Un esame del colesterolo nel sangue può predire meglio il rischio di malattia coronarica

  • Postato il 11 maggio 2025
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Le malattie cardiovascolari continuano a rappresentare una delle principali cause di mortalità a livello globale. In particolare, la cardiopatia coronarica – una condizione causata dall’accumulo di placca nelle arterie che irrorano il cuore – è responsabile di un numero elevatissimo di infarti e ospedalizzazioni ogni anno. La prevenzione, insieme alla diagnosi precoce, rimane uno degli strumenti più efficaci per ridurre questo carico sanitario.

Un nuovo studio pubblicato sull’European Heart Journal pone l’attenzione su due biomarcatori ematici che potrebbero rivelarsi fondamentali per una valutazione più accurata del rischio cardiovascolare: apolipoproteina B (apoB) e lipoproteina(a) [Lp(a)].

La funzione dell’apolipoproteina B e il suo legame con le lipoproteine aterogene

L’apolipoproteina B è una proteina essenziale per la struttura di diverse lipoproteine coinvolte nella trasmissione di colesterolo e trigliceridi nel sangue. In particolare, è presente in:

  • LDL (low-density lipoprotein)

  • VLDL (very low-density lipoprotein)

  • IDL (intermediate-density lipoprotein)

Queste particelle, definite aterogene, sono in grado di penetrare la parete endoteliale delle arterie e dare origine alla formazione di placche. Ogni particella contiene una sola molecola di apoB, motivo per cui la misurazione dell’apoB rappresenta un indicatore diretto del numero totale di particelle potenzialmente dannose circolanti nel sangue.

Secondo il cardiologo Patrick Kee, intervistato da Medical News Today, questa misurazione fornisce un’informazione più puntuale rispetto al tradizionale colesterolo LDL, che riflette solo la quantità di colesterolo trasportato e non il numero effettivo di particelle aterogene.

Lo studio

esame del sangue
Lo studio (blitzquotidiano.it)

L’analisi condotta dai ricercatori si è basata su una sottopopolazione del database UK Biobank, escludendo soggetti con pregresse patologie cardiovascolari, ictus o in trattamento con farmaci ipolipemizzanti.

I principali dati emersi:

  • Sono stati analizzati 207.386 partecipanti.

  • Durante il follow-up, 7.585 soggetti hanno sviluppato malattia coronarica.

  • Ogni aumento di una deviazione standard nei livelli di apoB-P è risultato associato a un 33% in più di rischio.

  • Il dato è stato confermato anche su una coorte svedese (SIMPLER), dove il rischio aumentava del 26%.

L’aspetto più interessante dello studio è che l’aumento del rischio era correlato al numero totale di particelle apoB, indipendentemente dalla loro dimensione o tipo (LDL, IDL o VLDL).

La lipoproteina(a): un altro indicatore di rischio indipendente

Oltre all’apolipoproteina B, lo studio ha valutato l’impatto della lipoproteina(a), già nota alla letteratura scientifica per il suo legame con l’aterosclerosi.

I risultati indicano che, anche dopo aver considerato i livelli di apoB, valori elevati di Lp(a) si confermano come un fattore di rischio indipendente per la cardiopatia coronarica.

Il dott. Yu-Ming Ni, cardiologo e lipidologo statunitense, ha sottolineato che la Lp(a) è spesso sottovalutata nei profili lipidici di routine, pur rappresentando una variabile determinante nella stima del rischio cardiovascolare. Secondo Ni, ogni persona dovrebbe effettuare almeno una volta nella vita il dosaggio di questa lipoproteina.

I limiti del colesterolo LDL: perché servono nuovi parametri

Tradizionalmente, l’LDL-C è stato considerato il principale marker lipidico per la valutazione del rischio cardiovascolare. Tuttavia, questo parametro non riflette il numero delle particelle aterogene, bensì la quantità totale di colesterolo trasportato.

Ciò significa che due persone con livelli simili di LDL-C possono avere rischi molto diversi, se una ha un numero significativamente più alto di particelle apoB.

Inoltre, alcune categorie di soggetti – come pazienti con ipertrigliceridemia o resistenza insulinica – possono presentare molte particelle LDL piccole e dense, che risultano particolarmente aterogene anche se il livello totale di colesterolo LDL sembra “normale”.

Le implicazioni cliniche: una nuova era per lo screening cardiovascolare?

L’autore dello studio, il dott. Jakub Morze, sottolinea come i risultati supportino una modifica delle attuali pratiche cliniche, raccomandando l’introduzione sistematica della misurazione di apoB e Lp(a) nei controlli di routine, soprattutto nella prevenzione primaria.

“I nostri dati mostrano che la conta totale delle particelle apoB è il più forte predittore lipidico del rischio coronarico. E che la Lp(a) rappresenta un rischio aggiuntivo e indipendente,” ha dichiarato Morze.

Questa posizione è condivisa da un numero crescente di cardiologi e specialisti, che auspicano una maggiore diffusione dei test avanzati del profilo lipidico, anche grazie alla loro crescente disponibilità e accessibilità nei laboratori clinici.

Alcuni limiti dello studio

Lo studio presenta tuttavia alcuni limiti da considerare:

  • La popolazione UK Biobank è composta prevalentemente da individui bianchi, di mezza età e in buona salute.

  • Alcune informazioni provengono da autodichiarazioni dei pazienti, con possibile rischio di bias.

  • Non è stato possibile misurare direttamente la Lp(a) con tutte le tecniche utilizzate.

  • Il ruolo dell’infiammazione sistemica, come fattore confondente, non è stato valutato approfonditamente.

Per questo, gli autori raccomandano ulteriori ricerche su popolazioni più diversificate e ad alto rischio, per confermare la validità clinica dei risultati ottenuti.

Fonti scientifiche principali:

  • European Heart Journal, 2024

  • Medical News Today, dichiarazioni esperti

  • Centers for Disease Control and Prevention (CDC)

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Blitz

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