Un libro per il weekend

  • Postato il 14 marzo 2025
  • Di Focus.it
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Nel film Il grande dittatore (1940), Charlie Chaplin ironizzava sulla sete di dominio attraverso il personaggio di Adenoid Hynkel, caricatura di Adolf Hitler. Ma la realtà della dittatura è ben più drammatica. Questo libro esplora il fenomeno del potere assoluto, raccontando la storia di sessantatré dittatori attraverso tremila anni di storia. Dal faraone Assurbanipal, l'Hitler degli Assiri, fino ai moderni regimi autoritari, il volume analizza come il terrore sia stato usato per consolidare il potere, dai tiranni dell'antica Grecia ai monarca assoluti come Luigi XIV. Con l'avvento della democrazia, la dittatura ha cambiato volto, generando regimi totalitari come quelli di Hitler, Stalin e Pol Pot, fino alle attuali "repubbliche assolute" come la Corea del Nord o la Russia di Putin. La narrazione si concentra sui tratti comuni di questi leader: mancanza di scrupoli, repressione del dissenso e culto della personalità. Le moderne tecnologie hanno amplificato la loro influenza su scala globale, rendendo più difficile contrastarne l'ascesa. Come ammoniva Simon Wiesenthal, sopravvissuto all'Olocausto: «Le dittature sembrano produrre in ogni epoca la stessa gente, gli stessi delatori, fiancheggiatori, complici e sadici». A seguire, vi proponiamo la premessa del libro.. Nella più famosa sequenza del film "Il grande dittatore" (1940) di Charlie Chaplin, il folle protagonista Adenoid Hynkel/Adolf Hitler gioca con il mappamondo. In senso letterale, ha il destino dell'umanità tra le mani. Un'immagine involontariamente profetica («Hitler doveva essere messo alla berlina. Se avessi conosciuto gli orrori dei campi di concentramento tedeschi non avrei certo potuto prendermi gioco della follia omicida dei nazisti» ammise Chaplin) delle tragedie reali successive. La figura del dittatore che, nell'immaginario collettivo, evoca crimini, torture e genocidi, non è, però, un'esclusiva contemporanea. Il meccanismo psichico della paura-sottomissione è stato alla base delle prime comunità umane. Nel Leviatano, il filosofo inglese Thomas Hobbes era esplicito: il desiderio di potere fa parte dell'essenza stessa dell'uomo. Un desiderio che cessa solo con la morte. Non sono esistiti popolo, epoca e latitudine che non abbiano visto uomini (e donne) disposti a tutto per ottenere controllo illimitato su altri esseri umani. Le modalità dell'esercizio di tale controllo non sono, però, state le stesse. Le parole "despoti", "tiranni", "dittatori", considerate sinonimi, all'esame della storia non lo sono affatto. Ognuna corrisponde ad una tappa diversa di un viaggio millenario. Nella notte dei tempi il lato più oscuro del potere era incarnato dl diritto divino dei faraoni o da re come Assurbanipal, l'Hitler degli assiri. La nascita del tiranno (τύραννος), degenerazione del monarca sia per difetto di legittimità che per metodi oppressivi, risale alla Grecia del VII-VI secolo a.C. Il mestiere di dictator, dotato di poteri assoluti di vita e di morte (imperium maius) è stato inventato nella Roma repubblicana. Il termine "despota", titolo di corte bizantino, ha assunto colori negativi associato alla tipica crudeltà dei re persiani. La storia del feudalesimo è stata costellata di episodi di ferocia: le cronache delle lotte tra guelfi e ghibellini e delle varie faide comunali grondano sangue: la stessa impresa delle Crociate fu attraversata da gratuita violenza. In molti altri casi, si trattava del risultato erano frutto di vendette private e rivalità familiari. Ma erano episodi sporadici, che non rispondevano ad un piano preciso. Invece, con il tramonto della civiltà medievale, il terrore attuato a mente fredda diventò un mezzo per consolidare il potere assoluto. I "signori" delle città-stato italiane sapevano di essere circondati da nemici e che la durata del loro potere era collegata alla paura che sapevano ispirare. Le grandi monarchie assolutistiche d'Europa che rivendicavano per sé l'"unzione sacra" ricorrevano agli stessi strumenti nascosti da una sapiente propaganda, come nel caso di Luigi XIV di Francia, il «Re Sole», fedele al motto "L'État c'est moi!". Paradossalmente, l'avvento della democrazia, fondata sulla divisione dei poteri -legislativo, giudiziario ed esecutivo - ha partorito il suo opposto, la dittatura moderna, retta da "uomini soli al comando", senza alcun controllo parlamentare. Il Novecento, passato alla storia come il secolo del crollo dell'imperialismo europeo, ha offerto la maggiore fioritura di dittature, divise cromaticamente in "nere", "rosse", "bianche", a seconda delle ideologie, a volte contagiate come da un virus, come è accaduto ai regimi cloni fascisti (Portogallo, Spagna) nazifascisti (Austria, Grecia, Norvegia) o comunisti (la Cina di Mao, la Cambogia di Pol Pot). La nascita di decine di nuovi Stati, in Africa, Asia e America Latina, sorti dalle ceneri di imperi edificati da popoli prima sottomessi, ha visto spuntare nuovi crudeli dittatori, come il generale ugandese Idi Amin Dada, autoproclamato "Signore di Tutte le Bestie della Terra e dei Pesci del Mare". Per culminare nelle cosiddette repubbliche "assolute" (l'Iran degli Ayatollah, la prigione nordcoreana dei Kim, la Russia di Vladimir Putin), rette con pugno di ferro da presidenti, di fatto, vitalizi. Cosa si prova ad essere un dittatore? Come è possibile sottomettere milioni di persone come docili agnellini? Come hanno fatto un pittore fallito (Hitler), un seminarista (Stalin) e un elettrotecnico (Pol Pot) a terrorizzare il mondo? Rispondere a queste domande è uno degli intenti di questo libro, attraverso un'inquietante galleria di sessantatré (troppo, troppo difficile decidere chi lasciare fuori per arrivare ai fatidici sessanta) icone del lato oscuro del potere le cui vicende attraversano quasi tutti i continenti e più di tremila anni di storia. Per comporre i loro ritratti con lo sguardo della cronista ho attinto da molte fonti antiche: carteggi, trattati politici, lettere, biografie dei contemporanei. Nel corso delle ricerche sono emersi due aspetti interessanti. Al di là delle diverse epoche, personalità, talenti, tic, debolezze e ossessioni, tra la maggior parte dei protagonisti esistono tratti in comune. Il primo è l'assoluta mancanza di scrupoli, l'uso disinvolto dell'arma del terrore, la determinazione a superare i confini del lecito per reprimere il dissenso, l'uso di polizie segrete, spie e, fedelissimi per sbarazzarsi dei rivali e reprimere il dissenso. Il secondo è la sopravvalutazione di sé, stessi, l'edificazione del proprio culto della personalità per trasformare la coercizione un "consenso spontaneo": quasi tutti si sono fatti glorificare da medaglie, dipinti, statue, archi trionfali, acclamare da poeti, filosofi, storici, come "onniscienti e onnipotenti". Le tecnologie moderne, dalla radio alla televisione fino ai social media, hanno reso i neo-despoti onnipresenti su scala mondiale in modo inimmaginabile ai tempi del Re Sole. Ciò spiega almeno in parte come sia possibile che alcuni novelli Hitler siano così popolari in patria e ammirati all'estero. In un mondo attraversato da guerre, dove tornano vecchi fantasmi e risuonano echi lontani, è fondamentale non dimenticare le tragedie passate. E, ancora di più, riconoscere in tempo i segni distintivi di un nuovo regime. Basterebbe ricordare le parole dello scrittore Simon Wiesenthal, sopravvissuto ai campi di sterminio: «Le dittature sembrano produrre in ogni epoca la stessa gente, gli stessi delatori, fiancheggiatori, complici e sadici»..
Autore
Focus.it

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