Un rituale di 12.000 anni fa

  • Postato il 9 luglio 2024
  • Di Il Foglio
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Un rituale di 12.000 anni fa

Quanto può persistere la trasmissione di informazione fra le generazioni successive di esseri umani?

Se guardiamo all’informazione genetica, naturalmente si può arrivare e si è di fatto arrivati a centinaia di migliaia di anni, cioè a sequenze di Dna caratteristiche di tutti gli umani attuali che qualche progenitore di tutte le persone viventi ha trasmesso a noi tutti, differenziandoci per esempio dagli uomini di Neanderthal.

Ma quanto può durare la trasmissione di informazione diversa da quella genetica? La cosa è rilevante, visto che, come ho argomentato nel mio ultimo libro, la selezione naturale agisce, per ogni specie, sull’infotipo, ovvero su una combinazione fra tutte le fonti di informazioni acquisibili, preservabili e trasmissibili per ogni specie – a maggior ragione nel caso della nostra specie.

Ora, mentre è evidente che il segno e le tracce della trasmissione di informazione possono persistere per moltissimo tempo – si pensi all’uomo leone di Ulm, la più antica statuina conosciuta, che ha 40.000 anni, o alle ancora più antiche pitture parietali in diverse località del mondo – quello che qui interessa è la definizione della preservazione del significato dell’informazione trasmissibile, e non solo l’evidenza del fatto che fin da tempi remoti esistessero dei mezzi per trasmetterla; qualcosa che, per entrambi gli esempi citati, non possiamo assumere come provato, visto che siamo incerti sul particolare valore semantico e abbiamo a disposizione solo ipotesi su un significato che non è giunto fino a noi.

Dunque, la domanda che ci interessa è la seguente: per quanto tempo può essere trasmesso e restare perfettamente intellegibile un contenuto informativo di tipo simbolico nella nostra specie? O, per dirla in parole povere, quanto può perdurare una tradizione culturale, un meme, con lo stesso significato invariato attraverso i millenni?

Grazie alla decifrazione della scrittura cuneiforme, sappiamo che alcuni miti, come quello della creazione nella forma che ha ispirato anche la Bibbia, sono sopravvissuti per almeno quattro millenni con variazioni e riaggiustamenti, ma intatti nel loro nucleo principale, a partire da antichissimi racconti mesopotamici come l’Enūma Eliš.

Adesso, tuttavia, grazie a un’eccezionale scoperta avvenuta in Australia, siamo certi che la cultura orale può attraversare uno spazio di tempo almeno tre volte più vasto.

Innanzitutto, bisogna considerare che la popolazione aborigena australiana è rimasta isolata e sostanzialmente molto preservata da influssi esterni, sia genetici che culturali, a partire da oltre 65000 anni fa. Per questo motivo, essa costituisce un bacino etnografico ideale per cercare tradizioni molto antiche che, diversamente per esempio da quelle Mediterranee, sono state meno soggette a stratificazioni e rimescolamenti continui, tali da cancellare il significato delle tradizioni più antiche.

Orbene, recenti scavi presso la caverna denominata Cloggs Cave, nel sud-est dell'Australia, hanno rivelato che un particolare rituale aborigeno di guarigione (o maledizione) documentato da occidentali per la prima volta nel XIX secolo è rimasto identico nei dettagli da almeno 12.000 anni. Questo rituale prevede l’accensione di piccoli fuochi, per poi ficcare nella cenere un bastoncino ricoperto di grasso animale cui è ancorato un oggetto appartenente alla persona cui si rivolge l’incantesimo; finchè il bastoncino resta dritto, il praticante recita il nome dell’interessato o altre formule, e l’incantesimo è considerato completo quando il bastoncino cade. Ora, non solo sono stati ritrovati i piccoli focolari con ancora presenti i bastoncini di 12.000 anni fa in grotte come quelle ancora oggi usate, ma l’analisi chimica ha rivelato la presenza del grasso animale e il legno dei bastoncini è risultato esattamente quello dell’albero prescritto per il rituale ancor oggi, una pianta del genere Casuarina dal legno duro. Come ancor oggi si fa, i bastoncini in legno, leggermente bruciacchiati ma in gran parte incombusti, sono stati volutamente trattati per eliminare rametti più piccoli dal fusto principale e creare una superficie liscia e diritta. Tutto, insomma, dal luogo dell’installazione, alla sua realizzazione fino al dettaglio dei materiali utilizzati, corrisponde esattamente a quanto osservato in epoca moderna dagli etnologi; questo implica che la tradizione dettagliata è rimasta intatta per almeno 500 generazioni di aborigeni, tanto che una persona a conoscenza di quella tradizione nei nostri tempi può perfettamente riconoscere cosa significhi l’installazione antica di 12.000 anni fa, cogliendone il significato simbolico e non semplicemente funzionale.

Abbiamo quindi una prova certa del fatto che, insieme a piccolissimi pezzi dei geni di 12.000 anni fa, gli aborigeni hanno ereditato almeno alcuni fra i memi simbolici dei loro antichissimi antenati; e questo implica, né più né meno, che così come informazione genetica molto antica può resistere invariata a causa della sua funzione cruciale per la conservazione del corpo, almeno alcune informazioni simboliche persistono invariate a causa del loro fondamentale significato per le menti umane, sotto la spinta della selezione sociale e culturale che evidentemente riconosce loro un valore.

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Autore
Il Foglio

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