Pier Vittorio Tondelli. Ma non sono più gli anni Ottanta e il giornalismo vive della sua stessa grana patinata: crederci finché dura sperando di saltare di volta in volta sulla barca che è ancora a galla. I soldi ci sono e anzi sono tantissimi, ma non sembrano essere più intercettabili, nonostante la ricchezza sia pure più ben esposta del passato. L’invidia sociale si è trasformata in consapevolezza o almeno così viene facile crederlo. Lo spettacolo non è più quello dell’arroganza padronale, ma quello della performance, dell’installazione da vedere nel buio di un hangar sperando che qualcosa di più o meno intelligente faccia capolino. L’estraneità infatti è contagiosa, tocca il prossimo come l’intera città. Riconoscere il vero è però una fatica inutile, meglio cogliere il movimento, tentare di barricarsi di volta in volta in un lavoro, in una relazione, in una compagnia più o meno esclusiva e più o meno capace di generare a sua volta un nuovo lavoro e quindi nuove relazioni. Un movimento che tende all’infinito così come allo sfinimento. Milano è faticosa, ma è anche rigogliosa seppur sempre un poco più un là. Alice Valeria Oliveri scrive il suo “Lessico famigliare” e lo fa da giovane, senza famiglia e senza una città, se non apparente, sotto i piedi. E’ un lessico senza memoria eppure capace di farsi lingua comune e di raccontare con pienezza il disincanto di una società arroccata sul ponte del Titanic, conscia di tutto, ma priva di ogni altra alternativa che non sia il ballo. Una cosa stupida tocca le corde di una società che ha superato la crisi per divenire pienamente ironica, ovvero una grande casa editrice senza confini. Una sintesi perfetta che va da Luciano Bianciardi a Tommaso Labranca, un grande romanzo. 

   

Alice Valeria Oliveri
Una cosa stupida
Mondadori, 282 pp., 19,50 euro

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Autore
Il Foglio

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