Un romanzo racconta l’incredibile storia della Strega di Positano 

  • Postato il 29 luglio 2025
  • Libri
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Doveva essere un film, questo racconto trasversale su diversi piani temporali costruito da Chiara Centioni sulle tracce di Vali Myers (Sydney, 1930 – Melbourne, 2003) e invece è diventato un libro, Cara Vali, edito da Castelvecchi. Un romanzo nello specifico, che racconta, intrecciandole, con un incarnato vibrante e una scrittura lineare e sincera, che riesce a spaziare con disinvoltura tra un approfondito sguardo intimo e introspettivo sulla vita e sulle cose e uno humour che strappa più di una risata, la storia di Myers e quella dell’autrice in un doppio viaggio di scoperta dell’altra e crescita personale. 

Chi è Chiara Centioni 

Laureata in Architettura, con una Specializzazione in Restauro e Riqualificazione Urbanistica al Politecnico di Milano, Centioni ha studiato recitazione teatrale e cinematografica tra l’Italia e gli Stati Uniti. Attrice e conduttrice ha collaborato per dieci anni con il canale televisivo americano di televendite QVC. È regista, il suo primo cortometraggio Sansone è stato pluripremiato in Italia e all’estero. Oggi è impegnata nella scrittura e realizzazione di serie tv, lungometraggi, documentari e podcast e collabora da anni con case di produzione italiane e straniere. La sua vicenda personale è narrata in Cara Vali in prosa, ma anche attraverso lo scambio epistolare immaginario con Vali Myers che, come un diario, attraversa la storia dell’artista australiana, figura potente e musa di scrittori e musicisti. 

Chiara Centioni, Ph The Photobiographer
Chiara Centioni, Ph The Photobiographer

Chi è Vali Myers 

Figlia di un ufficiale di marina e di una violinista, ballerina e pittrice, fu esiliata dalla Parigi e musa del fotografo Ed van der Elsken e dello scrittore Tennessee Williams. Si trasferì successivamente in Campania, dove fu riappellata con il nome di Strega di Positano, per la sua aria sfuggente e carismatica, il suo fare selvaggio, la vita in comunione con gli animali e con la natura. La sua pittura, impervia quanto il suo carattere, fu poco apprezzata dalle gallerie ma amata da personaggi come Mick Jagger e molti altri. Ci racconta la sua storia e quella del loro incontro Chiara Centioni, in questa intervista. 

Chiara Centioni, Valle di Positano, particolare della foto di Ed Van der Elsken, tratta da Love on the left Bank
Chiara Centioni, Valle di Positano, particolare della foto di Ed Van der Elsken, tratta da Love on the left Bank

Intervista a Chiara Centioni 

Il tuo libro parte da una storia autobiografica, intrecciando su più piani temporali il tuo vissuto con quello di Vali Myers. Come “incontri” questa straordinaria artista australiana? 
L’incontro con Vali Myers è stato un incontro del destino, dell’anima – purtroppo non di persona dato che lei era già morta quando è entrata nella mia vita, undici anni fa: durante un corso di teatro stavo studiando un personaggio deLa discesa di Orfeo di Tennessee Williams, per il quale l’autore dichiara di essersi è ispirato a Vali. L’ho cercata subito su Google e quando mi sono ritrovata davanti una donna bellissima con una folta chioma rosso fuoco, baffi maori tatuati sul volto, occhi azzurri bordati di nero, abiti bohémien e una volpe in braccio, sono rimasta letteralmente folgorata. Com’era possibile che non avessi mai sentito parlare di lei?  

copertina chiara centioni Un romanzo racconta l’incredibile storia della Strega di Positano 
Chiara Centioni, Cara Vali, Castelvecchi

Quindi cosa è successo? 
Da quel momento ho iniziato a fare ricerche su questa ballerina e pittrice australiana, vissuta per decenni in un canyon selvaggio a Positano, circondata di animali, ispirando la vita e le opere di artisti come Mick Jagger, Patti Smith, Donovan, Florence Welch (di Florence and the Machine). Ciò che ignoravo è che Vali di lì a poco avrebbe ispirato anche la mia, di vita. 

Ovvero? Come è cambiata la tua vita? 
Radicalmente. Ho sviluppato per Vali un amore ai limiti dell’ossessione, che mi ha portata ad acquistare qualunque testo o video su di lei, a viaggiare in tutti i luoghi in cui era vissuta e in cui avevo la speranza di incontrare persone che l’avessero conosciuta, da Positano ad Amsterdam, New York, Parigi, Melbourne, fino a Noosa. Sono riuscita persino ad abbracciare sua sorella. Mettendomi sulle sue tracce però non ho trovato solo Vali, ma anche una Chiara che non conoscevo: appassionata, audace, folle. E non sono più potuta e voluta tornare indietro.  

Sei stata, inoltre, una star delle “televendite” e racconti nel libro questa tua vicenda personale con grande ironia… 
Sì, per dieci anni sono stata volto di uno dei più noti canali di televendite al mondo. Un lavoro che ringrazio moltissimo per tutto quello che mi ha dato, inclusa la possibilità di essere la prima “yogurt designer”, credo, della storia dell’umanità! Per capire come, bisogna leggere il libro :) 

Un episodio veramente divertente… 
Sì. Tuttavia, se ci sono persone per cui il lavoro è solo un mezzo di sostentamento – pensiero che rispetto e a tratti invidio –, io invece appartengo a coloro che vivono il proprio mestiere come un fatto identitario, e quando mi sono resa conto che essere star delle televendite non era chi mi sentivo nel profondo, ho cambiato strada. Non senza difficoltà e tormenti interiori: è dura rinunciare al fascino del posto fisso e di ciò che conosciamo già per intraprendere una strada nuova e incerta. 

Se dovessi definire in poche parole il personaggio di Vali Myers e la sua arte come la racconteresti? 
Userei una sola parola sia per Vali che per la sua arte: selvagge. 

Spiegaci meglio 
Vali di sé diceva “Se dovessi paragonare le mie opere a quelle di un’altra pittrice, le paragonerei solo a quelle di Frida Kahlo”. E io sono d’accordo: si tratta di opere popolate di animali, autoritratti, piante, personaggi biblici e mitologici; sono per lo più delle odi al femminile e alla natura, dal sapore onirico. Meravigliosi sono anche i suoi diari, collage di pensieri sparsi, fotografie, ritagli di giornale, foglie, piccoli oggetti, addirittura peli di animali. Una rappresentazione ed evocazione del mondo interiore e della vita quotidiana di Vali, che a mio avviso è stata la sua opera d’arte più degna di nota. 

In che senso? 
Quante donne a diciotto anni, nel 1948, hanno lasciato il proprio continente alla volta di Parigi, sono entrate nel circuito degli Esistenzialisti, hanno ispirato uno dei maggiori fotografi dell’epoca (Ed van der Elsken), hanno fatto l’autostop arrivando a Positano, hanno trasformato un piccolo rudere di epoca moresca in una vera e propria abitazione che sembra uscita dal mondo delle favole, si sono costruite una famiglia di decine di animali, sono diventate un punto di riferimento per l’intellighenzia e i jetsetter del luogo, sono state precorritrici di movimenti come ambientalismo, femminismo, fluidità di genere, libertà sessuale e ridefinizione degli standard di bellezza, hanno abitato al Chelsea Hotel di New York insieme alle più grandi star del pianeta, sono state protagoniste di tre documentari, e sono morte senza rimpianti? Il Vali Myers Art Trust ha donato alla State Library Victoria opere, diari ed effetti personali di Vali. 

Chiara Centioni, con la sorella di Vali Myers a a Noosa, Australia
Chiara Centioni, con la sorella di Vali Myers a a Noosa, Australia

Ci sono due parole chiave che ricorrono nel libro, coincidenze e vergogna, e servono a tracciare la tua identità come personaggio protagonista e la tua relazione con Vali Myers che si costruisce tra le epoche, oltre la morte, nella ricostruzione che fai di lei e del suo vissuto, in una storia di solidarietà femminile, tanto da diventare il fulcro di uno scambio epistolare immaginario… 
Partiamo dalle coincidenze. Il mio viaggio in giro per il mondo alla ricerca di Vali sulla carta era una follia, ma è stato costellato da così tante coincidenze ai limiti dell’assurdo da farmi convincere che un senso, per quanto incomprensibile, ce l’avesse: le coincidenze per me sono “il modo attraverso cui la vita ti fa l’occhiolino”, ma anche una forma di comunicazione con Vali, dall’aldilà. Le lettere che le dedico nel libro sono una diretta conseguenza di questo dialogo mistico che abbiamo da anni.  

E la vergogna? 
È un tema sul quale vorrei fare un dottorato – giuro! Quando mi sono confrontata con una donna libera come Vali, mi sono resa conto di quanto io, di contro, fossi prigioniera delle convenzioni sociali e familiari.  Avevo soldi, status, privilegi, ma non ero appagata. E più mi sentivo inadeguata, più accumulavo maschere che restituissero al mondo l’immagine con cui desideravo essere identificata.  La vergogna, infatti, è un sentimento culturale che esiste solo in relazione al nostro contesto di riferimento, agli occhi da cui temiamo di essere giudicate/i. 

Come la viveva Vali? 
A Vali non importava nulla del giudizio altrui e diceva che il suo tatuaggio sul viso era un “bullshit detector: in base a come la gente reagisce guardandomi, so chi ho davanti”.  In sostanza: il tuo giudizio sul mio conto parla di te, non di me. Grazie a Vali ho iniziato un percorso di riconnessione con la mia autenticità, con le mie parti meno socialmente accettabili e con il fallimento. Come dice Brené Brown, “Senza fallimento non c’è coraggio, e senza coraggio non c’è creatività”. E vivere coraggiosamente e creativamente è ciò che ad oggi mi interessa di più. 

Natura, ambiente, animali sono protagonisti nella tua vita e nella vita di Vali. Credi che questo abbia creato una ulteriore connessione tra voi? 
Certo che sì! E ci accomuna anche l’appagamento che gli animali danno al nostro senso materno. Quanto al rapporto con la natura, quello di Vali era sicuramente più forte e viscerale del mio. L’anno scorso ho dormito nella sua valle per una settimana ma, per quanto io ami essere immersa nel verde, ammetto che vivere senza corrente, gas, bagno, Internet, non fa per me. Lei invece, come dicevo prima, non era solo un’amante degli animali, ma una vera e propria creatura selvatica e si identificava con una volpe.  

Il libro è anche un’opera meta-cinematografica. Sulle orme di Vali, ci sei tu che cerchi di fare un film, senza riuscire, tra mille inciampi, possibilità e occasioni mancate. Alla fine, la tua storia d’amore con Vali diventa un libro. Saresti disponibile a ripensare l’idea di un film o consideri conclusa questa esperienza? 
Scoprire la straordinarietà di Vali e della sua vita, ha innescato in me il desiderio di condividerla col mondo, soprattutto con le donne: abbiamo bisogno di modelli di femminilità libera, creativa e indomita. Al momento il progetto del film è stato solo posticipato per fare spazio al documentario tratto dal libro che sto realizzando con una coproduzione internazionale Italia/Australia/Usa. Ne approfitto per ringraziare i miei produttori di Fireglory Pictures per aver capito da subito il potenziale della mia storia e aver coinvolto Mad Entertainment, Leocadia, e Thousand Mile Productions.  Realizzare un qualunque progetto cinematografico è una titanica impresa d’amore, e avere una squadra affiatata è fondamentale per incoraggiarsi a vicenda e costruire un progetto che possa avere un respiro universale. 

Come Vali Myers ti influenza oggi nel tuo lavoro di artista e creativa? 
Vali non ha mai trovato un gallerista che la rappresentasse: tutti dicevano che la sua arte era troppo “personale” per posizionarla. Lei però non si è mai fatta condizionare, ha continuato a dipingere con il suo stile unico e “personale”, impiegando fino a sei anni per concludere un’opera, e volando spesso a New York per vendere i suoi quadri, da sola. Mi ispirano molto la sua determinazione, la pazienza (sto impiegando ben più di sei anni per fare il film!), e la dedizione totale alla creatività.  

Il personaggio di Vali Myers è carismatico e spontaneo, ha sempre vissuto fuori dagli schemi sociali e di mercato. Ciononostante, ha avuto un grande riconoscimento da parte del mondo dell’arte e dello spettacolo, anche con collezionisti importanti. Come credi che vivrebbe una Vali Myers nel mondo di oggi? 
Che bella questa domanda! Mi piace immaginare. Vali nel mondo di oggi. A lei non è mai interessato diventare famosa e, infatti, quello attorno a lei può definirsi più come un culto underground che come fenomeno di massa. Tuttavia, se è riuscita a diventare iconica dall’angolo remoto di mondo in cui è vissuta, credo che oggi sarebbe una figura virale: fotografata dai più grandi, invitata alle sfilate, richiesta come attrice di film indipendenti e video musicali. Per non parlare dei social, che sicuramente non avrebbe, ma dove tutti farebbero a gara per postarla.  Una cosa è certa: la maggior parte delle persone cambierebbero se fossero nate in altre epoche, Vali invece sarebbe sempre la stessa. Sempre se stessa. 

Santa Nastro 

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Autore
Artribune

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