Un viaggio negli abissi della Città mondiale. Sgalambro.Tra malfido sociale  Grecità e musica

a cura di Mimma Cucinotta

Nel rovinoso abbandono di doveri e principi con freddezza e crudeltà le lobby incatramano diritti delle popolazioni, nell’intento di affermare solo il proprio prestigio nella difesa dei propri privilegi, innalzando muraglie di leggi e decreti baluardo di disfacimento e marciume. Manlio Sgalambrosmaschera l’ipocrisia di una casta corrotta.
Nelle sue opere spietata è la denuncia verso la dissimulazione, tra cui anche la scienza svela nel disincanto dell’universo un “immane mostro, acefalo e caotico”,
Senza il minimo reverenziale timore, il filosofo deride i tronfi che dominano nella loro insaziabile ingordigia, verso cui non riconosce alcuna attenuante, piuttosto forme predatorie e disonestà di costumi.
Da qui storia, verità utopiche e deturpanti tanto quanto il valore attribuito alla scienza metodologica, si ergono nella concezione del filosofo con demolente sguardo epistemologico rispetto all’assenza della coscienza critica tendente alla massificazione della comprensione.
“…Disperante…” ebbe a ripetere Sgalambro in tema di demagogia politica e diabolica rappresentazione dei fatti oggettivi della nostra contemporaneità, secondo cui “ leggere il giornale è attraversare un momento pericoloso della giornata…”

Con gelida lucidità Sgalambro, rivela il malfido sociale in un viaggio negli abissi del pessimismo universale le cui rotte, ignorando la realtà noumenica virano verso la catastrofe della città mondiale. 
Ovvero la trasformazione che noi uomini operiamo sul mondo, quindi sulle cose che ci circondano, sui sentimenti, sui rapporti sociali, impedisce la nostra visuale. Il mondo in sé sfugge, tra uomini e cose ed emozioni si stabilisce un diaframma.
Quello che Schopenhauer definisce “velo di Maya” cui Manlio Sgalambro influenzato dal filosofo di Danzica, richiama nella analisi filosofica dei suoi saggi e, nel corso di vari interventi pubblici, più che il pensatore è l’uomo a svelarsi : “Colui che professa il pensare e vorrebbe sprofondare a terra per qualcosa che gli appare vera o appartenente a possibile verità…io l’ho provato e mi sono prosternato”. Dichiara Sgalambro sostanziando l’analisi da umane esperienze, durante una riflessione intorno alla “Intelligenza libera” ossia l’opposto della intelligenza asservita alla verità, o in quella proclamata come verità ridotta invero ad un asservimento della verità all’intelletto.
Cosi come per Herbert Spencer e Roberto Ardigò anche per Manlio Sgalambro il filosofo asistemico per eccellenza,
“rovesciare i valori, è valutare”.  Una esigenza seppur nella asistematicità del pensiero soddisfatta dal filosofo attraverso raffinate  intuizioni cui le teorie estraintelletuali  di Enrique Bergson gli vanno incontro nell’afferrare il fondo della realtà nell’atto in cui la si coglie, attraverso il tempo nella distinzione tra scienza e filosofia.
Una frazione  in cui si inserisce lo spazio estetico.
Secondo cui in  Sgalambro l’intuizione filosofica o metafisica si lega strettamente alla intuizione artistica.
Il momento culminante è proprio sul cammino verso la morte ineluttabile del sole destinato fin dal suo sorgere alla morte oltre il tramonto. Ossia l’ordine del creato che per rifrazione contempla la sfera delle emozioni. Il processo è però schermato da verità illusive che sottraggono l’uomo alla realtà provocando dolore…il velo di maja.
Eliminare il diaframma che oscura la nostra visione è possibile?
Qui si inserisce il momento estetico, l’arte restituisce sollievo. Manlio Sgalambro nell’ascolto della musica, incontra una linea interpretativa di Schelling “L’intero sistema musicale si trova espresso anche nel sistema solare”.

Pierfranco Bruni Direttore scientifico presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro Ministero della Cultura Mic


L’opera Il cavaliere dell’intelletto, scritta da Manlio Sgalambro, realizzata da Franco Battiato per la Regione Siciliana, andata in scena in prima nazionale il 20 settembre del 1994 nella Cattedrale di Palermo per l’ottavo centenario della nascita dell’imperatore Federico II, è espressione della metafisica musicale. Orienti e Grecità, linguaggio dell’anima scavo ermeneutico dell’infinitezza di suoni e colori di magica sicilianità  intimi simboli del filosofo lentiniano. 
Con il Cavaliere dell’intelletto si celebra una architettura mentale, un impero fatto di idee e di parole…..
Nell’atto di morire scompaiono i confini. L’impero che cercavo, l’impero senza confini, è Dio dunque?

E’ la coscienza di una vita spesa nell’attesa, ad innalzarsi nell’essere e nell’agire del filosofo, nato nel 1924 nella Lentini del siceliota Gorgia, uno dei maggiori sofisti greci (Leontinoi ,485 a.C – Larissa, 375 a.C.).  La nascita in un luogo che ha in sé  l’eterno mito della grecità all’interno della Mediterraneità, dove alcuna forma di identità rimane cristallizzata.
Nei fluttuanti Mediterranei Manlio Sgalambro assorbe una visione orientale all’interno della tradizione greca che è memoria e mito.

MImma Cucinotta

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