Un viaggio in 14 tappe tra chiese e abbazie dentro e nei dintorni di Milano 

A chiunque si metta in viaggio con fiducia e con amore, la periferia e la provincia di Milano sanno regalare tesori artistici unici al mondo. Ecco un itinerario che attraversa i dintorni della metropoli lombarda, per soffermarsi sulle architetture sacre alla ricerca di angoli di bellezza nascosti che, per essere trovati, necessitano della giusta pazienza. 

Andrea Grassi 

Certosa di Garegnano
Certosa di Garegnano

La Certosa di Garegnano 

Partiamo dalla Certosa di Garegnano, che nell’autunno del 1816 sorprese anche Stendhal. Il Milanese di Grenoble commentò positivamente gli affreschi di Daniele Crespi (Busto Arsizio, 1597 – Milano, 1630), che definì “Ottimo pittore che aveva visto i Carracci e sentito il Correggio”. La Certosa, che un tempo si raggiungeva attraversando boschi e campagne, oggi è stata inglobata dalla metropoli. L’edificio venne eretto nel 1349, per volere dell’arcivescovo Giovanni Visconti e da suo fratello Luchino. Durante il ‘600 e fino al secolo successivo la struttura venne completamente ricostruita: ai lavori partecipò anche Galeazzo Alessi (Perugia, 1512 – 1572), l’architetto perugino che trasformò strada Garibaldi di Genova in una delle più belle d’Italia. La Certosa è oggi uno dei centri monastici più importanti della Penisola. Gli affreschi decorano la navata e il presbiterio, rispettivamente con episodi della vita di Cristo e di San Bruno, a cui la Certosa è dedicata. Simone Peterzano (Bergamo, 1540 – Milano, 1599), il maestro del giovane Caravaggio, ha realizzato le pitture che ornano il presbiterio. Al Crespi si deve, invece, la decorazione della navata. Se Stendhal amò gli affreschi di Daniele Crespi, il poeta Lord Byron rimase incantato dalle pitture del Peterzano, che elogiò in una lettera. 

L’Oratorio dei Mantegazza a Cascine Olona 

Il viaggio prosegue verso Settimo Milanese dove, nella frazione di Cascine Olona, in via di Vittorio, tra le basse case rustiche e i condomini del dopoguerra, sorge la chiesetta di San Giovanni Battista, chiamata anche Oratorio dei Mantegazza, dal nome della famiglia che ordinò la costruzione. Si tratta di un piccolo edificio in laterizi rossi, risalente al 1468. La parte più interessante è il ciclo di affreschi rinascimentali: le pitture, di autore ignoto e probabilmente appartenente alla scuola di Vincenzo Foppa (Brescia, 1430 – 1515), ricoprono le pareti interne e raccontano le storie del Battista, la vita di Gesù e il Giudizio universale. L’Oratorio, con l’esterno gotico e gli affreschi della transizione tra Medioevo e umanesimo lombardo, è un pezzo della Milano sforzesca che sopravvive tra i semafori e i casermoni della città moderna. 

Il Santuario della Beata Vergine Addolorata di Rho 

Il nostro percorso ci porta a Rho, di fronte al Santuario della Beata Vergine Addolorata. Era il 24 aprile del 1583 quando, secondo la tradizione, nel luogo dove ora sorge l’edificio, un affresco della Vergine, conservato dentro alla piccola Cappella della neve, pianse lacrime di sangue. Fu l’arcivescovo Carlo Borromeo, il 6 marzo del 1584, a ordinare la posa della prima pietra. L’edificio, a pianta a croce latina con navata unica e cappelle laterali, è dominato da una cupola alta 54 metri e da un campanile di 75 metri. Il progetto iniziale fu affidato a Pellegrino Tibaldi (Puria, 1527 – Milano, 1596), mentre la cupola venne realizzata da Carlo Giuseppe Merlo (Milano, 1690 – 1760), e la facciata neoclassica è opera di Leopoldo Pollack (Vienna, 1751 – Milano, 1806). L’architetto viennese, simbolo del neoclassicismo milanese, morì proprio mentre dirigeva i lavori della facciata. 

La chiesa di San Cristoforo al Naviglio 

Lungo l’alzaia del Naviglio Grande, a Milano, c’è un altro edificio sacro che sopravvive dai tempi dei Visconti e degli Sforza. È la chiesa di San Cristoforo al Naviglio. Il complesso è composto da due costruzioni: quella a sinistra, la più antica, risale al XIII secolo. La parte più interessante è rappresentata dal portale e dal rosone gotico, aggiunti nel 1404. A quell’anno risale la seconda costruzione, chiamata Cappella ducale, eretta per volere di Gian Galeazzo Visconti, in occasione della fine di una pestilenza che a Milano aveva mietuto 20000 vittime. La parete che separava le due chiese venne abbattuta nel 1625: l’interno appare diviso in due navate decorato con affreschi della scuola del Bergognone (Fossano, 1453 – Milano, 1523) e della scuola di Bernardino Luini (Dumenza, 1481 ca. – Milano 1532).  

Abbazia di Chiaravalle
Abbazia di Chiaravalle

L’abbazia di Chiaravalle 

Nelle campagne tra Vigentino e Rogoredo, a cinque chilometri da Porta Romana, sorge l’abbazia di Chiaravalle, probabilmente il miglior esempio di architettura cistercense del nord Italia. L’abbazia venne fondata nel 1135 dal francese san Bernardo da Clairvaux: al tempo la campagna era paludosa e venne completamente risanata dai frati al seguito di Bernardo. Arrivando da lontano si scorge il tiburio ottagonale che spunta dalla vegetazione, in stile gotico-rinascimentale, che ricorda il Torrazzo di Cremona, i campanili di Crema e quello di San Gottardo in Corte a Milano. Il tiburio-torre è soprannominato  “Ciribiciaccola”  dai milanesi. Il nome deriva, probabilmente, dal verso delle rondini (ciri-biciac-biciac) che nidificano numerose tra le sue arcate. Secondo la tradizione, questo suono accompagnava le preghiere dei monaci all’alba, interpretato come un richiamo dal cielo. Di questa leggenda rimane una canzone dialettale, che recita: “Sora del campanin de Ciaravall gh’è una cirbiciaccola con cinquecentcinquantacinq ciribiciaccolitt” (“Sopra al campanile di Chiaravalle c’è una cirbiciaccola con cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolitt”). I “ciribiciaccolitt” sarebbero i piccoli delle rondini o i frati dell’Abbazia, a seconda delle interpretazioni. La cupola è completamente affrescata con episodi della Vita di Maria e con le figure degli evangelisti. Le pitture sarebbero state realizzate da allievi di scuola giottesca. Nel dormitorio dei monaci è conservata la Madonna della buonanotte di Bernardino Luini, chiamata così perché i monaci, passando davanti all’immagine prima di ritirarsi nelle celle, si fermavano a pregare per augurarsi la buonanotte. 
All’abbazia di Chiaravalle sono legate molte delle fortune militari dei Visconti. Grazie all’invenzione del terrazzamento agricolo, qui i monaci hanno saputo trasformare le paludi in campi coltivabili, sfruttando le acque delle risorgive, che non gelavano mai, nemmeno nei mesi più freddi. Questo consentiva una produzione di foraggio del 30% in più rispetto alla media. Il che significava “carburante” per i cavalli e la possibilità di andare in guerra fino a due mesi prima.  

La chiesa di San Colombano a Vaprio d’Adda 

A Vaprio d’Adda, oltre alla Villa Melzi, che ospitò Leonardo Da Vinci mentre progettava la realizzazione del Naviglio di Paderno, si trova un edificio romanico unico nel milanese: la chiesa di San Colombano, risalente ai secoli XI e XII. La struttura sorge su un antico oratorio, che si vuole sia stato innalzato proprio dal santo irlandese Colombano. Costruita in ceppo dell’Adda, la pietra tipica della zona, presenta una facciata con portale scolpito e una navata unica. Una curiosità? Tra le sculture del portale c’è il fiore del giglio, che i lapicidi usavano scolpire come “firma”. Si tratta di una tradizione tipica del sud della Francia e rarissima in Lombardia. 

La chiesa di Santa Maria Nuova ad Abbiategrasso 

Da Vaprio ci spostiamo dalla parte opposta della provincia milanese e arriviamo nella cittadina di Abbiategrasso. Dietro a una cancellata in ferro di via Borsani, si apre un portico rinascimentale, che ci introduce alla Chiesa di Santa Maria Nuova. Il porticato viene attribuito, anche se non in maniera concorde, a Donato Bramante (Fermignano, 1444 – Roma, 1514). L’architetto di Urbino progettò l’elegante portico, in forma trapezoidale e il pronao a due piani di colonne binate, che ricorda la facciata di San Marco a Venezia. Si dice che l’affresco della Vergine sopra la porta – protetto dal pronao – fosse ritenuto miracoloso dai fedeli e che sia stata proprio questa devozione a motivare la costruzione dell’ampio portico esterno per garantirne protezione e visibilità. Se portico e pronao sono del Rinascimento maturo, la chiesa, in forme lombardo-gotiche, fu iniziata nel 1365 dalla Confraternita della Misericordia e dedicata, come il duomo di Milano, a Santa Maria Nascente.

Chiesa di San Magno, Legnano. Photo Andrea Grassi
Chiesa di San Magno, Legnano. Photo Andrea Grassi

La chiesa di San Magno a Legnano 

C’è soltanto un altro edificio sacro, in provincia di Milano, attribuito al Bramante: la Chiesa di San Magno a Legnano. Come per Santa Maria Nuova, anche in questo caso l’attribuzione non trova concordi tutti gli storici dell’arte. L’edificio, a pianta centrale, venne innalzato tra il 1504 e il 1513. Per Bramante la centralità geometrica rappresentava la perfezione divina. In una chiesa a pianta centrale, ogni punto è equidistante dal centro, in un’immagine metaforica di Dio come centro dell’universo. Dietro all’altare maggiore della chiesa è custodito uno dei maggiori capolavori di Bernardino Luini: il polittico di San Magno, del 1532. L’opera raffigura la Madonna con il Bambino al centro, circondata da angeli musicanti e santi — tra cui san Pietro, san Giovanni Battista, san Magno e sant’Ambrogio — e in alto un timpano con il Padre Eterno. Attorno alla pala del Luini sono conservati gli affreschi di un altro maestro lombardo, del Rinascimento maturo: Bernardino Lanino (Mortara, 1512 – Vercelli, 1578). Le pitture, realizzate negli Anni Sessanta del Cinquecento, raffigurano scene dell’infanzia di Gesù, i  quattro evangelisti  e i  Padri della Chiesa. 

Abbazia di Morimondo. Photo Andrea Grassi
Abbazia di Morimondo. Photo Andrea Grassi

L’abbazia di Morimondo 

Sulla strada per Pavia, sopra una collina, sta l’abbazia di Morimondo. La chiesa venne eretta nel 1185 da monaci provenienti da Morimond, a Fresnoy-en-Bassigny, in Francia. Come a Chiaravalle, anche qui troviamo uno degli esempi più completi di architettura cistercense in Italia: con mattoni a vista, volte ogivali e struttura a tre navate che, a differenza delle chiese romaniche, privilegia la luce. Tra i tesori più interessanti conservati nell’abbazia: il coro ligneo del Cinquecento a 70 stalli e un’acquasantiera del ‘300 sormontata da una statuetta della Vergine col bambino attribuita a Giovanni di Balduccio (Pisa, 1300 – 1365 ca.). La presenza dell’abbazia ha favorito la nascita di cascine fortificate nei dintorni (chiamate “grange”), come Fallavecchia o Coronate: si trattava di centri agricoli autonomi gestiti dai monaci. Si dice che alcune comunicassero tra loro e con l’Abbazia tramite passaggi sotterranei, anche se non sono state trovate prove certe. 

Parrocchiale di Carpiano. Photo Andrea Grassi
Parrocchiale di Carpiano. Photo Andrea Grassi

La chiesa di San Martino a Carpiano 

A pochi chilometri da Melegnano sta la cittadina di Carpiano, la cui parrocchiale, dedicata a San Martino di Tours, ha alcune particolarità degne di nota. Una di queste è il protiro in stile gotico lombardo, dalle colonne tortili e realizzato dai maestri campionesi, risalente al XIV secolo. Si è scoperto che questo era il primitivo altare della non lontana Certosa di Pavia. Anche lo stesso altare della chiesa doveva essere in origine posizionato nella Certosa. Le lastre dell’altare raffigurano episodi della vita della Vergine e, come il protiro, anche questo è stato realizzato dai maestri campionesi durante il ‘300. La chiesa risale al XIV secolo, ma venne quasi completamente rifatta nel corso del ‘400.  

La chiesa di Santa Maria in Calvenzano a Vizzolo Predabissi 

Nei pressi di Melegnano sorge anche Vizzolo Predabissi. Qui il visitatore può trovare la chiesa romanica di Santa Maria in Calvenzano. La parte più interessante è il portale, in pietra di Saltrio, decorato con un ciclo scultoreo della scuola comasca del XII Secolo. Insieme alla chiesetta di Vaprio, è il complesso scultoreo romanico è il più importante della provincia meneghina: si vedono nove scene dell’infanzia di Gesù, accompagnate da motivi geometrici, botanici e animali. All’interno bellissimi gli affreschi dell’abside con l’Incoronazione della Vergine, databile alla prima metà del XIV secolo e attribuibile allo stesso autore degli affreschi di Viboldone, forse Giusto de’ Menabuoi (Firenze, 1330 ca. – Padova, 1393). 

Abbazia di Viboldone. Photo Andrea Grassi
Abbazia di Viboldone. Photo Andrea Grassi

L’abbazia di Viboldone 

Il più importante ciclo di affreschi della provincia di Milano è probabilmente quello conservato all’interno dell’abbazia dei santi Pietro e Paolo di Viboldone. La parte più antica della chiesa, che si trova nel comune di San Giuliano, risale al 1176. La parte più recente è degli Anni Quaranta del ‘300 ed è opera dei maestri campionesi. Gli affreschi raffigurano episodi della  vita di Cristo  lungo la navata e un grandioso  Giudizio Universale  nell’abside, con Cristo giudice, apostoli e dottori della Chiesa. Sulla parete opposta spicca la  Madonna in Maestà. Molti di essi vennero dipinti nel 1349, dieci anni dopo il passaggio di Giotto a Milano e rappresentano una delle maggiori testimonianze della transizione dal linguaggio romanico al gotico in Lombardia. Inoltre, raramente nelle chiese lombarde medievali si trova un ciclo pittorico così ampio e ben conservato che illustra scenari biblici, simbolici e monastico-spirituali. 

L’abbazia di Mirasole  

A Rozzano, lungo la strada che collega Milano al Parco Agricolo Sud, si trova uno dei complessi monastici meglio conservati della Lombardia: l’abbazia di Mirasole, fondata nella prima metà del XIII secolo. La corte, un tempo protetta da un fossato e da una torre con ponte levatoio, ospitava stalle, laboratori e abitazioni, anticipando la tipologia delle cascine lombarde moderne. Il chiostro, con portici e logge, collegava refettorio, cucine, sala capitolare e sagrestia. La parte principale è costituita dalla chiesa di Santa Maria, del XIV-XV secolo, che custodisce un affresco dell’Assunzione di Maria, ispirato alla maniera di Michelino da Besozzo (Besozzo, 1370 ca. – 1455 ca.). 

L’abbazia di Monluè 

Il nostro viaggio termina a Monluè, a pochissima distanza dall’aeroporto di Linate. Qui arriviamo di fronte all’abbazia romanica di San Lorenzo, eretta nel 1247 dall’ordine degli Umiliati di Santa Maria di Brera. La struttura combina elementi romanici e gotici e conserva l’impronta della grangia monastica, trasformata nei secoli in cascina rurale. Tra portali antichi e muri in mattoni, l’abbazia testimonia l’organizzazione agricola dei monasteri lombardi, con campi irrigui e strutture per la produzione locale. 

L’articolo "Un viaggio in 14 tappe tra chiese e abbazie dentro e nei dintorni di Milano " è apparso per la prima volta su Artribune®.

Autore
Artribune

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